(Foto di Micol Flammini)
Giù gli artigli da Zaporizhzhia
Le pretese del Cremlino su Zaporizhzhia
Putin usa l’accusa dell’attacco con i droni alla sua villa a Valdai per minacciare la città che in questi quattro anni è diventata il rifugio degli ucraini in fuga dai territori occupati
La Russia non ritiene di dover fornire prove dopo aver accusato l’Ucraina dell’attacco con novantuno droni contro la villa di Vladimir Putin a Valdai. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha detto che non servono immagini o detriti, “non sono necessarie prove”. Eppure l’accusa è importante e non consiste soltanto nell’aver tentato di colpire la villa di Putin, ma di averlo fatto in un momento particolare, durante i colloqui di pace che, secondo Donald Trump, stanno avvicinando la fine del conflitto. Con novantuno droni, che fino a questo momento nessuno ha visto né sentito, Mosca ha scoperchiato una nuova pretesa, ben esplicitata da un articolo della Komsomolskaya Pravda, la testata che ha fama di essere la prima lettura di Putin. Già lunedì pomeriggio il capo del Cremlino, incontrando i suoi generali, aveva dato l’ordine di continuare l’offensiva nella regione di Zaporizhzhia. Da alcune settimane, nell’oblast meridionale dell’Ucraina di cui Mosca occupa il 70 per cento del territorio, l’esercito russo ha ripreso i combattimenti con più forza. E’ una regione grande, Mosca è già in possesso della città di Enerhodar e quindi della centrale nucleare che fino a quattro anni fa forniva circa il 20 per cento dell’energia all’Ucraina, ma non è mai arrivata a Zaporizhzhia, la città che dà il nome all’intera regione. La Komsomolskaya Pravda scrive che, dopo i novantuno droni, la posizione del Cremlino deve cambiare, sia a livello militare sia negoziale e Mosca non si limiterà a chiedere il ritiro dell’esercito ucraino dalla regione di Donetsk – è una delle pretese russe per accettare un cessate il fuoco – ma lo vorrà anche nel resto delle oblast che non controlla interamente.
La salvezza di Zaporizhzhia e la sua libertà sono il frutto di un sacrificio: per evitare che nel 2022 l’esercito russo avanzasse lungo tutte le direzioni, l’Ucraina decise di impegnare i soldati di Mosca a Mariupol. L’assedio della città sul Mare di Azov durò tre mesi, rallentò l’avanzata russa. Mariupol crollò, fu un’agonia lenta e necessaria per salvare il resto del paese, inclusa Zaporizhzhia. Zaporizhzhia rimane vicinissima al fronte, trovare un rifugio quando si sente un allarme aereo che annuncia l’arrivo di un attacco è questione di pochi minuti, eppure non è una città deserta, anzi è viva, produce, le sue ciminiere sono accese e ogni fine settimana ci sono manifestazioni per sensibilizzare sulla questione dei prigionieri di guerra. E’ una città che sente su di sé il peso della salvezza, il dovere di conservare la libertà e di combattere per chi l’ha persa. Una parte della popolazione è fuggita cercando riparo in altre zone dell’Ucraina o fuori dal paese. Ma qualcuno è arrivato, soprattutto ucraini in fuga dai territori che Mosca ha occupato: molti nuovi abitanti di Zaporizhzhia sono proprio di Mariupol.
Sono di Mariupol le mogli dei soldati che manifestano per ricordare a tutti che i loro mariti hanno combattuto e ora sono in prigionia. Sono di Mariupol i bambini che hanno imparato ad andare nelle scuole sotterranee per continuare a studiare nonostante gli allarmi aerei. Molti hanno trovato una nuova vita e hanno deciso di stabilirsi a Zaporizhzhia in quanto vicina al fronte, vicina alle loro case, a un passato che non vogliono abbandonare. Stare a Zaporizhia è una promessa: torneremo. Mosca ora minaccia la libertà della città, che comunque non è semplice da raggiungere militarmente, infatti adesso intende inserire l’intera regione nelle pretese negoziali. L’obiettivo è mettere fra le richieste il ritiro dei soldati di Kyiv da tutte le regioni che tramite il referendum fasullo del settembre del 2022 la Russia ha annesso illegalmente come parte del suo territorio. Ora si sente di poter andare oltre il Donbas, composto dalle regioni di Donetsk e Luhansk, perché ha capito che non verranno posti ostacoli da parte degli americani. Secondo i russi la Casa Bianca è allineata alle sue richieste: se aveva già accettato la cessione del Donbas da parte degli ucraini, perché non dovrebbe accettare anche la rinuncia di Zaporizhzhia, la città rifugio.