Vladimir Putin in visita al grattacielo Lakhta Center, il quartier generale del monopolio russo del gas Gazprom a San Pietroburgo (foto LaPresse)
l'intervista
Bruxelles vuole chiudere definitivamente con il gas russo: a che punto siamo e cosa cambia per l'Italia
L'Unione europea è pronta ad affrancarsi dalle importazioni energetiche di Mosca vietandole dal 2027, ma resta l'incertezza sui prezzi. "Il nostro paese ha diversificato tanto. Ma sul medio e lungo periodo si rischiano rincari", dice Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi
Bruxelles ha deciso: niente più gas russo dal 2027. Lo si legge chiaramente nell’accordo provvisorio raggiunto ieri dal Parlamento europeo e dal Consiglio, per fermare “in modo efficace e permanente l'importazione di gas russo”, oltre che del petrolio. Agli stati membri la scelta di quale strada percorrere a tale scopo. Entro il prossimo marzo i governi dovranno presentare il loro piano nazionale di diversificazione. Per l’Italia, però, non cambierà quasi nulla. “Ormai dalla Russia non importiamo quasi più gas – dice al Foglio Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi – Via gasdotto la quota è zero, mentre rimane ancora una piccola percentuale di gas naturale liquefatto, impossibile da quantificare”. Come si vede dal grafico sotto, dall'inizio della guerra a oggi le importazioni dalla Russia in Italia sono praticamente crollate: “Prima dell’invasione invece metà del nostro fabbisogno proveniva da lì”, sottolinea Villa.
Lo sforzo dell'Italia per affrancarsi dalla Russia è stato importante. Come si nota da quest'altro grafico, dal 2023 a oggi il nostro paese ha via via aumentato le quote fornite dall'Algeria, ma anche l'Azerbaigian tramite il Tap. Il Gnl arriva invece da Qatar, Stati Uniti e altri paesi più marginali.
Diversa è la situazione a livello europeo. Nel 2025 le importazioni di petrolio sono scese al di sotto del 3 per cento, si nota nel documento di presentazione del piano, ma il gas russo rappresenta ancora circa il 13 per cento delle importazioni dell’Ue quest’anno, per un valore di oltre 15 miliardi di euro. Sulla carta, però, il piano escogitato da Bruxelles apre scenari di rischio non trascurabili. “Mai più gas russo vuol dire mai più gas a basso costo. In futuro potremmo non vedere più quei livelli di prezzo così bassi legati al gas russo, e questo potrebbe generare problemi di competitività per le nostre imprese”, dice Villa.
La notizia buona è che attualmente siamo in uno scenario di forte offerta di gas naturale da altre parti del mondo. “Non sarà difficile trovare a prezzi simili a quelli odierni il gas che ci serve. L’incognita, però, è sul medio e lungo periodo”, osserva il ricercatore. Se infatti la sovrabbondanza di gas dovesse ridursi, il prezzo ricomincerà a salire, e il gas russo continuerà a fare gola ai nostri operatori. “Questo rischia di creare tensioni politiche importanti, dato che l’Ue potrebbe essere incolpata dell’aumento dei prezzi proprio a causa dello stop al gas russo”. Per alcuni stati membri infatti sarà più difficile di altri diversificare. Ungheria e Slovacchia sono ancora enormemente legate al gas russo. Tanto che il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha immediatamente annunciato ricorso. “È giusto immaginare di affrancarci dal gas russo. Ma in un futuro in cui non ci sarà più Putin, quel gas potrebbe ritornare appetibile. E un passo indietro da parte dell’Ue sarebbe una figuraccia”, commenta il ricercatore. Se sul gas abbiamo abbastanza partner, diverso è per il petrolio: “Tranne Ungheria e Slovacchia, l’Ue non importa più il greggio russo, ma il petrolio raffinato è ai livelli di prima: semplicemente fa un giro diverso, dalla Russia arriva in India, che lo compra a sconto, e da lì poi viene venduto in Ue”.
Nonostante i rischi, abbandonare le fonti fossili russe resta una scelta strategica per colpire Mosca. “Nel 2022 la Russia ha superato i 370 miliardi di dollari entrate da petrolio e gas. Sul solo gas le entrate per loro sono addirittura raddoppiate, perché ci davano un terzo del gas a un prezzo aumentato di sei volte. Oggi con grande sforzo siamo riusciti a comprimere le entrate russe ben sotto quel livello, intorno ai 210 miliardi. Ancora troppo, ma per un gigante energetico che deve finanziare una guerra è una bella batosta. La quota di entrate economiche proveniente dalle nostre importazioni è una piccola parte del totale, ma è l’unico fronte energetico su cui possiamo ancora incidere”, chiosa il ricercatore.