
Alfonso Bonafede (foto LaPresse)
La giustizia secondo Fofò
Gli imperdonabili silenzi del ministro Bonafede
La via crucis giudiziaria di Mannino, il circo mediatico di Gratteri, le gogne pubbliche, la prescrizione, il trojan e processi che, nonostante proclami e annunci, sono sempre più lenti. Ma il guardasigilli non sembra accorgersi mai di nulla
Per favore, smettiamola con i luoghi comuni e con la facile ironia. A che vale ricordargli che prima di raggiungere le alte vette del governo se ne stava lì, a Mazara del Vallo a proporre come dj le canzoni di Gigi D’Agostino? Lui vi risponderà che comunque, da ministro della Giustizia, ha varato leggi, come la Spazzacorrotti, destinate a sconvolgere il codice penale, a crocifiggere il malaffare, a snidare la delinquenza che si nasconde tra le pieghe della politica e nelle stanze opache della burocrazia, negli affari dei poteri forti e nelle trame nascoste dei poteri criminali. E vi griderà in faccia uno slogan che va oltre “onestà-tà-tà”. Vi griderà: viva le manette, viva la galera. Sì, perché Alfonso Bonafede, quel simpatico Fofò che ride sempre, nella buona e nella cattiva sorte, non è solo un forcaiolo grillino; non è uno dei tanti giustizialisti che urlano il vaffa e agitano il cappio. E’ il ministro che ha istituzionalizzato la gogna.
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- Giuseppe Sottile
Giuseppe Sottile ha lavorato per 23 anni a Palermo. Prima a “L’Ora” di Vittorio Nisticò, per il quale ha condotto numerose inchieste sulle guerre di mafia, e poi al “Giornale di Sicilia”, del quale è stato capocronista e vicedirettore. Dopo undici anni vissuti intensamente a Milano, – è stato caporedattore del “Giorno” e di “Studio Aperto” – è approdato al “Foglio” di Giuliano Ferrara. E lì è rimasto per curare l’inserto culturale del sabato. Per Einaudi ha scritto anche un romanzo, “Nostra signora della Necessità”, pubblicato nel 2006, dove il racconto di Palermo e del suo respiro marcio diventa la rappresentazione teatrale di vite scellerate e morti ammazzati, di intrighi e tradimenti, di tragedie e sceneggiate. Un palcoscenico di evanescenze, sul quale si muovono indifferentemente boss di Cosa nostra e picciotti di malavita, nobili decaduti e borghesi lucidati a festa, cronisti di grandi fervori e teatranti di grandi illusioni. Tutti alle prese con i misteri e i piaceri di una città lussuriosa, senza certezze e senza misericordia.