nel caucaso meridionale
Cosa c'è dietro l'interesse di Trump per la pace tra Armenia e Azerbaigian
Gli accordi di agosto siglati a Washington sono incardinati sulla Trump Route for International Peace and Prosperity, un’arteria commerciale che collegherà Baku con l’exclave di Nakhchivan. Così gli Stati Uniti ostacolerebbero i piani della Nuova Via della Seta cinese, marginalizzando anche Russia e Iran
Il raggiungimento della pace in medio oriente e Asia potrebbe svoltare a seguito della visita del primo ministro saudita Bin Salman alla Casa Bianca. Se Donald Trump riuscisse a includere l’Arabia Saudita negli Accordi di Abramo, la serie di patti bilaterali che normalizzano le relazioni tra Israele e vari stati del mondo arabo, solidificherebbe l’intesa raggiunta quest’estate nel Caucaso meridionale. In quest’ottica, la volontà di Trump di includere l’Azerbaigian ed altre nazioni del centro Asia negli Accordi di Abramo acquisirebbe ancor più rilevanza – un’eventualità che rafforzerebbe la partnership già strategica tra Israele e Azerbaigian nei settori militare ed energetico. Gli accordi di agosto siglati a Washington tra Armenia e Azerbaigian sono incardinati sulla Trump Route for International Peace and Prosperity (Tripp), un’arteria commerciale che collegherà l’Azerbaigian con l’exclave di Nakhchivan attraverso l'Armenia meridionale. L'accordo sembra storico. Promette stabilità tra Armenia e Azerbaigian entro la fine del mandato Trump. Ma un quadro costruito su diplomazia personale e incentivi economici può resistere o è destinato a sgretolarsi a causa di interferenze straniere e della volatilità politica statunitense?
Prima di definire il Tripp, Armenia e Azerbaigian hanno concordato ma non firmato un trattato di pace nel marzo 2025, quando l'intelligence statunitense ha appreso che l'Azerbaigian stava preparando un'incursione militare nell'Armenia meridionale. Secondo Nerses Kopalyan, professore associato di scienze politiche all'Università del Nevada, il presidente azero Aliyev intendeva interrompere lo status quo di stabilità dell'èra Biden, mettendo alla prova la risposta di Trump. Il pretesto era il “Corridoio di Zangezur”, la versione primordiale del Tripp spinta da narrative azere. Il team di Trump ha ribaltato la formula Biden. Come ha detto Kopalyan, “Invece di fare prima la pace e poi gli investimenti, entriamo con gli investimenti come incentivo, li riportiamo alla normalità e poi firmeranno la pace.” Quest’approccio ha formulato il Tripp. Secondo Kopalyan, Baku inizialmente spingeva per il libero accesso di ogni cargo – anche militare – e per il diritto di extraterritorialità sul suolo armeno. Gli americani sono rimasti inflessibili. Il compromesso finale preserva totalmente la sovranità armena, con ispezioni meccaniche e digitalizzate nei punti di ingresso e di uscita dall'Armenia. Nonostante ciò, “Per l'Azerbaigian le richieste sono state soddisfatte”, ha affermato Ahmad Alili, direttore del Caucasus Policy Analysis Center di Baku. Tuttavia, “La chiave del successo risiederà nella creazione di procedure operative standard che definiscano le responsabilità in caso di incidenti.”
L’interesse statunitense per il Caucaso meridionale è aumentato dopo che la Cina ne ha fatto uno snodo cruciale della Nuova Via della Seta. Con la sola sponsorizzazione di un’infrastruttura commerciale, gli Stati Uniti ne ostacolerebbero i piani, marginalizzando Russia e Iran. Il Tripp è un meccanismo a basso costo che non richiede truppe, basi militari, o decine di miliardi di aiuti. Come ha detto Kopalyan, il Tripp permette agli Stati Uniti “di prendere 10 piccioni con una fava”. Secondo Tatevik Hayrapetyan, una storica esperta di studi azeri, la mediazione degli Stati Uniti è stata accolta positivamente dagli armeni, che considerano la presenza americana un deterrente alle offensive azere. Ma Hayrapetyan sottolinea come i prigionieri di guerra tutt’ora detenuti a Baku e la retorica incoerente e talvolta guerrafondaia di Aliyev siano fonte di preoccupazione. Dopo le parole concilianti di Washington in agosto, Aliyev ha citato il “Corridoio di Zangezur” all'assemblea generale dell’Onu il 26 settembre, nonostante non sia mai menzionato negli Accordi, provocando la piccata reazione di Pashinyan, il presidente armeno.
Anche a Baku il quadro di pace è stato accolto con cauto ottimismo, come afferma Alili. Il Tripp concretizza le priorità azere: vie di transito, una chiara demarcazione dei confini e sostegno politico occidentale – senza la presenza di forze straniere sul territorio. Ma l'entusiasmo iniziale si basa su benefici economici, non su una riconciliazione formale. Il che lascia un margine di instabilità. La Russia, un tempo indispensabile mediatore, ha espresso scetticismo attraverso il ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Secondo Alili, “Mosca vede la questione come una perdita di influenza ed è probabile che ne testi i limiti con disturbi calibrati”, che potrebbero assumere la forma di incidenti locali, pressioni indirette o campagne di disinformazione.
La reazione dell’Iran è altrettanto complessa. Come osservato da Alili, le fazioni conservatrici della Repubblica Islamica, che confina con l’Armenia a nord, percepiscono il TRIPP come una contrazione degli importantissimi trasporti su gomma verso la Georgia e il Mar Nero e come una possibile copertura per le attività di intelligence statunitensi. Ma grazie alla correttezza dell’Armenia, che ha sempre mantenuto comunicazioni regolari con Teheran, ha prevalso la linea dei moderati, più pragmatica. La visita di fine agosto del presidente iraniano a Yerevan ha mitigato le preoccupazioni e sancito nuove collaborazioni economiche. Ma gli accordi di Washington vanno ben oltre il Tripp. Gli Stati Uniti hanno firmato dei Memoranda d'intesa con Armenia e Azerbaigian. Per l'Armenia, la partnership è strategica e comprende progetti logistici, sicurezza ai confini, difesa informatica e tecnologia. Un’integrazione nelle filiere industriali statunitensi creerebbe una dipendenza vitale per la sua sicurezza. Per l'Azerbaigian, è un primo passo verso una partnership strategica con Washington.
Il quadro di pace è considerato un'iniziativa credibile: il dipartimento di stato statunitense ha annunciato l’11 settembre un pacchetto di investimenti da 145 milioni di dollari, con la convocazione di gruppi di lavoro prevista entro la fine dell’anno. Gli incentivi economici e il soft power americano potrebbero avere successo dove anni di mediazione europea e russa hanno fallito. “L'ingresso degli Stati Uniti è visto come un punto di svolta”, afferma Alili. Una normalizzazione duratura tra Armenia e Azerbaigian, protetta da interferenze straniere con traguardi sequenziati e finanziamenti, incoronerebbe gli Stati Uniti come attore geopolitico principale nel Caucaso meridionale. “Anche se tra cinque o dieci anni la Russia volesse tornare nella regione, troverebbe un ambiente completamente diverso rispetto al passato”, afferma Kopalyan. Ma se i venti politici statunitensi dovessero cambiare, il Tripp potrebbe appassire prima ancora di mettere radici.
L'editoriale dell'elefantino