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L'analisi

Il sostegno di Russia e Cina a Maduro non basta. La pressione di Trump

Ani Chkhikvadze

Nonostante il sostegno estero, la posizione del presidente venezuelano nel suo paese è debole. La Casa Bianca sostiene che il rafforzamento militare serva a soffocare il traffico di droga, non a imporre un cambio di regime. Ciononostante, gli obiettivi più ampi di Washington restano poco chiari

Washington. Negli scorsi giorni gli Stati Uniti hanno intensificato la pressione sul governo di Nicolás Maduro, rafforzando il blocco delle petroliere sanzionate e intercettando una terza nave al largo delle coste venezuelane e accusando il regime di utilizzare i proventi del petrolio per finanziare reti illecite. Questa dimostrazione di forza ha suscitato reazioni dure sia a Caracas sia a Mosca. Il Venezuela ha messo le proprie forze armate in stato di allerta, mentre la Russia ha denunciato il rafforzamento militare statunitense, dichiarandosi “pronta” ad assistere il suo storico alleato. Tuttavia, la promessa di sostegno di Mosca arriva in un momento in cui le sue stesse forze armate sono logorate dalla guerra in Ucraina, limitando l’aiuto che può offrire. “Vorrebbero fornire più supporto, ma semplicemente non possono. Non hanno né denaro, né armi, né personale”, dice Douglas Farah, presidente della società di consulenza per la sicurezza nazionale IBI Consultants.

 

Le Forze armate venezuelane sono equipaggiate con armamenti di fabbricazione russa, acquistati negli anni della stretta alleanza tra Hugo Chávez e Vladimir Putin. L’equipaggiamento militare è incentrato soprattutto su sistemi di difesa aerea, oltre a carri armati e aerei da combattimento russi più datati. Tuttavia, questo arsenale si è deteriorato nel tempo. “Putin ha venduto al Venezuela una montagna di ferraglia militare marcia, che nemmeno funziona”, sostiene Vanessa Neumann, diplomatica venezuelano-americana. Inoltre, la Russia offre a Caracas condivisione di intelligence e una certa formazione nella tecnologia dei droni, ma si tratta in gran parte di un sostegno simbolico. “L’influenza russa oggi si concentra soprattutto sui legami in ambito difensivo e di intelligence, che consentono al Cremlino di esercitare leva sulla struttura di comando militare venezuelana”, spiega Nazir El Fakih, non resident fellow dell’Atlantic Council.

 

Come Putin, anche Maduro governa attraverso una repressione sistematica, ricorrendo regolarmente ad arresti arbitrari, sparizioni forzate, torture ed esecuzioni extragiudiziali contro critici, giornalisti e attivisti dell’opposizione. La sopravvivenza di Maduro, come quella del Cremlino, dipende dalla paura, da reti di fedeltà e dalla violenza. Dal 2014 circa, quasi 8 milioni di venezuelani hanno lasciato il paese – circa un quarto della popolazione – dando origine alla più grande crisi migratoria nella storia dell’America Latina.

 

Sul piano internazionale, Caracas riceve sostegno non solo dal Cremlino, ma anche da Cuba, Iran e Cina. Cuba rappresenta l’ossatura del regime: fornisce ufficiali dell’intelligence, consulenti per la sicurezza ed esperienza in sorveglianza e controspionaggio. La Cina mantiene la partnership economica attraverso acquisti di petrolio, prestiti e tecnologie di sorveglianza integrate nell’apparato di sicurezza venezuelano. L’Iran interviene laddove lo stato venezuelano è collassato, fornendo carburante, componenti per le raffinerie e collegamenti di trasporto utili ad aggirare le sanzioni, mentre il suo proxy Hezbollah utilizza il territorio venezuelano per reti di finanziamento. “Facilitando il rilascio di passaporti, consentendo a personale legato a Hezbollah di muoversi in America Latina, raccogliere fondi e così via”, spiega David Daoud, senior fellow della Foundation for Defense of Democracies.

 

Nonostante il sostegno estero, la posizione di Maduro all’interno del Venezuela è debole. L’opposizione sostiene che, in elezioni libere, Maduro faticherebbe a ottenere anche solo il dieci per cento dei consensi, e che l’ideologia bolivariana rivoluzionaria su cui si fondava il suo potere è ormai collassata. Il chavismo è morto insieme a Chávez. Tuttavia, rimuovere Maduro dal palazzo di Miraflores non significa smantellare il regime. “Non è nemmeno la persona più potente del Venezuela. E’ solo un arbitro”, afferma Farah. Il vero potere è detenuto da una ristretta cerchia di insider. Tra questi figurano Diosdado Cabello, ex ufficiale militare da tempo considerato il principale esecutore politico del regime; Delcy Rodríguez, vicepresidente che supervisiona le principali reti finanziarie che tengono a galla il governo; e il ministro della Difesa Vladimir Padrino López, che mantiene un saldo controllo sulle Forze armate. “Non puoi lasciare indietro Diosdado e Delcy. Così non risolvi il problema. Continueranno a gestire il Cartel de los Soles e il sistema di finanziamento internazionale che li mantiene al potere”, afferma Neumann.

 

La Casa Bianca sostiene che il rafforzamento militare serva a soffocare il traffico di droga, non a imporre un cambio di regime. I proventi del narcotraffico e del petrolio sono centrali per la sopravvivenza del sistema di Maduro. Ciononostante, gli obiettivi più ampi di Washington restano poco chiari. “Gli Stati Uniti si rifiutano di andare oltre perché sperano che la pressione e il dispiegamento nei Caraibi siano sufficienti a far capire a Maduro che per lui è meglio lasciare l’incarico”, osserva El Fakih. Ma Maduro ha già visto questo film. Durante il primo mandato di Trump, è sopravvissuto alla pressione e alle sanzioni statunitensi, aspettando che il presidente americano facesse il suo corso. E’ probabile che tenti di fare lo stesso ancora una volta.

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