Ian Tratnik sul Monte Ragogna (foto LaPresse) 

giro di tavole

Giro d'Italia 2020, Tratnik e la rivincita del frico

Giovanni Battistuzzi

Lo sloveno, a lungo in fuga da solo, batte a San Daniele Ben O'Connor. La corsa rosa oggi ha celebrato, in modo ovviamente inconsapevole, uno dei piatti friulani più conosciuti 

Una fuga, almeno in certe tappe del Giro d'Italia (o di un qualsiasi grande giro), non è altro che un riutilizzo di ciò che la classifica generale ha avanzato. Una seconda occasione. Nulla di diverso da ciò che da sempre è accaduto in cucina. Una pratica antica quanto l’esigenza di mangiare e che nei secoli ha generato un numero imprecisato di cosiddetti piatti tradizionali.

 

Bidard, Bouchard, Vendrame e Warbasse (AG2R), Bisolti e Cepeda (Androni Sidermec), Boaro e Felline (Astana), Battaglin e Tratnik (Bahrain), Tonelli e Zana (Bardiani CSF Faizané), Fabbro e Poljanski (Bora hansgrohe), Malecki e Rosskopf (CCC), Guerreiro e Whelan (EF), Oldani (Lotto), Rubio e Samitier (Movistar), O’Connor (NTT), Puccio e Swift (Ineos Grenadiers), Bernard (Trek Segafredo), Conti (UAE), Rota e Visconti (Vini Zabù Brado KTM) dalle prime due settimane di corsa sono usciti con distacchi sostanziosi. Nessuno di loro era partito per provare a vincere, avevano altri piani, mansioni, velleità. Si sono ritrovati per caso lungo la strada del Friuli, tra Udine e San Daniele del Friuli. Hanno seguito, per crudeltà dell’organizzazione, la via lunga, quella che si inerpica tra i colli che fanno da sfondo a Cividale, sfiorare il Parco Nazionale delle Prealpi Giulie per rifiondarsi verso la piana del Tagliamento, proprio lì dove la pianura quasi non esiste più. 

 

Gli avanguardisti avanzati dalla generale, si sono ricompattati lì dove ciò che la lavorazione del formaggio scartava prendeva nuova vita in padelle di ferro rigogliose di burro fumante (o così almeno in origine). Il frico non è altro che questo, un piatto di recupero. Puro formaggio tra i monti, dove le forme non mancavano; con patate o cipolle, a seconda di cosa si aveva, giù in pianura dove ce ne era meno e, spesso, qualche soldo costava.

 

Il frico è pietanza che ben si presta alla compagnia. Di solito della polenta, ma quando ci sono vanno oltremodo bene i funghi o gli asparagi selvatici.

 

Sul monte Ragogna di funghi ce ne sono e buoni. Di asparagi selvatici ancora di più. La strada che sale sul monte Ragogna invece è tutto il contrario dei frutti che offre. È aspra e cattiva, velenosa come un’amanita muscaria, rimane sullo stomaco come un piatto avariato. Ci vuole stomaco per superarla da soli, ancora di più se la solitudine si fa compagnia propria quando si sperava di non averla.

  

 Il gruppo dei fuggitivi sul Monte Ragogna (foto LaPresse)

  

Jan Tratnik da solo si era ritrovato da solo al primo passaggio in cima al monte Ragogna dopo essersi sbarazzato della compagnia di Manuele Boaro. Aveva sperato di non vedere nessuno sino all’arrivo, non si è disperato però quando si è visto raggiungere da Ben O’Connor sull’ultimo passaggio al Gran premio della montagna. I due si sono guardati e hanno capito che era meglio cooperare, coprire assieme gli ultimi tredici chilometri di corsa e giocarsi tutto sull’ultimo strappo prima dell’arrivo. Entrambi erano convinti di essere meglio dell’altro. Entrambi sapevano che, almeno nelle loro condizioni, meglio secondo che più dietro. Mica semplice essere un avanzo anche in squadra e avere la necessità di strappare un contratto a qualcuno.

  

Il frico per secoli era una questione di fame e di gambe. Riempiva, dava energie, consentiva di ritornare fuori a lavorare. Ora ce ne sono anche di gourmet, o almeno così li chiamano quelli a cui piace disperder tartufo o bruscandoli o chissà cos’altro nel formaggio. Oggi a San Daniele del Friuli il frico è ritornato una questione di fame e di gambe. Ne aveva più lo sloveno. Tratnik ha vinto la sedicesima tappa del Giro d’Italia rispondendo all’accenno di allungo di O’Connor. Il colpo gourmet ce l’hanno messo Sergio Samitier e Joao Almeida. Il primo quatto quatto ha ripreso una decina di minuti ai migliori (ne ha altrettanti da recuperare, ma entrare nei dieci è ora meno difficile). La maglia rosa invece ha attaccato. Un allungo utile soprattutto a far capire agli avversari che lui vuole rimanere dov’è.  

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