Dopo Renzi, anche Berlusconi vittima del metodo dei pm di Firenze

Ermes Antonucci

Per la corte di Cassazione, la procura di Firenze ha violato la legge disponendo una serie di perquisizioni e sequestri con finalità meramente “esplorative” nell'ambito dell'indagine su Berlusconi e le stragi. L'ennesima bocciatura dopo quella sull'inchiesta Renzi-Open

La procura di Firenze ci è cascata di nuovo. Per la Corte di cassazione ha violato la legge, disponendo una serie di perquisizioni e sequestri con finalità meramente “esplorative”, cioè a strascico, in cerca di notizie di reato anziché di prove a sostegno delle accuse. Mesi fa la vittima di questo modus operandi fu Davide Serra, amico (non indagato) di Matteo Renzi, nell’ambito dell’inchiesta sull’ex fondazione Open. Stavolta l’obiettivo ultimo dell’iniziativa della procura fiorentina è un altro ex premier: Silvio Berlusconi. E la vicenda è persino più paradossale.

 

Nel 2017 la procura di Firenze ha riaperto l’inchiesta sui mandanti occulti delle stragi mafiose del 1993, iscrivendo nel registro degli indagati nientedimeno che Berlusconi e Marcello Dell’Utri. L’inchiesta, che parte da lontano e che in passato è già stata archiviata due volte, è stata riaperta dai pm fiorentini sulla scorta di un fascicolo proveniente dai colleghi palermitani che hanno imbastito il processo sulla cosiddetta “trattativa stato-mafia”, clamorosamente crollato in appello con l’assoluzione di tutti gli esponenti politici e istituzionali imputati. Il dossier conteneva le intercettazioni dei colloqui avuti in carcere dal boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, condannato con il fratello Filippo per le stragi mafiose del 1992 e del 1993. Una volta riaperta l’indagine, Graviano ha deciso di cavalcare l’onda e, sentito il 7 febbraio 2020 dalla corte di assise di Reggio Calabria, ha sostenuto di aver incontrato tre volte Silvio Berlusconi tra il 1982 e il 1993, aggiungendo che all’imprenditore di Arcore erano finiti i soldi di suo nonno e di altri palermitani che negli anni ‘70 avevano investito nell’edilizia in nord Italia.

 

Sentito poi dai pm fiorentini, Graviano ha riferito che “soggetti a lui vicini” avevano dei documenti che indicavano che la mafia aveva finanziato con venti miliardi di vecchie lire Silvio Berlusconi, all’esordio delle sue attività imprenditoriali, e che questi “rapporti finanziari” costituirebbero “l’antefatto rispetto alla strategia che ha condotto alle stragi del biennio 1993-94”. In particolare, Graviano avrebbe parlato di una “scrittura privata” relativa ai rapporti d’affari che vi furono tra suo nonno, Filippo Quartararo, e Berlusconi.

 

Sulla base di queste dichiarazioni, giunte a oltre quarant’anni dai fatti e senza alcun riscontro, i magistrati fiorentini Luca Turco (lo stesso dell’inchiesta Open) e Luca Tescaroli lo scorso ottobre hanno disposto una serie di perquisizioni e sequestri nei confronti di familiari e soggetti vicini alla famiglia Graviano. Come avvenuto nel caso Open, la Cassazione ha ora dichiarato illegittimo il decreto di sequestro di documenti e dati informatici compiuto nei confronti di Nunzia e Benedetto Graviano, sorella e fratello del boss mafioso (non indagati).

 

Accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Mario Murano (secondo cui si è di fronte a una “fantasmagorica ipotesi investigativa”), la corte ha stabilito che il provvedimento di sequestro “non fornisce adeguata motivazione” quanto a “legittimità”, “nesso di pertinenza tra i reati per cui si procede”, “rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità del sequestro” e le “specifiche ragioni probatorie” alla base del decreto di perquisizione e sequestro. In mancanza di queste motivazioni, notano i giudici, l’iniziativa dei pm costituisce una “non consentita attività esplorativa, finalizzata alla eventuale acquisizione, diretta o indiretta, di altre notizie di reato”. Insomma, come avvenuto nel caso Open, la procura di Firenze ha violato la legge disponendo sequestri per fini esplorativi. Il ministero della Giustizia quando si deciderà a inviare degli ispettori?