Il caso

L'ennesima inchiesta spazzatura della procura di Firenze

Ermes Antonucci

Dopo sette anni tutti assolti gli imputati del processo sulla gestione rifiuti in Toscana

Continua la serie di flop giudiziari della procura di Firenze, negli ultimi mesi alla ribalta per le indagini su Matteo Renzi, Berlusconi e Dell’Utri (questi ultimi due ritenuti i mandanti delle bombe mafiose del ‘93-’94). Alcuni giorni fa è infatti passata in giudicato la sentenza con cui il tribunale di Firenze lo scorso 22 dicembre ha assolto, dopo sette anni, tutti gli imputati e gli enti finiti a processo per le presunte gare truccate per la gestione dei rifiuti da parte di Ato Toscana Sud, l’autorità che si occupa del servizio di gestione integrata dei rifiuti per le province di Arezzo, Siena e Grosseto. Il tribunale di Firenze ha assolto con formula piena l’ex direttore di Ato Toscana Sud Andrea Corti, insieme a Eros Organni e Marco Buzzichelli, rispettivamente amministratore delegato e consulente del raggruppamento temporaneo d’impresa Sei Toscana, aggiudicatario nel 2012 di un appalto indetto da Ato Toscana Sud per un valore di 171 milioni di euro all’anno, con durata ventennale (per un costo totale di quasi 3,5 miliardi di euro). Per loro l’accusa era di turbata libertà degli incanti e di corruzione.

 

L’inchiesta, denominata “Clean City”, emerse nel 2016 e provocò un vero terremoto nel settore. Corti venne arrestato e posto agli arresti domiciliari, mentre agli altri professionisti vennero applicate misure interdittive. “Attraverso l’attività di Sei Toscana – spiega al Foglio Eros Organni, assistito nel processo dagli avvocati Lorenzo Zilletti e Luca Bisori – stavamo attuando un complesso e quanto mai necessario progetto di riorganizzazione industriale dei servizi pubblici ambientali, fondato sui concetti di equilibrio economico, di standardizzazione ed efficienza della gestione, di razionalizzazione degli investimenti, di raggiungimento di una dimensione aziendale adeguata ad affrontare le sfide di una moderna gestione ambientale, orientata allo sviluppo di concrete opportunità di economia circolare anche nel nostro territorio”.

 

Un progetto innovativo che venne interrotto dall’iniziativa della magistratura. Gli effetti dell’inchiesta infatti sono stati devastanti, non solo sulla vita e la carriera delle persone coinvolte, ma sull’intero progetto industriale. Oltre alle misure cautelari nei confronti dei principali protagonisti del progetto, la società venne commissariata dall’Autorità nazionale anticorruzione, dovendo così abbandonare il proprio piano industriale e andando incontro a perdite di bilancio.

 

Nella conferenza stampa indetta per dare notizia dell’operazione, l’allora capo della procura di Firenze, Giuseppe Creazzo, dichiarò senza mezzi termini: “Il direttore generale dell’Ato Toscana sud ha fatto mercimonio delle proprie funzioni pubbliche al fine di favorire un intreccio di intese davvero sconcertante a vantaggio dell’aggiudicatario dell’appalto e traendone vantaggi personali. Controllati e controllori agivano insieme per raggiungere il risultato comune di far ottenere l’appalto ad un preciso raggruppamento di imprese”.

 

Quella che sembrava un’inchiesta solidissima è crollata però davanti al giudizio del tribunale di Firenze, arrivato dopo la bellezza di sette anni. Non solo. Dopo le durissime accuse lanciate a mezzo stampa, è stata la stessa procura fiorentina a chiedere l’assoluzione degli imputati, accompagnando questa richiesta con delle pubbliche scuse in udienza. “E’ stato un gesto non usuale, che ho molto apprezzato – dichiara Organni – anche se ovviamente non ripaga dei sette anni di sofferenze vissuti a causa dell’inchiesta”: “Con l’infamia dell’inchiesta non ho più potuto assumere ruoli manageriali. Ho ricominciato a fare il professionista con grande difficoltà. Già la sola esistenza del procedimento penale legittimava la mia esclusione dalle gare pubbliche, nonostante non fosse stato ancora accertato alcun reato”.

 

Gli equivoci più importanti su cui si è costruita questa inchiesta sono legati a una complessità di fondo della normativa e delle procedure che riguardano gli appalti pubblici – racconta ancora Organni – C’è anche un problema di impreparazione degli inquirenti e della Guardia di finanza. Ciò che colpisce è la discronia tra la complessità delle cose e le misure che vengono adottate anche a prescindere dai necessari accertamenti”. “Se si pensa che, in questo contesto, nell’ambito del Pnrr dovranno inserirsi appalti importanti per far ripartire l’economia, il rischio di cortocircuiti è altissimo”, conclude.

Di più su questi argomenti: