l'intervista

“Giusto intervenire sul sequestro degli smartphone”. Parla il pm Giuseppe Visone

Ermes Antonucci

Il pm antimafia in servizio a Napoli si dice d'accordo con la proposta del ministro Nordio: “Nel cellulare oggi conserviamo tutto ciò che riguarda la nostra vita, non si può pensare che il magistrato vada a sequestrare l’intero contenuto indiscriminatamente"

“Ritengo assolutamente necessario un intervento legislativo che vada a regolamentare il sequestro degli smartphone, introducendo forme di controllo e guarentigie più ampie per i soggetti coinvolti”. A parlare al Foglio è Giuseppe Visone, pubblico ministero in servizio presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli. “Bisogna tener conto – spiega Visone – dell’evoluzione che i cellulari hanno avuto nella vita delle persone. Non parliamo più di un normale strumento di comunicazione a distanza, ma di uno strumento in cui tutti tendiamo a conservare gran parte della nostra vita professionale, personale e intima. Non è un caso che l’acquisizione massiva dei dati del cellulare sia contraria alla giurisprudenza che si sta formando sia in sede europea sia in Italia con alcune sentenze della Corte di cassazione”. La riflessione di Visone si distanzia nettamente dall’ondata di indignazione che si è elevata da settori della politica e della magistratura associata contro l’emendamento presentato la scorsa settimana in Senato su spinta del Guardasigilli Carlo Nordio.

 

Il testo prevede che il pm non possa più disporre in autonomia il sequestro di uno smartphone o di un dispositivo informatico, ma dovrà chiedere l’autorizzazione del giudice delle indagini preliminari (salvo i casi urgenti). Entro cinque giorni, poi, si svolgerà una procedura per duplicare solo i contenuti del telefono necessari alle indagini. “Oggi nel cellulare non ci sono solo le conversazioni, c’è una vita intera”, ha detto Nordio annunciando la riforma. Una premessa che trova il consenso di Visone: “Nel cellulare oggi viene conservato di tutto e non si può pensare che il magistrato vada a sequestrare l’intero contenuto indiscriminatamente, senza un reticolato di norme”. “Credo sia ipocrita fare barricate sulla necessità di intervenire su questo tema – aggiunge Visone –. Questa necessità obiettivamente esiste”.

 

Eppure, sulla proposta del governo si sono scatenate numerose critiche. L’Associazione nazionale magistrati, per bocca della vicepresidente Alessandra Maddalena, ha parlato di “delegittimazione del pm” e di “riduzione delle sue garanzie di autonomia e indipendenza”. Un pericolo che Visone esclude: “Sinceramente non lo vedo, perché ritengo che una normativa in questo campo sia necessaria e di civiltà. Bisogna capire – aggiunge – che valenza ha, rispetto a diritti costituzionalmente garantiti, il sequestro e la copia massiva di un cellulare. Poiché ci muoviamo su un terreno di libertà e diritti molto alto è chiaro che bisogna prevedere un meccanismo di controllo molto elevato. Io sarei dell’idea che vengano stabiliti anche dei limiti edittali per i quali è previsto il sequestro, come avviene con le intercettazioni”.

 

Alcuni partiti, come il Pd, hanno invece lanciato un allarme “sull’impatto che la nuova norma può avere su indagini particolarmente delicate, a cominciare da quelle per mafia”. Anche qui, però, Visone (che si occupa proprio di indagini antimafia) afferma di “non vedere problemi”. 

 

“Ferma restando la necessità di intervenire nel settore – dice Visone – avrei preferito però che la proposta prevedesse l’estensione della procedura autorizzativa attualmente utilizzata per le intercettazioni, con richiesta di autorizzazione al gip e riversamento del contenuto nell’archivio riservato del pm. Il meccanismo previsto dall’emendamento, invece, mi sembra un po’ farraginoso: rallenta i tempi delle indagini, perché introduce l’ennesimo subprocedimento all’interno delle indagini, una specie di udienza stralcio”. “Introdurre l’ennesimo subprocedimento mi sembra un ulteriore appesantimento delle indagini, quando bastava mutuare la normativa esistente già per le intercettazioni e i tabulati”, ribadisce Visone.

 

Nella prospettiva del magistrato napoletano, sarebbe sufficiente prevedere che il pm chieda al gip l’autorizzazione a sequestrare lo smartphone, “indicando con precisione cosa sta cercando e di cosa ha bisogno in relazione al titolo di reato e all’obiettivo investigativo. A quel punto l’autorizzazione verrebbe rilasciata esclusivamente in relazione a quel determinato tipo di informazioni”. “Spero che la proposta potrà essere emendata in questi termini”, conclude Visone. 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]