Vittorino Andreoli

Vittorino Andreoli, i protagonisti della psiche

Davide D'Alessandro

Il noto psichiatra veronese nell’ultimo libro, edito da Centauria, presenta 50 personaggi che hanno fatto la storia dell’indagine sull’uomo. Dall’anima alla psicologia, dalla psicosomatica alla psichiatria, dalla psicoanalisi alle macchine terapeutiche, dalle molecole terapeutiche alla fenomenologia, fino ad arrivare alle neuroscienze, una galleria di ritratti per un racconto che lo riguarda e ci riguarda, per un racconto che non può avere fine

Con i bellissimi ritratti di Andrea Venturi, che corredano il volume, Vittorino Andreoli ha scritto un libro utile e necessario, diverso dai suoi che pure apprezziamo da tempo, ma sempre con al centro la psiche. La storia della psiche in 50 protagonisti, edito da Centauria, distingue i protagonisti di questa lunga storia e li colloca in ambiti che vanno dall’anima alla psicologia, dalla psicosomatica alla psichiatria, dalla psicoanalisi alle macchine terapeutiche, dalle molecole terapeutiche alla fenomenologia e psichiatria, fino ad arrivare alle neuroscienze con Seymour S. Kety, Eric Kandel e Giacomo Rizzolatti. Prima di concentrarsi sui protagonisti, Andreoli offre al lettore un saggio introduttivo per continuare, attraverso il fascino delle parole e la psiche malata, il racconto di un animale così umano, un racconto che da decenni non l’ha mai abbandonato, un racconto che lo riguarda e ci riguarda, un racconto che non può avere fine. Avverte, infatti, lo psichiatra veronese, membro della New York Academy of Sciences: “Sono affascinato dall’Uomo e per questo ho dedicato la mia esistenza a studiarlo, a cercare di comprenderlo e ho seguito costantemente il sogno di migliorarlo. Poiché sono un uomo, ho cercato di capirmi e di migliorarmi. Il fascino è un sentimento complesso, persino paradossale poiché mescola attrazione e paura. L’uomo mi attrae e mi spaventa, appartiene ai viventi della Terra, a una delle tante specie che la abitano. Ha tantissime caratteristiche che lo accomunano agli altri animali. Ma è l’unico, a cui si associ la parola psyché. E per chi si occupa di lui, è questa la prima, e forse più profonda radice che lo rappresenta”.

Andreoli si sofferma sui temi della coscienza, della creatività, del pensiero, dell’amore, del desiderio, del legame con i morti, del che cos’è la malattia dell’uomo e continua: “Il bisogno dell’altro nasce dalla condizione umana, la cui caratteristica principale è la fragilità che si lega al senso del limite. E la fragilità non va considerata una mancanza, un difetto, poiché è l’espressione connaturata all’ ‘essere-nel mondo’. Sembra un gioco di parole, ma si può dire che il difetto è dato semmai dalla mancata percezione della propria fragilità. Si tratta di un bisogno fondamentale che riporta agli istinti e alle pulsioni: avvertire la fame non è un difetto, ma è lo stimolo necessario a vivere. La paura non è un sintomo di malattia, ma un meccanismo di difesa e, se manca in un bambino, potrebbe correre nel buio e sbattere la testa provocandosi un male che la paura, invece, aiuta a evitare. La fragilità è il bisogno dell’altro e, senza un legame con l’altro, si rimane un Io isolato, un Io patologico. Non a caso, questa condizione comprende un vasto capitolo delle malattie della mente: dal narcisismo all’autismo, alla dissociazione (il cui riferimento più severo è quello della schizofrenia). La fragilità è proprio – a mio modo di vedere – l’energia vitale, l’élan vital di Henri Bergson, la libido di Freud. Non rappresenta solo la forza affinché il singolo non rimanga mai solo, ma anche la forza perché una società rispetti tutti coloro che ne fanno parte. La mancanza della fragilità, in ambito sociale, crea la grande patologia del potere, che porta un uomo a dominare tutti gli altri uomini. È un’interpretazione erronea poiché, invece che andare verso l’altro, legandosi simmetricamente, lo domina fino a distruggerlo”.

Andreoli, alla maniera di Dante, si pone “tra cotanto senno”, nel senso che tra i dieci psichiatri presentati, da Philippe Pinel a Franco Basaglia, troviamo anche la sua scheda scritta da sé medesimo. Meritata. Tra i protagonisti dell’anima inserisce Anassimandro, Platone, Ippocrate, Aristotele, Sant’Agostino e Cartesio, tra le figure della psicologia spiccano Pierre Janet, Jean Piaget e Gregory Bateson, mentre tra quelle della psicoanalisi opta per Freud, Jung, Anna Freud, Klein, Bion, Winnicott e Mahler. Jaspers, Binswanger, Minkowski, Straus e Cargnello occupano lo spazio dei fenomenologi e psichiatri.

Su Freud scrive: “La fama non gli evitò però di diventare vittima, sul finire della sua vita, delle persecuzioni naziste, tanto da essere costretto all’esilio a Londra nel 1938. Qui, nella capitale britannica, morì un anno dopo, consumato da una lunga e dolorosa malattia, lasciando dietro di sé uno dei più importanti sconvolgimenti ideologici del XX secolo, ovvero la riformulazione dell’essere umano, non più guidato esclusivamente dalla ragione, come voleva il positivismo ottocentesco, ma anche da pulsioni nascoste alla coscienza”.

Alla fine della lettura del libro mi sento di mettere il fondatore della psicoanalisi in capo ai 50 protagonisti della psiche. A ottant’anni dalla morte, grazie a quella riformulazione dell’essere umano di cui scrive in modo ineccepibile Andreoli.