Persecuzione a uso domestico
Le bombe di Trump in Nigeria per calmare i Maga evangelici
Più che la difesa dei cristiani massacrati da Boko Haram, nell'intervento degli Stati Uniti contro i jihadisti nel paese subsahariano pesano banali questioni di politica interna. Le parole del Papa
“Stasera, su mia indicazione in qualità di Comandante in Capo, gli Stati Uniti hanno sferrato un attacco potente e letale contro la feccia terroristica dell’Isis nel nord-ovest della Nigeria, che ha preso di mira e ucciso brutalmente principalmente cristiani innocenti, a livelli che non si vedevano da molti anni, persino da secoli”, ha scritto su Truth il presidente Donald Trump confermando i raid compiuti la sera di Natale nel paese subsahariano. Trump aveva lanciato una sorta di ultimatum, settimane fa, chiedendo che i miliziani jihadisti si fermassero prima di scatenare l’ira armata di Washington. Il governo nigeriano smentì le ricostruzioni, sostenendo che non vi fosse alcuna mattanza di cristiani in corso e che quanto detto da Trump era “una falsificazione della realtà”. Il senatore Ted Cruz, cristiano evangelico, scrisse su X che “dal 2009, oltre cinquantamila cristiani in Nigeria sono stati massacrati e oltre diciottomila chiese e duemila scuole cristiane sono state distrutte”.
Cruz, che parlò di persecuzione e non di genocidio, accusò direttamente il governo nigeriano di “facilitare l’omicidio di massa dei cristiani da parte dei jihadisti islamici”. Sono ragioni interne quelle hanno portato Trump a prendere a cuore la causa dei cristiani perseguitati in Nigeria: in calo nei sondaggi e con parte del suo elettorato – quello Maga – in ebollizione per gli sviluppi dell’affaire Epstein, ha scelto di puntare sull’elemento “religioso” per risalire la china. E il tema della libertà religiosa nell’Africa subsahariana è da sempre considerata una priorità per gli evangelici americani, come dimostrano appunto la recente presa di posizione di Cruz e quella più datata di Charlie Kirk, il quale scrisse sui social che “negli ultimi 15 anni in Nigeria 125.000 cristiani sono stati assassinati e 19.000 chiese sono state distrutte dai musulmani”. Tutto a prescindere dai numeri verificati e verificabili.
Considerato il lasso di tempo relativamente lungo in cui i cristiani sono vittime degli attacchi condotti principalmente da Boko Haram e dai gruppi di pastori fulani che si spostano in cerca di pascoli fertili per le mandrie, è impossibile avere numeri esatti di rapiti e assassinati. Aiuto alla Che soffre stima che nella sola diocesi di Maiduguri i cristiani assassinati siano stati cinquemila negli ultimi sedici anni. Per OpenDoors, tra il 2023 e il 2024, i cristiani assassinati in Nigeria “per ragioni legate alla fede, incluse le sentenze capitali” sono circa novemila. Ancor più complicato, però, è stabilire se gli omicidi siano commessi o no in odio alla fede. Una fotografia di quanto avviene l’ha fornita Aiuto alla Chiesa che soffre nel suo ultimo rapporto sullo stato della libertà religiosa. Alla voce “Nigeria” si legge che “il jihadismo funziona come mezzo di ascesa sociale simbolica e come strumento di vendetta intraetnica” e nel paese gli scontri “si sono trasformati in violenze sistematiche vanno oltre le tradizionali dispute rurali per la terra e l’acqua” tanto da poter parlare di una “campagna di pulizia etnica e religiosa”. Che l’elemento religioso incida è evidente, così come è acclarato il fatto che a morire siano anche musulmani. Ridurre però gli eccidi di massa e i rapimenti a conseguenze dovute all’emergenza climatica che priva i fulani di pascoli appare superficiale. La Nigeria, sottolinea il Pew Research Center, è l’unico paese che figura contemporaneamente tra i dieci paesi musulmani più popolosi al mondo e tra quelli cristiani. Un equilibrio destinato a rompersi al primo dissidio. Ieri, al termine dell’Angelus di Santo Stefano, il primo martire, il Papa ha invocato “la sua intercessione perché renda forte la nostra fede e sostenga le comunità che maggiormente soffrono per la loro testimonianza cristiana”.