Da Trani a Taranto. L'inchiesta su Capristo e la realtà amara sulla gestione delle procure
Le nuove accuse contro il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, già protagonista delle surreali inchieste della procura di Trani.
Prima di arrivare alla procura di Taranto, il dottor Carlo Maria Capristo era già famoso per aver guidato la procura di Trani durante le surreali inchieste sulle agenzie di rating e sui complotti della finanza mondiale contro l’Italia. Grandi paginate sui giornali internazionali e testi che arrivavano da tutta Europa, per un planetario buco nell’acqua. Grande eco mediatica anche per un’altra allucinante inchiesta di cui molto si parlò, quella contro Big Pharma con cui il procuratore Capristo voleva accertare una correlazione tra vaccini e autismo. Un altro buco nell’acqua.
Questo finché i magistrati non sono passati dall’altra parte della sbarra. Alcuni imprenditori hanno infatti raccontato di aver subito richieste di ingenti somme di denaro dai magistrati di Trani sotto la minaccia delle inchieste. Tra loro l’allora re del grano Pasquale Casillo, ingiustamente arrestato con l’accusa di aver commercializzato grano contaminato. Successivamente racconterà che gli venne chiesto un milione di euro per la scarcerazione. Prima di morire Casillo ha scritto una lettera al presidente Sergio Mattarella: “Dopo vent’anni di ingiusta persecuzione subita da parte dello stato italiano, tutte le accuse nei miei confronti sono cadute e sono andate in prescrizione, senza che si arrivasse nemmeno a un solo processo contro di me! Ho perso tutto e sono stato assolto, ma hanno distrutto un’azienda con duemila dipendenti e vent’anni di lavoro”.
E’ il famoso “sistema Trani” che ha visto condannati diversi magistrati. Ora indagato con l’accusa di corruzione c’è Capristo, il capo di quella procura che si era messo a disposizione dell’avvocato Piero Amara. Fu a lui che Amara, anch’egli arrestato, inviò gli atti del “falso complotto Eni” per depistare le indagini. Questo costò a Capristo un’inchiesta per abuso d’ufficio, ma non gli impedì di essere promosso procuratore capo a Taranto. E proprio per quella nomina a Taranto si era speso Amara, come egli stesso racconta nelle famose dichiarazioni rese a Milano al pm Paolo Storari sulla “loggia Ungheria”.
Secondo quanto ricostruito dalla procura di Potenza, che parla di un accordo corruttivo tra Amara e Capristo, la sua nomina a Taranto avvenne anche grazie a un interessamento diretto dell’on. Francesco Boccia su Paola Balducci (nominata al Csm in quota Vendola) e di Amara sull’on. Luca Lotti che invece si opponeva a Capristo per il suo legame con il collega-rivale di partito Boccia.
Ed è a Taranto che dopo quattro anni alla guida della procura, Capristo è stato arrestato a maggio 2020 in seguito alla denuncia di un’altra pm di Trani che lo accusava di pressioni per condizionare altre indagini. Ora si aggiungono nuove accuse, che riguardano l’Ilva nel periodo di gestione dell’amministrazione straordinaria (in particolare dei commissari Laghi, Gnudi e Carruba). In sintesi, secondo il procuratore di Potenza Francesco Curcio, Amara si era speso per far nominare Capristo a Taranto, e a sua volta era stato nominato consulente legale di Ilva in As trasferendo a Taranto anche la sua residenza legale in virtù del suo rapporto con Capristo. Da quel momento si ammorbidiranno i rapporti tra procura e Ilva. E’ il momento in cui si trattava per il patteggiamento per il processo Ambiente Svenduto. Insieme a Capristo negli incontri con i commissari e gli avvocati, oltre ad Amara che era consulente di Ilva, partecipava anche l’ex aggiunto di Taranto Pietro Argentino, ora a Matera, il cui figlio venne assunto da Amara nel suo studio a Roma.
Convocato in un’audizione alla Camera, alla commissione Bilancio presieduta da Boccia, Capristo dichiarò: “Mi assumo la responsabilità del patteggiamento” vantando la sinergia istituzionale tra Procura e commissari Ilva. La bontà dell’operato di Capristo fu elogiata in quell’audizione anche dal procuratore capo di Milano Francesco Greco, che nel frattempo perdeva i procedimenti intentanti contro i Riva. Poco dopo la Corte d’assise di Taranto respinse il patteggiamento voluto dalla procura ritenendolo incongruo.
L’atteggiamento benevolo di Capristo verso l’Ilva cambierà con l’arrivo di ArcelorMittal: fu il procuratore nell’estate 2019 a scrivere una lettera al Senato chiedendo di revocare lo scudo penale e a dire a Conte, in un colloquio personale, che l’azienda era comunque scudata anche senza immunità. I commissari di Ilva, insomma, potevano continuare a stare tranquilli.
L’ultima inchiesta che porta la sua firma risale a dicembre 2020 quando, dopo le minacce di Conte ad ArcelorMittal di trascinarla nella “causa del secolo”, un sabato mattina a Taranto, ricevendo brevi manu un esposto dall’avvocato Loreto per conto dei commissari di Ilva, il procuratore aprì un ennesimo fascicolo per appropriazione indebita e distruzione dei mezzi di produzione con rischio di grave nocumento alla nazione. Era il fuoco incrociato con il procuratore Greco che, nelle stesse ore, apriva un fascicolo contro ArcelorMittal a Milano. Quelle indagini, oltre le sirene spiegate della finanza in fabbrica, non sappiamo che fine abbiano fatto, immaginiamo archiviate con la causa del secolo sostituita dall’accordo per una nuova Ilva pubblica.