Un carroarmato israeliano entra nella buffer zone vicino a Quneitra, in Siria (foto Ansa)
territori contesi
Gli americani richiamano Netanyahu per gli attacchi in Siria. "Vede fantasmi ovunque"
“Non è il Libano, vogliono la pace”, dicono gli americani in risposta agli sconfinamenti a Quneitra. Bibi risponde: "Un accordo è possibile, ma devono ritirarsi da Damasco al Golan"
La pervicacia con cui Benjamin Netanyahu vuole smantellare qualsiasi minaccia si adombri oltre il Golan, in pieno territorio siriano, ha raggiunto quota cento attacchi in un mese, più che raddoppiati rispetto a qualche mese fa. Dalla settimana scorsa, i raid dell’Idf hanno aumentato intensità e frequenza e hanno preso di mira la provincia siriana di Quneitra, con attacchi di terra e colpi di artiglieria. La ragione dell’escalation è nell’urgenza di estirpare una cellula di terroristi di al Jama’a al Islamiyya, un gruppo di estremisti vicino a Hamas e Hezbollah. A Beit Jinn, gli uomini della 55esima brigata hanno catturato tre persone – poi rilasciandone una – ma nello scontro a fuoco ne hanno uccise 13, tra cui tre donne e due bambini. I raid israeliani sono continuati fino a ieri, finché non è arrivato l’avvertimento di Donald Trump: “E’ molto importante che Israele mantenga un forte e vero dialogo con la Siria e che non intraprenda nessuna azione che interferisca con l’evoluzione siriana verso uno stato prospero”, ha scritto il presidente americano su Truth. Poco dopo, ha telefonato a Netanyahu, l’ha invitato per la quinta volta in pochi mesi a tornare in visita alla Casa Bianca ma ha evitato di rinnovare il suo avvertimento riguardo alla Siria.
Gli Stati Uniti però ritengono ingiustificata la politica del pugno duro dello stato ebraico nei confronti di Ahmed al Sharaa. Il presidente siriano “sta lavorando in modo diligente per fare sì che le cose succedano e affinché sia la Siria sia Israele abbiano una lunga e prospera relazione”, ha aggiunto Trump sul suo social network. “Gli Stati Uniti faranno di tutto in loro potere per assicurarsi che la Siria continui a fare quello che serve” per risollevarsi dalla guerra. In sostanza, Damasco resta una linea invalicabile per gli americani. “La Siria non è il Libano”, ha sintetizzato un funzionario degli Stati Uniti ad Axios, “cerca di non avere problemi con Israele. Ma Bibi vede fantasmi ovunque”. Secondo gli americani, il premier rischia “di perdere un’enorme opportunità diplomatica e di trasformare la Siria in un nemico”. Domenica, il Comando centrale americano (Centcom) aveva diffuso un comunicato su un’operazione congiunta condotta con il ministero dell’Interno di Damasco che aveva portato a sgominare 15 depositi di armi dell’Isis. Per gli americani, sono tutte dimostrazioni della buona volontà di al Sharaa, che il mese scorso con la sua visita alla Casa Bianca ha sancito la partecipazione dei suoi uomini nella coalizione internazionale contro lo Stato islamico. Ieri, l’Isis ha anche rivendicato il suo primo attentato contro le forze regolari siriane, uccidendo un militare vicino Idlib, nel nord-ovest del paese.
Se al Sharaa è in guerra aperta contro i terroristi, Netanyahu continua comunque a non fidarsi e non fa mistero delle sue perplessità sul tentativo americano di trasformare il presidente siriano in un interlocutore affidabile. Secondo le indiscrezioni raccolte dalla stampa israeliana, quando al Sharaa è stato accolto da Trump alla Casa Bianca, Netanyahu avrebbe reagito con sdegno. La sua posizione avversa alla rimozione delle sanzioni economiche contro la Siria è nota e, nonostante gli sforzi intrapresi da Tom Barrack, l’inviato speciale degli Stati Uniti in Siria, i negoziati per trovare un accordo sulla base della zona demilitarizzata sancita nel 1974 sul Golan sono in stallo. Barrack aveva incontrato al Sharaa lunedì e il giorno dopo aveva visto i rappresentanti di Israele, ma negoziare mentre sullo sfondo risuonano i cannoni dell’artiglieria con sconfinamenti oltre il monte Hermon, il limite geografico fra Siria e Israele, è complicato. “Con buona volontà e comprensione di alcuni princìpi un accordo con i siriani è possibile”, ha detto ieri Netanyahu, ma questi “princìpi” sembrano difficili da recepire per i siriani. “Ciò che che ci aspettiamo da loro è che demilitarizzino l’area che va da Damasco alla zona cuscinetto, fino alla vetta del monte Hermon. Controlliamo queste aree per la sicurezza di Israele”. Le operazioni di terra dell’Idf e la creazione di check point tra un villaggio siriano e l’altro sul modello di quanto avviene già in Cisgiordania, puntano a frammentare il territorio fra Quneitra, Daraa, Suwayda e Hermon in modo da rendere impossibile per Damasco esercitare alcuna forma di controllo a ridosso del Golan.
Al Sharaa intanto rinnova gli appelli alla moderazione: “Pazienza e valutazione realistica sono essenziali; cerchiamo pace, sicurezza e stabilità”, ha detto. “Usiamo diplomazia e negoziati per proteggere il nostro territorio e prevenire interferenze esterne”.