dispacci per salvini

FI in rivolta contro la propaganda leghista sulla castrazione chimica

Ermes Antonucci

I parlamentari di Forza Italia contro la proposta di castrare chimicamente gli stupratori: "L’ennesima prova di panpenalismo. Allora dovremmo atrofizzare le dita a chi spara...". Il no di Nordio del 2019: "Un ritorno al Medioevo"

“Una proposta indecente”. “Siamo assolutamente contrari”. “Se vogliono farci passare pure questa roba qua non hanno capito niente…”. A parlare, lontano dai microfoni, sono i parlamentari di Forza Italia, sorpresi, a tratti sdegnati, dalla decisione della Lega di rilanciare la proposta di castrazione chimica per stupratori e pedofili. Un vecchio pallino del partito di Matteo Salvini, riesumato nelle ultime settimane in seguito ad alcuni fatti di cronaca (in particolare lo stupro di una diciassettenne a Palermo), nella migliore tradizione del populismo forcaiolo. Il primo a rievocare l’intervento è stato proprio il vicepremier Salvini tre settimane fa: “Se stupri una donna o un bambino hai evidentemente un problema: la condanna in carcere non basta, meriti di essere curato. Punto”, ha scritto il leader della Lega sui social, annunciando la prossima approvazione di una legge in Parlamento che preveda la castrazione chimica per i responsabili di violenze sessuali.

 

Domenica scorsa, dal palco di Pontida, la misura è stata riproposta (nell’ovazione generale) dalla senatrice Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia del Senato e responsabile giustizia del partito di Salvini: “Ci sono quelli che violentano donne e minori. Entrano in carcere, poi escono e riviolentano donne e minori. Se uno stupratore non riesce a tenere i propri impulsi vuol dire che ha bisogno di un aiuto e questo aiuto si chiama in un modo: castrazione chimica”, ha detto Bongiorno. “Non è una tortura – ha aggiunto – è un trattamento farmacologico e questa sarà la nostra battaglia”. Nella versione di Bongiorno, il provvedimento dovrebbe riguardare gli stupratori che, una volta usciti dal carcere, commettono nuovamente violenza sessuale. Una proposta quindi diversa da quella salviniana, ma del resto a nessuno importa il contenuto del provvedimento: l’importante è alimentare gli istinti giustizialisti dell’opinione pubblica. Lo conferma il fatto che la proposta di Bongiorno non si basa su nessun dato fattuale: non si segnala infatti nessun particolare tasso di recidiva fra gli stupratori. 

 

“La Lega vuole soltanto inviare un messaggio di stampo securitario ai cittadini, viste anche le difficoltà a fornire risposte sul piano economico e del contrasto all’immigrazione”, confida un senatore forzista. “L’ennesima prova di panpenalismo. Allora dovremmo atrofizzare le dita a chi spara…”, ironizza amaramente un altro esponente azzurro. 

 

A rendere ancora più paradossale l’intera vicenda è che ad assistere alla “battaglia” leghista sarà un ministro della Giustizia che da sempre ha considerato l’introduzione della castrazione chimica “un ritorno al Medioevo”: così scriveva Carlo Nordio in un editoriale pubblicato sul Messaggero nel marzo 2019. L’ex magistrato, all’epoca ancora ben distante dall’essere nominato Guardasigilli (di un governo composto anche dalla Lega), smontò già allora l’iniziativa leghista: “Sovvertirebbe completamente la struttura del nostro codice e della Costituzione, dove la pena ha una funzione preventiva, retributiva e rieducativa. Si può concedere che la castrazione prevenga nuovi crimini; ma se le attribuiamo anche una funzione retributiva ciò significa che torniamo alla vecchia pena corporale”.

 

Nordio evidenziò non solo il carattere incostituzionale della misura, ma anche la sua inefficacia: “Se la ‘castrazione’ è un surrogato della pena, dev’essere provvisoria, e di conseguenza è inefficace. Se invece è irreversibile, costituisce una menomazione permanente come l’amputazione di un arto, e quindi, incidendo su un diritto indisponibile, è manifestamente incostituzionale”. Chissà quale sarà oggi il pensiero del Nordio ministro.