Il gip Gaspare Sturzo (foto Ansa)

invasione di campo

Gaspare Sturzo, il giudice che attacca Nordio in una ordinanza di custodia cautelare

Ermes Antonucci

Il gip ha autorizzato gli arresti nell'indagine per corruzione che ha travolto la procura di Roma, lanciando un messaggio al Guardasigilli: nessuno tocchi le intercettazioni. Ormai le toghe fanno politica anche con i loro atti

Che i propositi di riforma del ministro della Giustizia Carlo Nordio sull’uso (e l’abuso) delle intercettazioni fossero invisi a gran parte della magistratura era evidente da tempo. Ciò a cui nessuno avrebbe mai pensato di assistere, però, è l’offensiva contro il Guardasigilli da parte di un giudice direttamente all’interno di un provvedimento giudiziario. E’ ciò che è avvenuto nell’ordinanza di custodia cautelare al centro dell’inchiesta per corruzione che ha travolto la procura di Roma, con l’arresto della giovane praticante avvocata Camilla Marianera e del suo compagno Jacopo De Vivo. In un passaggio dell’ordinanza, sfuggito agli organi di informazione, il gip Gaspare Sturzo lancia un chiaro messaggio politico a chiunque intenda toccare le intercettazioni.

 

Si legge a pagina due dell’ordinanza di custodia cautelare vergata dal giudice Sturzo: “Nel caso in ispecie, non c’è alcun dubbio come le fonti di prova utilizzate derivino in massima parte dagli esiti di intercettazioni telefoniche e ambientali, che senza polemica alcuna non possono che essere considerati strumenti essenziali e insostituibili in simili casi in cui occorre accertare se sussiste e in cosa consiste un patto segreto illecito di natura corruttiva”.

 

Insomma, ancora prima di ricostruire le condotte degli indagati e di evidenziare l’esistenza di esigenze cautelari a loro carico, il giudice si lancia in una presa di posizione del tutto superflua sull’importanza dell’uso delle intercettazioni. Una considerazione che, nonostante l’espediente linguistico utilizzato (“senza polemica alcuna”), non può che riferirsi alle recenti polemiche emerse in seguito alle dichiarazioni del ministro Nordio sulla necessità di correggere le distorsioni legate all’uso delle captazioni, come la violazione della privacy di soggetti neanche indagati.

 

Si è di fronte a un indiscutibile salto di livello nel coinvolgimento delle toghe nella vita politica del paese. Dal tribunale di Roma, dall’Anm e dal Csm si dirà che è tutto normale, tutto legittimo, eppure non si può non restare sorpresi di fronte a un uso piuttosto singolare di un provvedimento che dovrebbe avere natura giudiziaria (chiarendo, peraltro, i motivi per i quali due persone sono state poste in carcere) e non di una sorta di opuscolo politico.

 

Il dibattito politico sulla riforma della disciplina delle intercettazioni, nel frattempo, è già stato oggetto di bombardamento da parte delle toghe. Poche settimane fa, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, si sono registrate grida di preoccupazione da parte di importanti magistrati, basate più su quanto spacciato dai giornali più fedeli alle procure che sulle autentiche affermazioni fatte da Nordio.

 

Il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, ad esempio, ha sostenuto che “si sta affacciando la possibilità che lo strumento essenziale e formidabile delle operazioni di ascolto venga depotenziato se non addirittura ridotto a un mero spunto investigativo”, quando invece occorrerebbero “sempre più strumenti per potere svolgere indagini penetranti e incisive”.

 

Durissimo il presidente della Corte d’appello di Bari, Francesco Cassano, secondo cui “gli argomenti utilizzati, persino in Parlamento, contro le intercettazioni in sé, e contro l’uso che se ne fa, sono francamente sconcertanti, e disegnano le procure della Repubblica, e le forze di polizia giudiziaria, come poteri che procedono per scopi impropri”. “Va allora rimarcato – ha aggiunto – che le intercettazioni sono strumenti indispensabili alle indagini, cui non è possibile rinunziare”.

 

Anche Lucia Musti, procuratore generale reggente di Bologna ha manifestato il proprio “fermo dissenso a ogni possibile modifica normativa che voglia limitare la procedura degli ascolti ai soli reati di mafia e terrorismo”.

 

In altre parole, più che all’inaugurazione dell’anno giudiziario si è assistito all’inaugurazione di un anno di rissa tra magistratura e politica. Prima ancora, infatti, era stata l’Associazione nazionale magistrati a lanciare i suoi strali contro il Guardasigilli.

 

Molto dipenderà da come deciderà di agire concretamente Nordio, tenute conto anche le ultime tensioni interne alla coalizione di governo proprio intorno ai temi giudiziari. Intanto è da registrare una trasformazione quasi antropologica del magistrato in Italia, così pienamente inserito nelle dinamiche politiche da arrivare a esprimere le proprie posizioni persino all’interno di atti giudiziari.