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La decisione

Consulta: “L'abrogazione del reato di abuso d'ufficio non è incostituzionale”

Redazione

La Corte costituzionale boccia le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali. Il ministro Nordio: “Massima soddisfazione. Auspico che nel futuro cessino le strumentalizzazioni della magistratura e delle opposizioni"

L'abrogazione del reato di abuso d'ufficio non è incostituzionale. A stabilirlo è stata la Corte costituzionale, che ha bocciato le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali e ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta Convenzione di Merida). L'abrogazione, prevista dalla riforma Nordio, è dunque in linea con la Costituzione.

Nel merito, la Consulta ha dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l'obbligo di prevedere il reato di abuso d'ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell'ordinamento nazionale. “La motivazione della sentenza – si legge nel comunicato – sarà pubblicata nelle prossime settimane”

“Esprimo la massima soddisfazione per il contenuto del provvedimento della Corte costituzionale, che ha confermato quanto sostenuto a più riprese in ordine alla compatibilità dell'abrogazione del reato di abuso di ufficio con gli obblighi internazionali". Lo ha commentato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. “Mi rammarica che parti della magistratura e delle opposizioni abbiano insinuato una volontà politica di opporsi agli obblighi derivanti dalla convenzione di Merida – ha concluso – auspico che nel futuro cessino queste strumentalizzazioni, che non giovano all'immagine del nostro paese e tantomeno all'efficacia dell'amministrazione della giustizia”.

La misura rappresenta un importante intervento in senso liberale e garantista per il nostro paese, assuefatto da decenni di populismo penale. Il reato si era infatti trasformato in una fonte di indagini, quasi sempre finite nel nulla, ma capaci di diffondere la cosiddetta “paura della firma” fra sindaci e amministratori locali, fenomeno che consiste nel tenere condotte omissive che ostacolano il normale agire dell’amministrazione, per il timore di incappare in possibili violazioni e dunque processi (sia in tribunale che sui media). L’abolizione, inoltre, non creerà nessun vuoto di tutela per il cittadino, in quanto le condotte in questione potranno essere perseguite sul piano amministrativo. 

            

             

 

Il pronunciamento della Corte “mette fine a una polemica, durata mesi, che non avrebbe neppure dovuto iniziare. Nessun favore ai criminali, nessuna amnistia mascherata, come qualcuno ha sostenuto: l'abolizione di quel reato e' stata semplicemente una scelta legittima", ha dichiarato in una nota Pierantonio Zanettin, senatore e capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia di palazzo Madama. "D'altra parte, abbiamo sempre sostenuto che quella fattispecie, a condotta eccessivamente evanescente, produceva come unica conseguenza quella di paralizzare i pubblici amministratori, scoraggiandoli dal prendere decisioni”, ha proseguito, sottolineando come a fronte del dato per cui “il 94 per cento dei processi per abuso d'ufficio finiva con una assoluzione, l'abrogazione di quel reato è stata la decisione più che giusta”.

Per mesi e mesi “la propaganda della sinistra, dell'Associazione nazionale magistrati, dei forcaioli ha descritto l'abrogazione dell'abuso d'ufficio come un intervento incostituzionale– ha dichiarato Enrico Costa, deputato di Forza Italia – “hanno interpretato le convenzioni internazionali in modo distorto per sostenere i loro interessi politici, ci hanno descritto come complici dei criminali. Oggi si è espressa la Corte costituzionale e li ha smentiti. Hanno perso ogni credibilita' sui temi della giustizia". 

Per Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia e senatore di FI, la Corte costituzionale “sancisce un principio che governo e maggioranza avevano più volte rivendicato: la Convenzione di Merida non obbliga alla presenza nell'ordinamento giuridico del reato di abuso d'ufficio”. Per troppi anni, ha proseguito, “la 'paura della firma' ha paralizzato la mano dei decisori pubblici, bloccando scelte e decisioni. Senza dimenticare che il nostro bagaglio legislativo contiene in sé numerose armi per contrastare la corruzione. Il principio di fondo che abbiamo voluto affermare, in virtù di una riflessione ispirata da competenze ed equilibrio, è dunque legittimo, e oggi ne abbiamo la più autorevole delle conferme”.

 

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