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La lettera

Marina Berlusconi si sfoga: "Mio padre perseguitato anche da morto"

Redazione

"Il nuovo obiettivo è la damnatio memoriae. Una condanna a un 'fine pena mai' anche senza una prova, anche senza una sentenza, anche dopo la vita stessa". La presidente di Mondadori contro la " tenaglia pm-giornalisti complici" per infangare il padre

"La persecuzione di cui mio padre è stato vittima, e che non ha il pudore di fermarsi nemmeno davanti alla sua scomparsa, credo contenga in sé molte delle patologie e delle aberrazioni da cui la nostra giustizia è afflitta". A un mese dalla scomparsa del Cav., Marina Berlusconi manda una lettera al Giornale in cui si sfoga: "Ma la guerra dei trent'anni non doveva finire dopo Silvio Berlusconi? Dopo di lui, il tema giustizia non doveva tornare nei binari della normalità? No, purtroppo non è così. Ha aspettato giusto un mese dalla sua scomparsa, la Procura di Firenze, per riprendere imperterrita la caccia a Berlusconi, con l'accusa più delirante, quella di mafiosità. Mentre nel Paese il conflitto tra magistratura e politica è più vivo e violento che mai". 

  

Il ritorno alla carica sull'accusa di mafiosità, riferita all'inchiesta della procura di Firenze sui mandati occulti delle stragi del 1993 e la collaborazione con Cosa Nostra, ha turbato profondamente la primogenita, che esprime il proprio sconforto: "Siamo incastrati in un gioco assurdo, che ci costringe a un eterno ritorno alla casella di partenza". L'attacco alla magistratura è quantomai acceso e diretto: "E' una storia che vede una sia pur piccola parte della magistratura trasformarsi in casta intoccabile e soggetto politico, teso solo a infangare gli avversari, veri o presunti". E continua: "Che poi alla fine questo non trovi il minimo riscontro importa poco". Secondo la figlia di Silvio Berlusconi infatti tutto sarebbe posto "per costruire la condanna mediatica" puntando quindi il dito su una collaborazione tra pm e giornalisti.

 

"Certi pubblici ministeri invertono totalmente il percorso che la ricerca della verità dovrebbe seguire", scrive Marina Berlusconi. "Partono da un teorema, per quanto strampalato, e a questo adattano la realtà dei fatti, anche stravolgendola, per dimostrare la fondatezza del teorema stesso. Che poi alla fine questo non trovi il minimo riscontro importa poco. Perché nel frattempo gli organi di informazione amici avranno diligentemente pubblicato le carte dell'accusa, anche quelle in teoria segrete, facendo di tutto per presentarne le ipotesi come fossero verità assolute. L'avviso di garanzia serve così solo a garantire che l'indagato venga subito messo alla gogna: seguiranno le canoniche intercettazioni, anche le più lontane dal tema dell'inchiesta. Ma tutto serve a costruire la condanna mediatica, quella che sta loro davvero a cuore, prima ancora che il teorema dell'accusa venga vagliato da un giudice terzo. Un meccanismo diabolico, questa tenaglia pm-giornalisti complici, che rovina la vita ai diretti interessati ma anche condiziona, e nel caso di mio padre si è visto quanto, la vita democratica del Paese, avvelena il clima, calpesta i più sacri principi costituzionali. Eppure, e lo dico con tutta l'amarezza di cui sono capace, è un meccanismo diabolicamente efficace. Una condanna a un 'fine pena mai' anche senza una prova, anche senza una sentenza, anche dopo la vita stessa".

  

Poi il ricordo commosso da parte della presidente di Mondadori: "Io conosco molto bene l'uomo che era mio padre, il suo orrore per ogni forma di violenza, la sua profonda considerazione per ogni singola persona, nessuno sa meglio di me come la capacità di amare e il desiderio di essere amato fossero l'essenza della sua stessa vita". Secondo Marina Berlusconi tutto è infatti finalizzato alla "damnatio memoriae" del padre e lancia l'appello: "Perché un paese in cui la giustizia non funziona è un paese che non può funzionare. Non m’illudo che, dopo tanti guasti, una riforma basti a restituirci alla piena civiltà giuridica" e conclude: "Abbiamo diritto a una giustizia che, come si legge nelle aulee di tribunale, sia 'uguale per tutti'. Per tutti, senza che siano certe procure a decidere chi sì e chi no".

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