inchiesta scandalo

Il processo Eyphemos è un caso di studio sugli abusi delle intercettazioni

Ermes Antonucci

Intercettazioni trascritte male, conversazioni interpretate in modo fuorviante e tendenzioso, captazioni favorevoli agli indagati tenute all’oscuro della difesa: il lato oscuro dell'indagine del 2020 della procura di Reggio Calabria

Intercettazioni trascritte male, conversazioni interpretate in modo fuorviante e tendenzioso, captazioni favorevoli agli indagati tenute all’oscuro della difesa. Ci sono inchieste che possono a loro volta diventare scandali. E’ il caso del processo “Eyphemos”, nato in seguito all’omonima inchiesta lanciata nel 2020 dalla procura di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, contro le cosche di ‘ndrangheta di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte, nel reggino. Il processo in rito ordinario si è concluso in primo grado con ventuno condanne e trenta assoluzioni, tra cui quella dell’ex consigliere regionale Domenico Creazzo, accusato di voto di scambio elettorale politico-mafioso e tenuto 17 mesi agli arresti domiciliari. Pochi giorni fa, nel filone in rito abbreviato è stato assolto in appello anche l’ex senatore Marco Siclari. Anche nel suo caso l’accusa era di voto di scambio e in primo grado era stato condannato a cinque anni e quattro mesi. Oltre alle assoluzioni, però, a colpire è il “pasticcio” – chiamiamolo così – compiuto da polizia giudiziaria e pm attorno alle intercettazioni. 

 

Per avere un’idea è sufficiente scorrere le quasi duemila pagine della sentenza di primo grado pronunciata lo scorso 17 febbraio dal tribunale di Palmi, in particolare quelle riguardanti l’assoluzione di Creazzo (per il quale la procura aveva chiesto la condanna ad addirittura sedici anni di reclusione). Gli inquirenti ritenevano che l’allora consigliere regionale si fosse accordato con Domenico Laurendi, considerato personaggio di spicco della ‘ndrangheta. In cambio dell’appoggio elettorale, Creazzo si sarebbe attivato per soddisfare gli interessi della cosca mafiosa, in particolare intervenendo sull’ufficio del Genio civile per risolvere una pratica di sanatoria relativa a un ristorante. 

 

Nella sentenza di assoluzione i giudici notano che l’intera inchiesta si è basata su “un’ipertrofia di materiale investigativo” e “un sorprendente quantitativo di intercettazioni”. Intercettazioni che, però, alla prova dei fatti si sono dimostrate inconsistenti.

 

Durante il dibattimento è emerso che l’intercettazione ambientale chiave, cioè quella che dimostrerebbe la stipula dell’accordo tra Creazzo e Laurendi è stata trascritta in maniera errata dalla polizia giudiziaria: “E’ stato accertato che soggetti eloquenti ai quali talune affermazioni erano state attribuite sono diversi da quelli originariamente ipotizzati e la vicenda riguardava questioni del tutto inconferenti rispetto alla ricostruzione accusatoria (si trattava dei lavori di un marciapiede)”, evidenziano i giudici. 

 

Anche in un altro caso, si è scoperto che le parole attribuite a Laurendi (in particolare il termine “capi”, per l’accusa riferibile ai boss Alvaro) non erano mai state pronunciate

 

In tanti altri casi, inoltre, dialoghi dal contenuto del tutto incomprensibile sono stati inspiegabilmente interpretati come prove a sostegno dell’ipotesi accusatoria. Insomma, scrivono i giudici, si è potuto riscontrare “un approccio” piuttosto particolare: “Ogni volta in cui non è chiaro il contenuto del dialogo captato è solo perché è ritenuto criptico e dunque di contenuto illecito”. 

 

Non è tutto. Come raccontato al Foglio dall’avvocato Pasquale Condello, difensore di Creazzo, a distanza di circa 18 mesi dall’inizio dell’inchiesta, la difesa dell’ex consigliere regionale è riuscita a entrare in possesso di tutte le intercettazioni: non solo quelle utilizzate dai pm, ma anche quelle che erano state ritenute irrilevanti. Queste hanno consegnato uno scenario profondamente in contrasto con quello offerto dagli inquirenti.

 

In diverse intercettazioni, citate dai giudici nella sentenza, è per esempio emerso che i presunti mafiosi avevano svolto campagna elettorale non in favore di Creazzo, bensì di altre persone. Oppure è stato possibile rintracciare brogliacci di intercettazioni che smentivano le ipotesi dei pm. 

 

Insomma, l’inchiesta “Eyphemos” costituisce un caso di studio di interesse per tutta la politica