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editoriali

Un patto sano tra politica e magistratura

Redazione

Attenuare la tensione fra ordine giudiziario e partiti si può, basta volerlo

La tensione e talora la contrapposizione tra ordine giudiziario e sistema politico non è un fenomeno solo italiano. La Corte costituzionale di Karlsruhe ha bocciato il bilancio tedesco, la magistratura spagnola osteggia l’amnistia per i secessionisti catalani e contrapposizioni dello stesso tipo si sono verificate in altri paesi, dalla Polonia all’Ungheria. In Italia, però, questa tensione ha una durata eccezionalmente lunga. Il ministro Guido Crosetto, dopo aver denunciato l’ostilità preconcetta di alcuni magistrati, ha indicato la strada di un “patto” tra politica e magistratura che attenui le tensioni, ovviamente nel rispetto delle funzioni di ciascuno. E’ possibile un “patto” di questo tipo e di che elementi può essere costituito? Quali possono essere gli interlocutori? La politica dovrebbe esprimersi con una espressione unitaria più ampia di quella costituita dalle sole forze di governo. Servirebbe un apporto, oltre che dei centristi, del Partito democratico, essendo scontata l’autoesclusione dei giustizialisti a 5 stelle. Dalla parte della magistratura organizzata è difficile identificare un interlocutore unitario, visto che la dialettica tra le correnti della magistratura appare, in qualche caso, persino più aspra di quella tra i partiti. Anche per questo, una delle condizioni del patto è  l’attenuazione delle connotazioni politiche delle correnti. Il tema centrale del patto dovrebbe essere la definizione comune degli spazi (e dei limiti) di legittimità della “interpretazioni delle leggi” da parte della magistratura, che talora debordano fino alla pregiudiziale disapplicazione di quelle sgradite. Naturalmente non può essere un “patto” generale: come ogni “corporazione” anche quella giudiziaria continuerà a difendere le proprie ragioni e i propri interessi, così come i governi continueranno a cercare una compatibilità con i conti dello stato. Anche su questo terreno, però, la politica può fare qualche passo avanti, favorendo e finanziando il completamento degli organici e la transizione tecnologica degli uffici giudiziari. E’ una strada impervia, ma non sempre le utopie sono destinate a restare tali.

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