Gianfraco Colace (foto Ansa)

il caso

Dalle toghe caccia all'uomo contro Stefano Esposito. Il Csm: “Costituzione violata”

Ermes Antonucci

Depositate le motivazioni della sanzione disciplinare nei confronti del pm Colace e della gip Minutella per le 500 intercettazioni compiute illegalmente ai danni del senatore Esposito: "Violata norma costituzionale prevista a protezione dell’autonomia e indipendenza delle Camere"

Più che un’indagine una caccia all’uomo, condotta dai magistrati in violazione della legge e della Costituzione. E’ questo lo scenario che emerge dalle motivazioni della sanzione disciplinare comminata dal Consiglio superiore della magistratura al pm torinese Gianfranco Colace e alla gip Lucia Minutella per il caso che ha coinvolto Stefano Esposito. Quest’ultimo è stato intercettato indirettamente circa 500 volte nell’arco di tre anni (dal 2015 al 2018) quando era senatore, e poi rinviato a giudizio sulla base di parte di quelle captazioni, nonostante l’articolo 68 della Costituzione imponga alla magistratura di chiedere l’autorizzazione a usare le intercettazioni al Parlamento. La condotta dei due magistrati era già stata censurata severamente dalla Corte costituzionale nel dicembre 2023. Lo scorso marzo la sezione disciplinare del Csm ha sanzionato Colace e Minutella per “grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”. A Colace è stata comminata la sanzione (non ancora esecutiva) del trasferimento di sede (Milano) e di funzioni (dal penale al civile), più la perdita di un anno di anzianità. Minutella è stata sanzionata con la censura. Nei giorni scorsi sono state depositate le motivazioni della decisione. Sulla base di un’analisi approfondita degli atti, il Csm muove una censura ancora più pesante della Consulta rispetto alle condotte dei due magistrati. 

 

Per la sezione disciplinare risulta che “a partire dall’informativa della polizia giudiziaria del 3 agosto 2015” il senatore Esposito “rappresentava certamente uno degli obiettivi, se non l’obiettivo principale, dell’intercettazione delle conversazioni” sull’utenza in uso all’imprenditore Giulio Muttoni, amico di Esposito. Essendo dunque di fronte a intercettazioni propriamente “indirette” (cioè finalizzate in realtà a intercettare il parlamentare) e non casuali, il pm Colace “avrebbe dovuto chiedere immediatamente al gip la fissazione dell’udienza per il relativo stralcio” delle captazioni “ai fini della loro distruzione”.

 

La condotta del pm risulta tanto più grave se si considera che “la violazione ha riguardato una norma costituzionale prevista a protezione dell’autonomia e indipendenza delle Camere” e non del singolo parlamentare. Anziché attivare la procedura di stralcio, Colace chiese il rinvio a giudizio di Esposito indicando tra le fonti di prova 126 intercettazioni riguardanti l’allora senatore, facendo così ricorso a ciò che il Csm qualifica come “un escamotage” per aggirare la disciplina attuativa del dettato costituzionale. 

 

Il gip Minutella, incredibilmente, accolse la richiesta di rinvio a giudizio sostenendo che la questione di inutilizzabilità delle intercettazioni dovesse essere trattata in dibattimento. Una teoria palesemente in contrasto con la “disciplina di rango superiore” che regola l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione.

 

A stupire è che a pensarla come Minutella, cioè ad avere un orientamento in contrasto con la normativa costituzionale, era l’intero ufficio gip del tribunale di Torino, come è emerso dalle testimonianze rese da Maria Francesca Christillin e Cristina Domaneschi, all’epoca dei fatti rispettivamente componente e presidente dell’ufficio gip. 

 

Non solo, sentita dal Csm Domaneschi ha affermato che sulla questione dell’utilizzabilità delle intercettazioni Minutella “si era con lei ripetutamente confrontata con riferimento allo specifico procedimento in cui era imputato il sen. Esposito”. Eppure, sulla base del principio del giudice naturale (articolo 25 della Costituzione) il cittadino dovrebbe essere giudicato da un unico giudice. In questo caso sembra invece che Esposito sia stato sottoposto addirittura al giudizio (peraltro contrario alla legge) di un intero ufficio gip. L’ennesimo aspetto inquietante di una vicenda paradossale. 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]