"Non può esserci giustizia dove c'è abuso". Draghi e Cartabia a Santa Maria Capua Vetere

La visita istituzionale nei luoghi delle violenze contro i detenuti avvenute un anno fa. Cartabia: "Ciò che accade nelle carceri ci riguarda tutti. La presenza del premier oggi ne è testimonianza"

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, sono arrivati al carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano. Qui i due hanno visitato i luoghi nei quali si verificarono le violenze degli agenti penitenziari contro i detenuti, malmenati e pestati il 6 aprile 2020.

Ad accompagnare il premier e il ministro c'è garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, che ieri al Foglio ha spiegato quanto sia importante la visita del governo nei luoghi delle violenze. "Le istituzioni sono presenti e questo è un segnale importante. Non lo è solo per i detenuti e le vittime, ma anche per gli agenti. Per tutto il paese. Un modo per ribadire che il carcere è un luogo dove si rispetta la legge", ha detto. 

"E' una visita di alto valore simbolico", ha detto poi il garante regionale, Samuele Ciambriello. 'Uno spartiacque rispetto al passato, perché entrano un presidente e un ministro per dire che la visione carcerocentrica oggi è superata". 

Fuori dalla casa circondariale, ad aspettare Draghi e Cartabia c'è anche un presidio dei lavoratori Whirlpool dello stabilimento di Napoli. La decisione di raggiungere il penitenziario casertano è stata presa al termine di un'assemblea svolta oggi nella fabbrica di via Argine contestualmente al tavolo al Mise, nel corso del quale l'azienda ha annunciato l'avvio delle procedure di licenziamento. Al momento la polizia controlla il presidio dei lavoratori nel piazzale antistante il carcere, distanti dall'entrata.

 

Ecco il discorso del presidente del Consiglio 


Venire in questo luogo oggi significa guardare da vicino per iniziare a capire. 

Quello che abbiamo visto negli scorsi giorni ha scosso nel profondo le coscienze degli italiani.

Sono immagini di oltre un anno fa.

Le indagini in corso stabiliranno le responsabilità individuali.

Ma la responsabilità collettiva è di un sistema che va riformato.


Il Governo non ha intenzione di dimenticare. 

Le proposte della Ministra Cartabia rappresentano un primo passo che appoggio con convinzione.

Non può esserci giustizia dove c’è abuso. 

E non può esserci rieducazione dove c’è sopruso.


La Costituzione Italiana sancisce all’Articolo 27 i principi che devono guidare lo strumento della detenzione:

“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. 

A questi principi deve accompagnarsi la tutela dei diritti universali:

Il diritto all’integrità psicofisica, all’istruzione, al lavoro e alla salute, solo per citarne alcuni.

Questi diritti vanno sempre protetti, in particolare in un contesto che vede limitazioni alla libertà.


L’Italia è stata condannata due volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per il sovraffollamento carcerario. 

Ci sono quasi tremila detenuti in più rispetto ai posti letto disponibili.

Negli istituti campani sono circa 450.

Sono numeri in miglioramento, ma comunque inaccettabili.

Ostacolano il percorso verso il ravvedimento e il reinserimento nella vita sociale, obiettivi più volte indicati dalla Corte Costituzionale.


In un contesto così difficile, lavorano ogni giorno, con spirito di sacrificio e dedizione assoluta, tanti servitori dello Stato.

La polizia penitenziaria, in grande maggioranza, rispetta i detenuti, la propria divisa, le istituzioni.

Gli educatori assicurano le finalità riabilitative della pena.

I mediatori culturali assistono i carcerati di origine straniera.

I volontari permettono molte delle attività di reinserimento.

A voi, e ai vostri colleghi in tutta Italia, va il più sentito ringraziamento del Governo e il mio personale.


La detenzione deve essere recupero, riabilitazione.

Gli istituti penitenziari devono essere comunità.

E dobbiamo tutelare, in particolare, i diritti dei più giovani e delle detenute madri. 

Le carceri devono essere l’inizio di un nuovo percorso di vita

L’Italia, questo Governo, vogliono accompagnarvi.

 

L'intervento del ministro Marta Cartabia

 

Saluto la direttrice Elisabetta Palmieri, il comandante Egidio Giramma e tutto il personale che presta servizio in questo istituto.

Saluto tutti i detenuti e un pensiero particolare per tutti coloro che in questo luogo hanno subito atti di ingiustificabili violenze e umiliazioni.

Ringrazio il Presidente del Consiglio che ha condiviso con me il desiderio di visitare il carcere di Santa Maria Capua Vetere, dopo la pubblicazione delle immagini dei gravissimi fatti accaduti fra queste mura poco più di un anno fa hanno fatto il giro del mondo.

Mai più violenza nelle carceri europee, ha commentato il Commissario europeo Didier Reynders. Mai più violenza! Lo abbiamo detto con forza e lo ripetiamo anche qui: quegli atti sfregiano la dignità della persona umana, che la Costituzione pone come vera pietra angolare della nostra convivenza civile.

Il carcere è un luogo di dolore, di sofferenza. Il carcere è un luogo di pena, appunto. Ma non sia mai un luogo di violenza e umiliazione.

La pena non sia mai “contraria al senso di umanità”: sono le parole dell’art. 27 della Costituzione, che ci auguravamo di poter dare per acquisite per sempre e che invece oggi e ogni volta dobbiamo continuamente riconquistare.

 

Presidente, la Sua presenza qui è più eloquente di mille parole. E dice che ciò che accade nelle carceri riguarda tutti. I problemi delle carceri sono problemi di tutto il Governo, di tutto il Paese, non solo di un settore dell’amministrazione della giustizia, né tanto meno di un solo istituto penitenziario. La Sua presenza dice che di quei problemi vogliamo farci carico.

 

Non siamo qui per fare un’ispezione. Non è questo lo scopo del nostro essere qui. Naturalmente occorre far luce fino in fondo su quanto è accaduto fra queste mura il 6 aprile del 2020: ma questo compito spetta all’autorità giudiziaria e alle indagini amministrative disposte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, perché nulla resti in ombra ed emergano tutte le responsabilità.

Siamo qui perché i gravissimi fatti accaduti richiedono una presa in carico collettiva dei problemi dei nostri istituti penitenziari, affinché non si ripetano atti di violenza né contro i detenuti, né contro gli agenti della polizia penitenziaria o il personale.

Non basta condannare l’accaduto, occorre rimuoverne le cause più profonde e creare condizioni ambientali per cui tutto ciò non si ripeta e la pena sia sempre più in linea con la finalità che la Costituzione le attribuisce.

 

Siamo qui per dire che i vostri problemi sono i nostri problemi.

Siamo qui, perché quando si parla di carcere, “bisogna aver visto”, come ci ricordano le celebri parole di Piero Calamandrei che sapeva bene cosa significasse la vita del carcere. Occorre aver visto.

Personalmente ho visitato e visto più volte. Ma volevo tornare a visitare, dopo questo durissimo anno di pandemia che ha esasperato la vita nelle carceri italiani.

Volevo tornare con Lei Presidente, che di fronte all’accaduto ha mostrato subito non solo sdegno e sensibilità, ma, secondo un tratto che La contraddistingue, determinata volontà di fare, di affrontare i problemi nella loro concretezza.

 

E allora ripartiamo dai fatti concreti e da una fotografia autentica della realtà penitenziaria.

 

La prima considerazione è che la pandemia – che al momento dei fatti stava investendo tutto il Paese – ha fatto da detonatore di questioni irrisolte da lungo tempo. E, in questo istituto, la pandemia ha provocato anche la morte di un agente della polizia penitenziaria, l’assistente capo coordinatore Salvatore Spagnuolo.

 

Il primo e più grave tra tutti i problemi è il sovraffollamento. Sovraffollamento significa spazio dove è difficile anche muoversi, dove d’estate, come abbiamo sperimentato anche oggi, si fa fatica persino a respirare. Una condizione che si traduce in difficoltà nel proporre attività che consentano alla pena di favorire, nel modo più adeguato, percorsi di recupero dei detenuti.

Anche a Santa Maria Capua Vetere, le presenze superano di un centinaio il numero massimo: su una capienza di 809 posti, 905 sono i detenuti presenti.

Oggi a questo problema occorre far fronte con una strategia che operi su più livelli: strutture materiali, interventi normativi, personale, formazione.

 

Anzitutto le strutture materiali. Per quanto riguarda l’edilizia, nell’ambito dei fondi complementari al PNRR, è stata prevista la realizzazione di 8 nuovi padiglioni. Tra gli istituti sui quali dovranno insistere le nuove costruzioni, c’è anche Santa Maria Capua Vetere, insieme a Rovigo; Vigevano, Viterbo, Civitavecchia, Perugia, Ferrara e Reggio Calabria. Qui, l’intervento di ampliamento è previsto in un’area verde non attrezzata e fino ad ora non utilizzata. È un ampliamento che riguarda tanto i posti disponibili – le camere – quanto gli spazi trattamentali: questo è un aspetto su cui abbiamo corretto precedenti progetti. Nuove carceri, nuovi spazi, non può significare solo posti letto.

La costruzione del nuovo padiglione va di pari passo con gli urgenti interventi di manutenzione di questa struttura. Sussistono tuttora, nonostante interventi già in atto, criticità relative all’impianto idrico e all’impianto termico. Vivere in un ambiente degradato di sicuro non aiuta nell’impegnativo percorso di risocializzazione e rende ancor più gravoso il lavoro di chi ogni mattina supera questo cancello per svolgere il suo lavoro.

Per il triennio 2021-2023, abbiamo già previsto circa 381 milioni per le ristrutturazioni e l’ampliamento degli spazi. Si tratta di fondi ordinari, a cui contiamo di aggiungerne altri che risultano iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture.

 

Ma l’altro piano fondamentale – come dicevo – è quello normativo. Il pacchetto di emendamenti in materia penale, approvato dal Consiglio dei Ministri la settimana scorsa, prevede anche un uso più razionale delle sanzioni alternative alle pene detentive brevi. Occorre correggere una visione del diritto penale incentrato solo sul carcere, per riservare la detenzione ai fatti più gravi. La Costituzione parla di “pene” al plurale. La pena non è solo carcere. Senza rinunciare alla giusta punizione degli illeciti, occorre procedere sulla linea, che già sta generando molte positive esperienze, anche in termini di prevenzione della recidiva e di risocializzazione, attraverso forme di punizione diverse dal carcere – come, ad esempio, i lavori di pubblica utilità. In questo, un ruolo fondamentale è svolto dai giudici di sorveglianza.

 

Ritengo che sia anche giunta l’ora di intervenire sull’ordinamento penitenziario e sull’organizzazione del carcere. La presenza oggi qui, mia e del presidente del Consiglio, sancisce un impegno a lavorare in questa direzione.

 

Nel frattempo, però, la vita di tutti i giorni all’interno dei 190 istituti penitenziari reclama da parte nostra risposte immediate e indifferibili. Occorre rimediare alla grave diminuzione del personale che si è verificato nel corso degli anni, provvedendo immediatamente a nuove assunzioni e, possibilmente, incrementare l’organico della polizia penitenziaria, senza dimenticare gli educatori e tutto il personale dell’esecuzione penale esterna. Le scoperture di personale sono significative per tutte le categorie, ma, viste le cifre, per la Polizia penitenziaria, i concorsi in atto e quelli già programmati non saranno sufficienti nemmeno a coprire il turn over.

 

Presidente, le chiedo a nome di tutta l’amministrazione penitenziaria un’attenzione a questo problema, che ha raggiunto soglie di elevata gravità: la carenza di personale sovraccarica di ulteriori responsabilità quello in servizio e lo sottopone a condizioni di stress, se non a situazioni di rischio.

Servono anche finanziamenti per la videosorveglianza capillare e per le attrezzatture specifiche degli agenti. Servono però – ed è quel che considero l’aspetto ancora più qualificante – più fondi per la formazione permanente.

Dobbiamo investire molto di più nella formazione, per tutto il personale e, in particolare, per quello della Polizia penitenziaria.

Essa svolge un compito complesso e delicatissimo, anche se la sua attività non è del tutto conosciuta. Oltre all’esercizio della tradizionale funzione della vigilanza e della custodia, la Polizia penitenziaria raccoglie anche il compito di accompagnare il detenuto nel percorso rieducativo, come vuole la nostra costituzione. Vigilare e accompagnare. Vigilando redimere, dice il vecchio motto del corpo. Occorre fermezza e sensibilità umana e, soprattutto, altissima professionalità per svolgere un compito tanto affascinante quanto difficile.

Il lavoro in carcere non può essere lasciato all’improvvisazione o alle doti personali.

Tanti altri, Presidente, sono i problemi del carcere: il tempo della pandemia ha posto l’accento sul tema della salute e, soprattutto, lo abbiamo visto insieme, della salute mentale.

 

Caro Presidente, bisognava vedere e oggi abbiamo visto insieme. Insieme, spetta ora a noi trasformare la reazione ai gravissimi fatti qui accaduti in un’autentica occasione per far voltare pagina al mondo del carcere.