Intrecci commerciali
Macron vola in Cina, Wang Yi a Mosca
La missione del presidente francese a Pechino, senza l'Ue al suo fianco, arriva tra equilibri delicati, tentativi di riavvicinamento economico e una leadership cinese che vuole mostrarsi sempre più vicina a Mosca – nel giorno di Witkoff e Kushner non a caso
Inizia oggi il quarto e complicatissimo viaggio in Cina del presidente francese Emmanuel Macron, che questa volta non sarà accompagnato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Negli ultimi incontri con la leadership di Pechino, Macron aveva voluto dare un segnale di collettività nelle relazioni con la Cina coinvolgendo l’Ue, ma stavolta dovrà cavarsela da solo: secondo alcuni pettegolezzi, in questo momento von der Leyen è considerata troppo intransigente con Pechino, e il presidente francese, pur avendo mantenuto una posizione molto dura sul piano della sicurezza, è in cerca di collaborazione bilaterale, che quasi sempre significa: commercio. Anche il primo ministro inglese Keir Starmer l’altro ieri ha spiegato la sua linea sulla Cina: ha detto che Pechino “pone alcune minacce sulla sicurezza nazionale”, ma che per troppo tempo il rapporto con Londra è oscillato “tra caldo e freddo”, e che “se adottiamo misure rigorose per proteggerci, ci mettiamo anche nelle condizioni di cooperare in altri ambiti”. L’equilibrismo dei leader occidentali che cercano una terza via tra “l’abbraccio del panda” e il cosiddetto disaccoppiamento è dibattito antico.
Come al solito, però, è la Repubblica popolare che con tempestività spiega con i fatti la propria posizione nel mondo. Neanche due giorni dopo aver ricevuto a Parigi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, oggi Macron sarà accolto nella Grande sala del Popolo, in Piazza Tiananmen a Pechino. Poi con il leader cinese Xi Jinping andrà a Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan, per una riunione meno formale, come aveva fatto Macron lo scorso anno portandolo al Colle del Tourmalet, sui Pirenei. L’Ucraina – e il sostegno di Pechino alla Russia di Putin – sarà al centro della discussione, ma la missione diplomatica solitaria di Macron fa pensare che i rapporti bilaterali saranno una priorità, tra il riequilibrio commerciale e l’importanza degli investimenti cinesi in Francia. Il presidente francese era stato tra i pochi, il mese scorso, a parlare per la prima volta esplicitamente dell’attivazione del Meccanismo anti coercizione di cui è dotata la Commissione europea ma che non è stato usato contro il ricatto nelle esportazioni di terre rare verso l’Europa da parte della Cina. Non solo: lo scorso anno Pechino aveva risposto ai dazi europei contro i veicoli elettrici cinesi – accusati di fare concorrenza sleale – imponendo dazi reciproci anche sulle importazioni di cognac dalla Francia, poi negoziati e ritirati. C’è uno strano riavvicinamento fra Pechino e l’Europa che qualche analista definisce “fatalismo”: ieri la Commissione europea ha deciso di ritirare il caso avviato nel 2022 all’Organizzazione mondiale del commercio contro la Cina per le restrizioni commerciali applicate ai prodotti lituani dopo che Vilnius aveva chiamato “di Taiwan”, invece che “di Taipei”, un ufficio diplomatico taiwanese. Per una dichiarazione su Taiwan della premier Sanae Takaichi, il Giappone sta subendo un attacco politico, economico e propagandistico gigantesco – segnale che il metodo di Pechino è sempre lo stesso.
Ma è sulla guerra della Russia contro l’Ucraina che le speranze di negoziato degli europei con la Cina si infrangono quotidianamente. Mentre oggi Macron arriva a Pechino, ieri a Mosca, oltre all’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff, c’era anche il ministro degli Esteri cinese Wang Yi per delle “consultazioni sulla sicurezza strategica e la cooperazione militare” con il segretario del Consiglio di sicurezza russo Sergei Shoigu e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Wang ha fatto riferimento ai colloqui con gli americani sottolineando come il giorno fosse “particolarmente intenso e significativo”, ma che il tempo a lui dedicato dai russi dimostrerebbe il grado d’importanza assegnato alla loro alleanza – un messaggio anche a Washington, e alla presunta strategia dell’Amministrazione Trump di dividere l’asse russo-cinese corteggiando il Cremlino. Poche ore prima, il presidente della Federazione russa Vladimir Putin aveva firmato un decreto per sospendere l’obbligo dei visti ai cittadini cinesi, una misura celebrata dai media cinesi. Ma c’è di più, perché se l’intelligence ucraina accusa spesso Pechino di essere una potenza ben poco neutrale, e che anzi sostiene lo sforzo bellico di Putin, le notizie verificate indipendentemente che corroborano questa tesi sono molte. Solo tre giorni fa il Financial Times, che ha messo le mani sui documenti ufficiali russi datati settembre 2025, ha rivelato che l’uomo d’affari cinese Wang Dinghua, proprietario della società di componenti per droni Minghuaxin con sede a Shenzhen, ha acquisito una quota del cinque per cento in Rustakt, uno dei maggiori produttori di droni russi i cui velivoli sono ampiamente utilizzati negli attacchi contro le forze ucraine.