Richard Sennett

Richard Sennett, flessibilità e precarietà

Davide D'Alessandro

Il sociologo statunitense, in un libro del 1999, fece una radiografia esemplare del nuovo mondo produttivo, denunciando le pesanti ricadute sulla vita personale. Modello vincente per alcuni, strabordante disuguaglianza per molti

L'uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, è un libro di Richard Sennett, brillante e acuto sociologo statunitense, edito da Feltrinelli nel 1999. Sono passati circa vent’anni, ma tanto di quell’analisi è ancora davanti a noi, tanto di quelle intuizioni è ancora dentro le nostre vite. Il capitalismo flessibile è, nelle società contemporanee, il nuovo modello prevalente di organizzazione economica. Le differenze rispetto al vecchio sistema taylor-fordista sono evidenti. Innanzitutto, la carriera non è più connotata come un percorso lineare, obbligato e prevedibile. Piuttosto, procede a sbalzi e saltelli e implica la capacità dell’individuo di adattarsi a nuove esigenze e situazioni. Lo stesso termine che designa il lavoro (job) non indica più qualcosa di stabile, implicando un’estrema varietà e mutevolezza di attività. Fin troppo facile ipotizzare che tale flessibilità incida pesantemente sulla personalità degli individui.

Le chance aumentano a dismisura per tutti, ma con esse un eccessivo stato di ansietà che deriva dall’impossibilità di prevedere e pianificare con accuratezza la propria traiettoria di vita. Nessuno sa quali rischi valga la pena di correre o quali percorsi sia necessario seguire. Il capitalismo flessibile opera una radicale rottura con quello tipico dell’epoca precedente, perché si oppone alla rigidità della burocrazia ed enfatizza a dismisura il concetto di rischio. Chi non osa rischiare è indicato come soggetto pigro e improduttivo. Non funzionale. Esiste quindi un divario profondo tra la generazione dei padri e quella dei figli: i padri vivevano nell’ottica del lungo termine, mentre per i figli l’orizzonte del futuro si restringe all’immediato presente, poiché il cambiamento, oltre che essere sempre in agguato, è diventato il loro principale modus vivendi.

Flessibilità significa capacità di resistere, di tornare nella posizione di partenza, nonostante la deformazione. In altri termini, flessibile è quell’individuo che riesce ad adattarsi al mutare delle circostanze, senza farsi spezzare, proprio come un ramo di un albero che resiste a ogni sorta di intemperie. Deve assorbire l’urto senza spezzarsi. È la resilienza, bellezza!

Con la specializzazione flessibile della produzione si cerca di far arrivare sul mercato prodotti più variati e più in fretta. In antitesi al modello fordista oggi, grazie anche all’informatica, non si producono beni di massa, ma flessibili, in relazione alla domanda. Di fronte al capitalismo “renano”, dove esiste ancora uno straccio di burocrazia governativa, che cerca di frenare i cambiamenti nel momento in cui essi ledono i cittadini più svantaggiati, è sorto l’alternativo modello angloamericano, che enfatizza il libero mercato e condanna qualsiasi tipo di intervento pubblico. Questo modello, per Sennett, produce sì più occupazione, ma anche una crescente disuguaglianza salariale, che tende ad allargarsi sempre più. Attraverso la disaggregazione verticale e la riduzione degli strati nell’ambito delle organizzazioni, si ha la concentrazione senza centralizzazione che però, stando alle ultime ricerche, non sono affatto procedure decentralizzanti, perché una nuova e più intensa e subdola forma di controllo continua a esistere.

Per capire come gli elementi del regime flessibile si combinano insieme occorre soffermarsi sull’organizzazione del tempo sul posto di lavoro. Non ci sono più turni fissi, ma un mosaico di persone che lavorano con tempi diversi e individualizzati. Il tempo flessibile però, secondo la tesi di Sennett, «è un modo per compensare i dipendenti, sottoponendoli tuttavia a un controllo più serrato da parte dell’azienda», come si evince dall’analisi del lavoro a domicilio, per cui «i lavoratori sostituiscono una forma di sottomissione al potere – quella faccia a faccia – con un’altra, questa volta mediata dall’informatica».

Il tempo è stato svincolato dalla weberiana gabbia d’acciaio, ma sottoposto a nuovi e più forti controlli verticali, a forme di vigilanza che lasciano ben poco spazio alla libertà e all’autonomia decisionale. Il modello dell’uomo flessibile non è un modello vincente per tutti, ma solo per alcuni. Accontenta i ricchi, che si riuniscono annualmente nell’incantevole località montana di Davos per parlare di economia mondiale, ma scontenta la gran massa di uomini e donne che vorrebbero invece vivere con un po’ di sicurezza, progettando nel lungo periodo.