Screenshot dal video su YouTube "URGENT : coup d'état annoncé au Bénin, Patrice Talon arrêtè"
fucile e tv
Il tentato golpe in Benin e un'Africa occidentale che ribolle
Otto militari tentano di rovesciare Talon, ma l’intervento di Tinubu – con caccia nigeriani e il sostegno Ecowas – ristabilisce l’ordine. Un segnale in un’Africa occidentale segnata da nove golpe dal 2020 e dalla crescente influenza russa
Non tutta l’Africa sul fronte dei golpe è Mali: c’è anche Benin! Battuta probabilmente dozzinale, ma ha il pregio di fotografare effettivamente gli ultimi sviluppi nel Continente. Ex-colonia francese, dal 1972 al 1990 il Benin ebbe un regime comunista che nel 1975 impose l’attuale nome al posto di quello precedente di Dahomey. Non per una rivoluzione, ma per un golpe di militari che decisero di adottare un tipo di ideologia che allora nel Terzo Mondo era di moda, per poi tornare a un modello occidentale dopo il collasso dell’’Urss. Ma la Russia di Putin è ora tornata a essere un modello e un amico per molti militari africani, anche per via della crescente minaccia di gruppi jihadisti rispetto ai quali l’aiuto occidentale è considerato insufficiente. Specie se collegato soprattutto a una Francia rispetto alla quale restano risentimenti come ex-paese colonizzatore.
È stato appunto domenica che un gruppo di otto soldati in tuta mimetica, con l’elmetto in testa e il fucile a tracolla, si sono presentarti davanti alle telecamere della Tv di stato, dichiarando: “Il signor Patrice Talon viene rimosso dall'incarico di Presidente della Repubblica”. I militari, guidati dal tenente colonnello Pascal Tigri, si sono definiti “Commissione militare per la rifondazione” e hanno motivato la loro azione appunto con il “continuo deterioramento della situazione della sicurezza nel nord del Benin”, regione colpita da attacchi attribuiti a miliziani jihadisti. I ribelli hanno anche criticato i tagli all’assistenza sanitaria, tra cui la cancellazione della dialisi renale finanziata dallo stato, e gli aumenti delle tasse.
Il governo del Benin ha replicato immediatamente, sostenendo che il tentativo era stato “sventato”, e garantendo a Afp che si era trattato solo di un “piccolo gruppo di persone” con accesso esclusivo alla televisione, ma l'esercito regolare stava riprendendo il controllo e il presidente era al sicuro. Si è poi riferito di una decina di militari arrestati. In serata lo stesso Talon ha parlato in tv. Facoltoso imprenditore noto come “re del cotone” che ad aprile dovrebbe lasciare la presidenza dopo due mandati, ha assicurato: “La situazione è completamente sotto controllo e pertanto vi invito a riprendere le vostre attività con calma a partire da questa sera stessa”.
In effetti, sembra che a decidere il fallimento del golpe sia stato l’intervento della Nigeria: potenza regionale che si è proclamata garante della democrazia contro il golpe, anche se in effetti non sempre riesce ad agire, e se comunque è a sua volta accusata da Trump di non riuscire a tutelare i propri cristiani. Su richiesta urgente del governo del Benin, il Presidente nigeriano Bola Tinubu ha infatti agito in base al protocollo della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas nella sigla in inglese e Cedeao in quella in francese) sulla democrazia e il buon governo. Tinubu ha quindi ordinato ai caccia dell'aeronautica militare nigeriana di entrare nel paese e di prendere il controllo dello spazio aereo per aiutare a sloggiare i golpisti dalla televisione nazionale e da un campo militare dove si erano raggruppati.
Appunto, il tentativo di golpe si inserisce in una serie di colpi di stato avvenuti negli ultimi anni in Africa occidentale: non solo dei francofoni Mali, Niger, Burkina Faso e Guinea, ma anche nella lusofona Guinea-Bissau. E l’Ecowas ha subito annunciato il dispiegamento di truppe da Nigeria, Sierra Leone, Costa d'Avorio e Ghana per “sostenere il governo e l'esercito repubblicano del Benin al fine di preservare l'ordine costituzionale e l'integrità territoriale della Repubblica del Benin”. Anche l'Unione Africana ha condannato “fermamente e inequivocabilmente” il tentativo, esortando i soldati a tornare nelle loro caserme. A sua volta, l'Unione europea ha condannato “fermamente il tentativo di destabilizzare le istituzioni e il governo democratico del Benin” e ha richiesto il rispetto dell'ordine costituzionale. Secondo il canale X Defense News Nigeria, la mossa di Abuja di far decollare i caccia partiti da Lagos è stata sostenuta dalla Francia di Emmanuel Macron. Dopo il tramonto della Françafrique, il Benin è uno degli ultimi brandelli di influenza occidentale in Africa e la Nigeria se ne è fatta garante contro la diffusione delle tentazioni golpiste.
Il Mali, invece, è stato definito “una spina nel fianco di Macron”. Anch’esso ex-colonia francese in Africa Occidentale, indipendente dal 1960, è musulmana al 92 per cento: in Nigeria il rapporto tra musulmani e cristiani è di circa metà e metà della popolazione; mentre il Benin è metà cristiano, un quarto musulmano e un quarto animista e vudu. Al nord del Mali è però importante la presenza del gruppo etnico tuareg, anche se non arriva al 2 per cento della popolazione complessiva. E dal 2012 i Tuareg hanno ricominciato una rivolta indipendentista in alleanza con gruppi jihadisti, mentre al sud si succedevano i colpi di stato. Minacciata la stessa capitale Bamako, il governo ottenne il soccorso di truppe francesi, arrivarono 4000 militari, e il 16 luglio 2014 fu firmato un trattato di cooperazione in materia di difesa, in seguito al quale i militari francesi crebbero a 5100. Bisogna però ricordare che dopo l’indipendenza il Paese era rimasto a lungo filo-sovietico, per riavvicinarsi all’Occidente solo con lo sfasciarsi dell’Urss.
All'inizio, le forze francesi furono accolte calorosamente, ma poi i rapporti un po’ per volta si deteriorarono, mentre il numero degli attentati terroristi aumentava. Accusata Parigi di inefficienza, nell’opinione pubblica maliana e comunque tra i militari crebbe l’insoddisfazione, con l’idea di tornare a rivolgersi a Mosca, con suo nuovo strumento della Wagner. Nel febbraio 2020 l’ambasciatore maliano a Parigi denunciò “comportamenti inappropriati” da parte dei militari transalpini. Il governo lo sconfessò, ma in seguito ai golpe del 2020 e 2021 Macron decise comunque di sganciarsi, dopo il fallimento di un estremo tentativo di dialogo. In particolare, dopo che nel giugno 2021 la cooperazione militare era stata sospesa nel dicembre 2021 fu annunciato un viaggio del presidente francese a Bamako, però poi annullato. Ufficialmente, per una ripresa del Covid. Ma la giunta militare di Bamako si arrabbiò, e lo accusò di neo-colonialismo. Il 31 gennaio 2022 fu chiesto all'ambasciatore francese di lasciare il Mali. Il 18 febbraio, alla Francia fu chiesto di “ritirare senza indugio” i propri militari, e nel marzo 2022 i media francesi Radio France Internationale e France 24 furono banditi dalla giunta dopo aver denunciato il coinvolgimento dell'esercito maliano e del gruppo Wagner nell'uccisione di civili. In particolare, nel marzo 2022 vi fu la strage di Moura: almeno 500 persone uccise in una operazione che si svolse in un villaggio di quella regione di Mopti che rappresenta la cerniera tra il nord e il sud del Paese africano. Durò cinque giorni, nel marzo del 2022, e rappresenta il peggior massacro compiuto dalla Wagner al di fuori dell'Ucraina.
Nel febbraio del 2023 il nuovo corso è stato sancito con una visita di Lavrov in Mali, e di recente è stato annunciato un importante programma di cooperazione con la Russia in campo universitario. Ma il risultato è stato anche l’arrivo di consiglieri e forze speciali ucraini al fianco dei Tuareg, che hanno così inferto a governativi e Wagner alcuni colpi durissimi. In questo momento ci sono oltre una ventina di stranieri in ostaggio dei jihadisti maliani, che stanno sottoponendo la capitale Bamako a un vero e proprio assedio. Un rapporto semestrale dall’ottobre 2024 al marzo 2025 sulle violazioni dei diritti umani nell’Azawad/Nord Mali ha registrato 236 incidenti e 2926 violazioni dei diritti umani e diritto umanitario internazionale: 355 morti in massacri e esecuzioni, 191 casi di trattamenti inumani e attacchi di droni 304 sequestri e sparizioni forzate, 2076 saccheggi e distruzioni. 216 incidenti sono stati attribuiti a forze armate e miliziani russi, con l’Afrika Korps che ha preso il posto della Wagner.
Se fosse riuscito, quello in Benin sarebbe stato il decimo colpo di stato in Africa occidentale e centrale dal 2020. Dopo, nell’ordine, il Mali il 18-19 agosto 2020 e di nuovo il 24 maggio 2021; il Ciad il 20 aprile 2021; la Guinea il 5 settembre 2021; il Sudan il 25 ottobre 2021; il Burkina Faso il 30 settembre 2022; il Niger il 26-28 luglio 2023. Tutti Paesi francofoni, a parte il Sudan, dove poi si è acceso l'ulteriore dramma della guerra civile tra fazioni militari. La Nigeria ha pure minacciato interventi per ristabilire la democrazia, e le tre giunte militari di Niger. Mali e Burkina Faso hanno risposto stipulando il 16 settembre 2023 un’alleanza formalizzata il 6 luglio 2024 come Alleanza degli Stati del Sahel. E nel marzo scorso i tre governi sono usciti dall’Organizzazione Internazionale della Francofonia. In Burkina Faso la giunta militare ha appena annunciato che reintrodurrà la pena di morte. Il disegno di legge di riforma del codice penale, presentato dal regime militare burkinabé, criminalizza anche “la promozione e la pratica dell'omosessualità”. La pena capitale non veniva applicata nel paese dalla fine degli anni '80.
Il 30 agosto 2023 c’è stato poi il golpe in Gabon, pure francofono, ma in Africa Equatoriale, e in realtà senza rischi jihadisti. La dozzina di militari appartenenti alla Guardia Repubblicana, all'esercito e alla polizia che quella mattina sono apparsi sul canale tv pubblico Gabon 24, annunciando la deposizione del presidente Ali Bongo Ondimba, hanno agito in un quadro di deficit democratico, indicato dalla constatazione che in 63 anni di indipendenza aveva avuto fino ad allora solo tre presidenti: padre e figlio negli ultimi 56.
Le elezioni del 26 agosto erano state tacciate dall’opposizione di pesanti brogli. La giunta militare non ha montato polemiche anti-francesi, e ha organizzato nuove elezioni. Vero che al voto dello scorso 12 aprile il presidente di transizione uscente Brice Clotaire Oligui Nguema è stato confermato con un 94,85 per cento dei voti che non sembra esattamente un segnale di normalità democratica.
Infine, il 27 novembre c’era stato il golpe nella lusofona Guinea-Bissau. “Il paese è sotto il controllo totale dell’esercito” hanno annunciato i militari dopo avere arrestato il presidente e chiuso le frontiere, proprio mentre i cittadini aspettavano i risultati ufficiali delle elezioni generali di domenica 23 novembre. In Guinea-Bissau non esiste al momento una minaccia jihadista, ma l’opposizione accusa i golpisti di essere in contatto con interessi del narcotraffico. E si è parlato anche di un golpe fake.
Il corporativismo di Roma e Madrid
Le nostre “toghe rosse” difendono il Procuratore di Sánchez condannato dai giudici