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Slogan salati

L'Iran è rimasto senz'acqua e potrebbe richiedere aiuto agli israeliani anziché bombardarli

Giulio Meotti

C'è una terribile crisi idrica nel paese. La colpa è dell'ideologia e dell'odio fanatico della Repubblica islamica per lo stato ebraico. Decenni fa, lo stato ebraico salvò Teheran da una catastrofica rovina dovuta alla cattiva gestione delle risorse idriche. Ma poi la leadership estremista distrusse tutto

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ieri ha dato la colpa ai “sionisti” per la situazione disastrosa del suo paese. Se gli israeliani hanno preso una terra senz’acqua e ora esportano acqua desalinizzata, i venezuelani hanno preso una terra zeppa di petrolio e ora sono senza benzina. Colpa dell’ideologia. Ed è colpa dell’ideologia se l’Iran, circondato d’acqua con il Golfo Persico, il mar dell’Oman e il mar Caspio, non ha più acqua per dissetare il popolo.

 

Se non piove a Teheran entro la fine di novembre, dovremo razionare l’acqua”, ha dichiarato il presidente iraniano Masoud Pezeshkian. “Se continua a non piovere, dovremo evacuare Teheran”. La colpa è dell’odio fanatico della Repubblica islamica per Israele. Decenni fa, lo stato ebraico salvò l’Iran da una catastrofica rovina dovuta alla cattiva gestione delle risorse idriche. Poi, la leadership estremista distrusse tutto. Nel corso della “guerra dei dodici giorni” a giugno, l’Iran ha lanciato contro obiettivi civili israeliani più di 530 missili, alcuni dei quali hanno colpito il Weizmann Institute of Science di Rehovot, che ha subito danni tali da vanificare anni di ricerche. 

 

Il paradosso è che nei primi anni Sessanta, il Weizmann aveva ospitato nei suoi laboratori una delegazione di scienziati iraniani. Erano gli anni di un devastante terremoto in Iran, quando lo Scià Mohammed Reza Pahlavi invitò esperti israeliani a consigliare Teheran sulla modernizzazione delle sue infrastrutture idriche. Come l’Iran, Israele aveva un clima arido e una popolazione in crescita. Ma era riuscito a sviluppare metodi e tecnologie per consentire sia agli agricoltori che agli abitanti delle città di avere tutta l’acqua di cui avevano bisogno.

 

Seth Siegel sul Wall Street Journal di ieri ricordava che così tanti esperti israeliani lavorarono alla ristrutturazione idrica dell’Iran che, alla fine degli anni Sessanta, furono istituite scuole di lingua ebraica per i loro figli in diverse località dell’Iran. In alcune zone, i negozi avevano insegne in ebraico. Alla caduta dello Scià, i sistemi idrici iraniani erano fiorenti. Il paese aveva una pianificazione agricola produttiva incentrata sull’acqua e gli impianti idraulici delle principali città erano stati ristrutturati per ridurre le perdite e diversi impianti di desalinizzazione, tutti progettati, costruiti e gestiti da israeliani in collaborazione con esperti e ingegneri iraniani.

 

Dopo la rivoluzione di Khomeini, gli israeliani se ne andarono e molti ingegneri iraniani che avevano lavorato con loro furono esiliati o uccisi. Gli ayatollah diedero poi alle Guardie della rivoluzione islamica, i garanti ideologici del regime, la gestione dei problemi idrologici dell’Iran, arricchendo la propria leadership con miliardi di dollari. Risultato: dall’inizio della Rivoluzione islamica, 31 mila dei 69 mila villaggi iraniani sono stati abbandonati, con la scarsità d’acqua come fattore determinante.

 

Il Kuwait ha costruito intanto otto impianti di desalinizzazione che forniscono il 93 per cento dell’acqua potabile necessaria ai suoi cinque milioni di abitanti. Gli Emirati Arabi Uniti ne hanno costruiti settanta che forniscono il 42 per cento dell’acqua potabile a undici milioni di persone. L’Arabia Saudita, il più grande produttore mondiale di acqua desalinizzata, ha costruito trenta “super impianti” che forniscono oltre la metà dell’acqua potabile ai suoi 34 milioni di abitanti. Gli impianti di desalinizzazione dell’Iran invece forniscono solo il tre per cento dell’acqua potabile ai suoi 92 milioni di abitanti assetati.

 

L’ideologia non disseta. Israele e l’Unione europea avevano costruito a Deir al Balah, nella Striscia di Gaza, un impianto di desalinizzazione, che Hamas dopo il 7 ottobre ha trasformato in una pista di lancio di missili. Se non hanno più pane, che mangino brioche è la famosa frase falsamente attribuita a Maria Antonietta. La versione iraniana sarebbe: se non hanno più acqua, che bevano slogan.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.