Europa Ore 7

Prima intesa sul Recovery fund

Orbán condannato dalla Corte europea minaccia il fondo da 750 miliardi di euro

David Carretta

La Recovery and Resilience Facility è parte di un pacchetto che include la decisione sulle risorse proprie, un meccanismo sullo stato di diritto e il quadro finanziario pluriennale. Se sul Recovery fund e lo stato di diritto basta la maggioranza qualificata, sulla decisione sulle risorse proprie (che permette alla Commissione di emettere debito) serve l'unanimità.

L'Ecofin di ieri ha trovato un accordo sul regolamento della Recovery and Resilience Facility, lo strumento che è il perno del Piano per la ripresa dell'Unione Europea. Ma, come spiega un editoriale del Foglio, la strada per portare rapidamente a Roma i 209 miliardi del Recovery fund è ancora piena di ostacoli. A partire da uno esistenziale: lo stato di diritto in un'Ue in cui le procedure di infrazione, l'articolo 7 del trattato e le condanne della Corte di giustizia non bastano più a rimettere in riga Ungheria e Polonia. Il passaggio all'Ecofin era comunque essenziale per portare avanti la legislazione sul Recovery fund per aprire i negoziati tra Consiglio e Parlamento europeo. Ma anche con un rapido accordo tra le due istituzioni Ue la partenza del Recovery fund rischia di slittare di diversi mesi.

Il problema è sempre lo stesso.  La Recovery and Resilience Facility è parte di un pacchetto che include la decisione sulle risorse proprie, un meccanismo sullo stato di diritto e il quadro finanziario pluriennale. Se sul Recovery fund e lo stato di diritto basta la maggioranza qualificata, sulla decisione sulle risorse proprie (che permette alla Commissione di emettere debito) serve l'unanimità. Capitanati dai Paesi Bassi, i paesi nordici insistono per un meccanismo sullo stato di diritto che sia più robusto di quello proposto dalla presidenza tedesca dell'Ue. Se sarà irrigidito, Ungheria e Polonia minacciano il veto. Se resterà troppo molle, i paesi nordici e il Parlamento europeo potrebbero decidere che non si può svendere la democrazia. Nemmeno per 750 miliardi.

Il compromesso della presidenza tedesca sulla Recovery and Resilience Facility include norme che piacciono all'Italia e altre meno. Il ministro Roberto Gualtieri si è detto soddisfatto del fatto che l'anticipo sarà del 10 per cento calcolato sull'intero ammontare e non più sul 70 per cento. Inoltre, sono stati introdotti dei paletti al “freno di emergenza” chiesto dai Paesi Bassi contro i paesi che non fanno le riforme. Meno positiva per l'Italia è la condizionalità macro-economica, che prevede lo stop degli esborsi ai paesi che non rispettano le raccomandazioni sulle riforme del 2019 e 2020. “La condizionalità macro-economica è parte della proposta”, ha spiegato il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, che però ha voluto essere rassicurante. Le regole del Patto di Stabilità e crescita sono sospese. “Non fissiamo limiti quantitativi per il deficit il prossimo anno”, ha ricordato Dombrovskis.

Eppure c'è chi lancia l'allarme per il debito e la mancanza di riforme dell'Italia. In un paper pubblicato ieri da EconPol (l'European Network for Economic and Fiscal Policy Resarch), Luigi Bonatti e Andrea Fracasso dell'Università di Trento lanciano l'allarme. Il Recovery Fund può essere “sufficiente a evitare che l'Italia piombi in una crisi finanziaria e politica maggiore nel breve periodo”. Ma è “lungi dall'essere certo che sarà sufficiente a spingere l'Italia verso un percorso di crescita sostenuta e soddisfacente. Nessuno può dire se sarà sufficiente a evitare il fatto che nel più lungo periodo, l'Italia avrà bisogno di sostegno finanziario ulteriore dalle istituzioni Ue e dagli Stati membri".

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di mercoledì 7 ottobre, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

C'è un giudice a Lussemburgo per condannare Orbán - La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ieri ha condannato l'Ungheria per la legge sull'istruzione superiore contro la Central European University di George Soros. Secondo i giudici di Lussemburgo, il governo di Viktor Orbán ha violato il diritto comunitario sulla libera circolazione dei servizi, la libertà accademica prevista dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue e le disposizioni dell'Organizzazione mondiale del commercio. A Bruxelles si stanno perdendo i conti delle condanne subite dal premier ungherese a Lussemburgo per violazione dello stato di diritto. Ma, come spieghiamo sul Foglio, con la tattica di "due passi avanti, uno indietro" Orbán è più rapido dell'Ue. Micol Flammini racconta la reazione della Central European University: l'università di Soros non tornerà a Budapest.

La Corte Ue contro la raccolta generalizzata dei dati per l'antiterrorismo – La Corte di Giustizia dell'Ue ieri si è espressa anche sulla raccolta massiccia di dati di connessione a internet e telefonici a fini giudiziari e di intelligence nell'ambito della lotta contro il terrorismo. Solleticati da Francia, Belgio e Regno Unito, i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che gli stati membri non possono imporre agli operatori un “obbligo generalizzato e indifferenziato” di raccolta e conservazione dei dati di traffico e localizzazione.  La sentenza – secondo fonti dell'intelligence francese al Monde – è considerata una “disastro” che potrebbe “ostacolare molto seriamente” le inchieste.

L'Ue vuole che BoJo si impegni nei negoziati Brexit - Per arrivare a un accordo sulle relazioni future con l'Unione Europea, Boris Johnson deve impegnarsi di persona nei negoziati, secondo quanto hanno riferito fonti europee di fronte allo stallo delle trattative tra Michel Barnier e David Frost. Come anticipato dal Foglio, l'Ue non farà altre concessioni sul level playing field: la vera linea rossa sono gli aiuti di Stato. Per i 27, ora le concessioni devono venire da Johnson. Sarà il Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre a decidere come procedere. Barnier dovrebbe ricevere l'incarico di andare avanti a oltranza con i negoziati (fino a dicembre se necessario), ma i capi di Stato e di governo dovrebbero anche lanciare i piani di emergenza per un “no-deal”.

Brexit assente dal Congresso Tory di BoJo - Boris Johnson ieri ha presentato al congresso del partito conservatore per ricostruire il paese dopo l'emergenza sanitaria. Gregorio Sorgi racconta come il premier britannico pensa si trasformare il Regno Unito nell'Arabia Saudita dell'eolico.

I negoziati di adesione di Erdogan a un punto morto - La conclusione era scontata, ma la Commissione ieri ha ribadito che i negoziati di adesione della Turchia “sono a un punto morto” e “non è possibile prendere in considerazione l'apertura o la chiusura di altri capitoli” negoziali. Secondo la Commissione, la Turchia ha “continuato ad allontanarsi dall'Unione con gravi passi indietro su democrazia, stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura". Inoltre, la politica estera di Recep Tayyip Erdogan “si scontra sempre più con le priorità dell'Ue”. Nel pacchetto allargamento, il giudizio della Commissione sugli altri paesi candidati è più positivo, anche se rimangono molte difficoltà.  La Commissione ha anche annunciato un piano economico e di investimenti di 9 miliardi per i Balcani occidentali.

Il Parlamento europeo sostiene l'autonomia strategica - In un dibattito in plenaria ieri, i principali gruppi politici del Parlamento europeo hanno appoggiato il concetto di "autonomia strategica" avallato dal Vertice europeo della scorsa settimana. Il dibattito con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si può rivedere qui.

L'Italia, l'Ue e le importazioni di mascherine - L'Italia è al terzo posto, ma molto dietro a Germania e Francia, per il valore delle importazioni di mascherine per far fronte all'emergenza sanitaria del Covid-19. La Germania ha importato mascherine per un valore di 4,4 miliardi di euro, seguita dalla Francia (3,4 miliardi), dall'Italia (1,7 miliardi), dalla Spagna (1,1 miliardi) e dai Paesi Bassi (0,8 miliardi), secondo alcuni dati pubblicati ieri da Eurostat sul primo semestre 2020. I dati pro-capite mostrano una fotografia diversa: il Lussemburgo è in testa con 121 euro pro-capite di mascherine importate, seguito dal Belgio e la Germania (53 euro). L'Italia è all'ottavo posto con 29 euro pro-capite. Rispetto al primo semestre del 2019, il valore delle importazioni di mascherine importate nell'Ue è cresciuto in modo drammatico passando da 800 milioni a 14 miliardi con un aumento del 1800 per cento. La Cina è il grande beneficiario: la quota di mascherine cinesi importate è passata dal 62,3 al 92,3 per cento.

EuroNomine 1 - la Commissione oggi avrà un nuovo commissario e un vicepresidente con nuovo portafoglio. La conferenza dei presidenti del Parlamento europeo ha dato parere positivo dopo le audizioni dell'irlandese Maired McGuinness e del lettone Valdis Dombrovskis. Il voto della plenaria oggi è scontato. La prima assumerà l'incarico di commissaria ai Servizi Finanziari. Il secondo aggiungerà il Commercio tra le competenze del suo attuale incarico di vicepresidente della Commissione.

Euronomine 2 - L'Ecofin di ieri ha scelto la ministra delle Finanze svedese, Magdalena Andersson, per presiedere il International Monetary and Financial Committee del Fondo Monetario Internazionale.

EuroNomine 3 - Odile Renaud-Basso, il direttore del ministero del Tesoro in Francia, è la favorita per diventare il prossimo presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, dopo che Pier Carlo Padoan si è ritirato dalla corsa.

Accade oggi in Europa

- Parlamento europeo: sessione plenaria (voto di conferma dei commissari Dombrovskis e McGuinness; voto sui nuovi obiettivi climatici)

- Commissione: conferenza stampa delle commissarie Jourova e Dalli sulla strategia sui rom.

- Eurostat: indice dei prezzi delle case nel secondo trimestre

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