Foto tratta dalla pagina Facebook della MiRando

Girodiruota

La bicicletta e l'arte di guardarsi attorno

Giovanni Battistuzzi

Domenica 16 febbraio c'è la MiRando Milano, la randonnée che unisce Milano al pavese e che, forse inconsciamente, ci riporta alla memoria Giorgio Scerbanenco

Quando a Laurent Fignon chiesero, a proposito della sua carriera professionistica, se avesse un rimpianto, lui si prese qualche secondo di tempo. Ci pensò un po'. Poi rispose che "l'unico rimpianto che un ciclista può avere è quello di aver pedato il mondo ma molte volte di non averlo visto davvero". I ciclisti vivono molte volte in un limbo di velocità e agonismo, di strade avvolte di tifosi e dietro lenti colorate piene di ansie da competizione.

 

C'è chi trova tutto ciò eccitante. La bicicletta da trasformare in dardo, la solitudine della testa del gruppo da ottenere, i pedali malmenati da gambe potenti e volenterose di dimostrarlo. È ciò che si trova anche nell'avanguardia delle gran fondo, gare tra amatori che oltre ad amare la bici amano anche la competizione. Dovrebbero cambiare il nome. Non più amatori, ma qualcos'altro, forse competitori, forse velocitori, forse altro.

 

Gli amatori, quelli veri, non competono, amano andare in bici in ogni modo, anche solo a passeggio. Gli amatori pedalano, da soli o in compagnia, per conto proprio o durante qualche evento, perché è ciò che gli piace.

 

È un distinguo questo vecchio come la bicicletta. Per la prima volta si litigò in Gran Bretagna che era ancora l'Ottocento. Sir Terence Freill mise le mani addosso a Sir Arthur Ellis perché il primo sosteneva che solo nella competizione il velocipide aveva un senso, mentre il secondo se ne fregava delle gare e diceva che era quella del viaggio la dimensione del muoversi sui pedali. I francesi, ben più pratici, almeno nel mondo ciclistico, e più attenti a non far arrabbiare nessun pedalatore, diede il nome di randonnée al secondo mondo, sostenendo che l'importante era arrivare, ma entro un massimo e un minimo di media oraria. Perché l'importante è pedalare, certo, ma non fateci aspettare troppo o troppo poco.

 

Louis-Ferdinand Céline, che di ciclismo forse ne sapeva poco e non gli interessava affatto, una volta si trovò a Brest quando vide alcuni dei partecipanti alla randonnée più famosa al mondo farsi timbrare il foglio del percorso, mangiare qualcosa, girare la bici e iniziare a ritornarsene verso la capitale. Disse che "i ciclisti sarebbero ottimi protagonisti di un romanzo, perché ricordano altri romanzi". Lo scrittore francese si è dimenticato di specificare quali. O forse no. Forse cambiano con il luogo, con il periodo dell'anno, con l'umore che uno ha.

 

Di randonnée a febbraio non ce ne sono molte. Poco male, ne basta una. Domenica a Milano e dintorni c'è la MiRando Milano che parte dall'Alzaia Naviglio Pavese (16). E la Alzaia Naviglio Pavese per chi Milano la conosce poco e magari l'ha scoperta principalmente sui libri ha un richiamo anni Sessanta e un nome un po' esotico, ma di un esotico da est Europa, perfetto per il clima invernale del pavese. È un'eco lontana che si manifesta in un tonfo nell'acqua e che si dirada in una figura acuminata, sottile, intelligente e affascinante, quella di Duca Lamberti. Perché lì dove partirà domenica la MiRando, è dove inizia Traditori di tutti di Giorgio Scerbanenco. E forse anche Scerbanenco del ne sapeva poco e non gli interessava affatto, chissà. Però, quel che forse è certo è che "i ciclisti sarebbero ottimi protagonisti di un romanzo, perché ricordano altri romanzi". Fortuna che qualcuno è già stato scritto.

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