Funzionari degli Stati Uniti e dell'Ucraina si incontreranno a Ginevra per discutere del piano di pace (Ansa) 

Da dove parte il negoziato per il futuro di Kyiv. L'incontro a Ginevra

Micol Flammini

La linea degli europei e degli ucraini: non demolire, ma lavorare sui punti presentati dagli americani. Le proposte su sicurezza, asset russi e cessate il fuoco. Mosca si gode lo spettacolo di Trump, tornato ai tempi dell'agguato a Zelensky

Il piano di pace in ventotto punti per far finire la guerra russa in Ucraina ormai esiste e gli ucraini e gli europei hanno scelto non di demolire la proposta americana, scritta in concerto con i funzionari del Cremlino, ma di girarci attorno: modificarla prendendola dai lati. Inutile appigliarsi alle parole che il segretario di stato americano, Marco Rubio, avrebbe detto ad alcuni senatori, confidando che la bozza non rappresentava la posizione americana, ma soltanto il punto di vista russo. Anche Rubio ha smentito queste confidenze e, prima di atterrare a Ginevra, ha invece annunciato che si trattava di un documento americano, una cornice entro cui lavorare per mettere fine alla guerra. Le dichiarazioni sono molte, gli unici a non parlare sono i russi. Dopo aver gettato i ventotto punti sotto i riflettori prima ancora che la diplomazia americana si muovesse con gli europei e gli ucraini e trovasse una linea comune fra Casa Bianca e dipartimento di stato, ora Mosca tace, continua a bombardare l’Ucraina e osserva lo spettacolo di un Donald Trump tornato indietro di otto mesi, alla scena dell’agguato a Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale. Il presidente americano accusa di nuovo l’Ucraina di ingratitudine, ha ripetuto che Zelensky “non ha le carte”.

   

Chiudendo gli occhi e ascoltando soltanto le dichiarazioni sembra di essere tornati al 28 febbraio scorso. I protagonisti sono gli stessi e sembra che le sanzioni alla Russia, le parole su Vladimir Putin, i bombardamenti contro le città ucraine, l’incontro in Alaska siano stati spazzati via dalle memoria del capo della Casa Bianca. E soprattutto pare che mesi di diplomazia europea e di promesse di investimenti nelle fabbriche di armi americane per aiutare l’Ucraina e raggiungere il 5 per cento del pil in Difesa siano finiti nel vuoto. Ieri la diplomazia degli europei è ripartita, i rappresentanti di Francia, Germania, Regno Unito sono andati a Ginevra a incontrare gli ucraini e i funzionari americani: l’emissario Steve Witkoff (coautore dei ventotto punti), il segretario del Pentagono Daniel Driscoll e Rubio. Gli europei hanno portato le loro proposte che consistono in modifiche importanti sulle garanzie di sicurezza da dare all’Ucraina, l’utilizzo degli asset russi e le concessioni territoriali. Gli europei avrebbero ridotto i punti da ventotto a ventiquattro, chiedendo un meccanismo internazionale per il cessate il fuoco, nessuna restrizione all’esercito e all’industria bellica ucraina, accordo di difesa simile all’articolo 5 della Nato anche con gli Stati Uniti, nessuna limitazione all’ingresso di Kyiv nell’Alleanza atlantica se c’è il consenso di tutti i paesi membri, ingresso nell’Ue. Per gli europei le questioni territoriali dovranno essere discusse dopo il cessate il fuoco e partiranno dall’attuale linea del fronte, quindi escludono la cessione dell’intero Donbas. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente finlandese Alexander Stubb hanno parlato al telefono con Trump. Secondo loro il capo della Casa Bianca è disponibile a lavorare sul piano.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)