L'aula del Senato vuota, durante il lockdown, foto Fabio Cimaglia / LaPresse

La curva dei contagi scende, quella dei dpcm sale, avvertono i giuristi

Annalisa Chirico

Parlamento spodestato? Ritorno del decisionismo governativo? Girotondo di opinioni sullo stato di emergenza

Roma. Davvero non esistono alternative ai “poteri speciali”? Esagera chi paventa il rischio di “democratura sanitaria”? Sulle colonne del Corriere della sera il giudice emerito della Consulta Sabino Cassese ha bocciato la pretesa del premier Giuseppe Conte di prorogare lo stato d’emergenza (al 31 ottobre, pare). “Non basta che vi sia il timore o la previsione di un evento calamitoso. Occorre che vi sia una condizione attuale di emergenza”, ha scritto l’alto magistrato.

 

Per Michele Ainis, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre, “la valutazione sui presupposti della proroga è di natura politica ma in ogni caso consiglierei al governo di ricorrere al decreto legge che consente il coinvolgimento del Parlamento e i controlli da parte della presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale”. Il ricorso frequente ai dpcm ha suscitato aspre critiche. “L’ho definito il virus della decretite: le libertà e i diritti dei cittadini non possono essere limitati con un atto amministrativo, per giunta individuale a differenza del decreto legge che è per sua natura collegiale ed è esposto alle verifiche delle Camere che devono convertirlo, del Quirinale che deve emanarlo e, in ultima istanza, della Consulta. Ci siamo assuefatti alla mortificazione del Parlamento”.

  

Nel mondo la crisi pandemica ha rafforzato gli esecutivi. “Nel nostro paese il coronavirus ha reso visibili storture antiche: il governo che si afferma sul Parlamento e il presidente del Consiglio che si afferma sullo stesso governo. È una ferita alla legalità costituzionale. Nel 1971 vennero modificati i regolamenti parlamentari per santificare la centralità del Parlamento. Poi negli anni Ottanta si afferma il verbo del decisionismo che punta a superare le lungaggini del parlamentarismo, l’abuso dei decreti legge comincia allora”. E oggi? “In Parlamento c’è un immiserimento della qualità dei parlamentari, così la deroga rischia di diventare regola. La valutazione dei presupposti per la proroga spetta alla politica ma l’emergenza è, per definizione, improvvisa. Se annunci la proroga e, nel contempo, allenti le misure di contenimento, mandi un segnale contraddittorio”.

   

Ainis: “Le libertà e i diritti dei cittadini non possono essere limitati con un atto amministrativo”. Luciani: “L’Italia ha impiegato strumenti emergenziali ampi. Cosa sarebbe accaduto se non lo avessimo fatto?”. Frosini: “Dobbiamo ritrovare uno stato di normalità”. Celotto: “E’ ora di coinvolgere il Parlamento”

Non nasconde le proprie perplessità Massimo Luciani, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università La Sapienza di Roma: “Il governo ha fatto senz’altro bene a proclamare lo stato d’emergenza nazionale lo scorso 31 gennaio, le accuse di avere stravolto la Costituzione non stanno in piedi; tuttavia, adesso che la condizione pandemica si è stabilizzata e l’ordinamento si è assestato, l’ipotesi di proroga suscita dubbi, e una misura di tale portata non può ammettere dubbi”. Superflua? “La proroga dello stato d’emergenza di rilievo nazionale è prevista dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile che la consente fino a una durata massima di 24 mesi; quindi, di per sé, l’ipotesi è normativamente prevista e richiede, nello specifico, determinate condizioni d’emergenza oppure la loro ‘imminenza’, cito testualmente. Si tratta allora di capire se l’emergenza sanitaria, in ragione della sua intensità o estensione, abbia bisogno di essere fronteggiata con mezzi e poteri straordinari. Qui nasce la mia perplessità: primo, una serie di misure sono già state adottate e l’ordinamento ha dimostrato di potere fronteggiare la situazione anche con strumenti più rigorosi come il decreto legge; secondo, la curva pandemica descrive una situazione che tende alla stabilizzazione; terzo, ci sono differenze da regione a regione che lasciano perplessi su una dichiarazione di emergenza estesa a tutto il territorio”. Nessun altro paese ha usato lo stato d’emergenza come l’Italia. Non la Spagna, non la Germania, neanche la Francia. “La differenza tra i paesi europei mi è parsa una questione di misura: sfumature diverse ma con ricette simili. Da non trascurare poi che alcuni di questi paesi, come la Francia, hanno amministrazioni nazionali e locali molto forti. L’Italia ha fatto ricorso a poteri emergenziali a causa di una situazione sanitaria grave. Dobbiamo chiederci piuttosto che cosa sarebbe accaduto se non si fosse intervenuti come si è fatto”.

  

Per Tommaso Frosini, che insegna Diritto pubblico comparato all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli , “l’analisi di Cassese è inappuntabile: quale sarebbe il motivo per prolungare lo stato d’emergenza? L’unico presupposto è l’accertamento medico-scientifico di una ripresa epidemica”. Invece le misure di contenimento vengono allentate. “E’ ciò che accade in conseguenza di una curva epidemiologica in discesa. In presenza di un problema sanitario, il ministro della Salute ha gli strumenti per adottare le misure necessarie, senza prorogare l’emergenza. Abbiamo bisogno di ritrovare uno stato di normalità che passa anche dai messaggi che si mandano ai cittadini. La proroga instilla paura, la gente è indotta a ritenere che ci sarà una ineluttabile reminiscenza del virus. Per estendere lo smart working o per regolare l’attività didattica da settembre si possono adottare provvedimenti ad hoc senza trascinare oltre l’intero stato emergenziale con le conseguenze che ciò comporta sul piano del corretto funzionamento di una democrazia parlamentare. Si rafforzino piuttosto i controlli per accertare il rispetto delle norme comportamentali”. Forse un governo debole ha bisogno dello stato d’emergenza per allungare la propria sopravvivenza? “Questa è una constatazione politica più che giuridica. Ricordo che a settembre si terranno elezioni regionali e referendum: tali appuntamenti si potranno forse svolgere sotto un regime emergenziale?”.

  

Alfonso Celotto, ordinario di Diritto costituzionale a Roma Tre, non è contrario alla proroga: “Nessuno sa bene che cosa accadrà in autunno, comprendo perciò la preoccupazione del governo che vuole assicurare un’azione rapida ed elastica. I dpcm di marzo, a mio giudizio, sono costituzionali perché hanno limitato le libertà fondamentali con un atto amministrativo, senza rispettare la riserva di legge. Adesso perciò va coinvolto il Parlamento, a tale scopo è sufficiente ricorrere al decreto legge. E’ forma ma è anche sostanza in quanto fondamento di una Repubblica parlamentare”.

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