Così la Nato si prepara a rispondere in modo più attivo alla guerra ibrida di Mosca
L’escalation russa spinge l’Alleanza oltre la semplice difesa, tra nuovi limiti legali e pressioni politiche
La portavoce del ministero degli Esteri del Cremlino, Maria Zakharova, ha detto che la Nato sta “minando gli sforzi per risolvere la crisi in Ucraina”. Il commento era alle parole del capo del comitato militare della Nato, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che al Financial Times ha detto che l’Alleanza sta valutando di essere più “aggressiva” in risposta alle azioni di guerra ibrida della Russia. “Un attacco preventivo potrebbe essere considerato un’azione difensiva”, ha detto Cavo Dragone: “E’ qualcosa che si allontana ulteriormente dal nostro normale modo di pensare e di comportarci”. Ma questo cambio di paradigma nella difesa sia europea sia della Nato si sta facendo sempre più spazio tra i decisori militari e politici, soprattutto dopo l’intensificarsi degli sconfinamenti da parte di droni nello spazio aereo del fianco est della Nato. Il problema restano le regole d’ingaggio, ma al contrario di quel che dice Zakharova, finora l’Europa ha subìto l’escalation ibrida di Mosca senza sapere bene come rispondere.
In un certo senso, anche certe dichiarazioni ufficiali da parte di funzionari della Difesa, sia Nato sia europea, fanno parte di una postura collettiva che sta cambiando nei confronti della Russia, e si sta adattando alle minacce. Secondo fonti del Foglio, l’intervista del Financial Times a Cavo Dragone è stata condotta a ottobre, cioè subito dopo l’escalation di incursioni di droni russi nello spazio aereo di Polonia, paesi baltici, Romania e Danimarca. Il capo militare della Nato ha detto che “essere più aggressivi rispetto all’aggressività della nostra controparte potrebbe essere un’opzione”. Ma se nella guerra informatica essere più assertivi è facile, perché l’occidente ha gli strumenti per reagire, i problemi nascono quando si parla di “quadro giuridico, quadro giurisdizionale, chi lo farà?”, ha detto Cavo Dragone, sottolineando che i membri della Nato hanno, per ovvie ragioni, “molti più limiti della nostra controparte per motivi etici, legali, giurisdizionali”. Eppure qualcosa è già cambiato. Una fonte della Nato, che preferisce restare anonima per la sensibilità dell’argomento, ha detto al Foglio che sebbene la Nato “è e rimane un’alleanza difensiva, allo stesso tempo restiamo vigili e continuiamo ad adattarci alle minacce ibride e informatiche che prendono di mira le popolazioni alleate”. Dunque essere più attivi, piuttosto che rispondere e basta, funziona da deterrente: “A giugno, al vertice dell’Aia, gli alleati hanno approvato una versione aggiornata della strategia Nato per contrastare le minacce ibride, e hanno anche deciso di investire in nuove capacità per affrontare queste sfide”. Già la scorsa settimana, una lunga indagine pubblicata su Politico, basata su cinque diverse fonti, spiegava che le idee sul tavolo “vanno da operazioni informatiche offensive congiunte contro la Russia a una attribuzione più rapida e coordinata degli attacchi ibridi, puntando subito il dito contro Mosca, fino a esercitazioni militari a sorpresa guidate dalla Nato”.
Le parole di Cavo Dragone, insomma, sono in linea con il clima completamente cambiato nelle capitali europee, perfino in Italia, dove il ministro della Difesa Guido Crosetto da tempo parla esplicitamente della minaccia della guerra ibrida – non solo russa – e ha annunciato, tra le altre cose, l’istituzione di un centro per il Contrasto alla guerra ibrida. Oggi sembra più facile immaginare attacchi cyber offensivi, il problema resta nella cosiddetta guerra cognitiva di cui fa parte anche la propaganda – la versione offensiva non può essere creare nuova disinformazione, a proposito di limiti etici che l’occidente non può permettersi: “L’opinione pubblica russa è in parte inaccessibile”, ha detto a Politico un alto ufficiale militare europeo, “dobbiamo lavorare con alleati che conoscono bene il pensiero russo, anche nel campo della guerra informativa”. Un esempio di successo esiste: “Baltic Sentry”, dice la fonte Nato al Foglio, “è un esempio di come l’Alleanza stia rafforzando la deterrenza e rispondendo alle minacce ibride, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture sottomarine nel mar Baltico”. Dopo l’inizio dell’operazione dedicata al rafforzamento della protezione dei cavi sottomarini e degli oleodotti contro i sabotaggi, nel gennaio di quest’anno, i danneggiamenti sottomarini non ci sono più stati. “E continuiamo a lavorare sulle sfide poste dai droni, anche attraverso l’operazione Eastern Sentry”.
“distruzione creativa”
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