Non solo armi

Che cosa manca alla Difesa dell'Ue, oltre ai missili? Le strade

Giulia Pompili

Bruxelles vuole meno burocrazia e ponti più resistenti per far passare i convogli militari. Oggi prende forma l'idea di una Shengen militare

C’è un settore non secondario della Difesa collettiva che l’Unione europea sta cercando di accelerare. In questa fase di profonda incertezza, legata anche all’inizio del disimpegno militare americano in Europa, oltre all’allarme sugli attacchi ibridi e al tema del riarmo, una delle questioni più importanti da affrontare riguarda i movimenti e la logistica delle Forze armate dentro all’Ue. Perché “la circolazione rapida di mezzi e truppe è importante tanto quanto il possedere gli stessi mezzi”, dice un funzionario della Difesa italiana al Foglio. E’ per questo che oggi la Commissione europea presenterà le proposte contenute nel prossimo pacchetto sulla Mobilità militare: si tratta di una cornice,  potenzialmente migliorabile, che servirà a velocizzare gli spostamenti di uomini e mezzi e che mira a “istituire un’area di mobilità militare” entro il 2027, come primo passo verso la cosiddetta “Schengen militare”. L’urgenza è concreta: secondo i dati della Commissione, per spostare un contingente dalla costa atlantica alla frontiera con l’Ucraina oggi, servono almeno 45 giorni.

 

 

Per avere prontezza, e quindi per esercitare deterrenza, bisogna far scendere il tempo di trasferimento a tre, massimo cinque giorni. Della Schengen militare, cioè di creare un’area in cui i mezzi armati e i soldati possano muoversi liberamente e in sicurezza, senza lungaggini burocratiche, si parla almeno dal 2017, quando era stata definita una priorità anche dalla Nato. Prima della pandemia da Covid-19 il Center for European Policy Analysis (Cepa) aveva lanciato un progetto per lo studio delle priorità che si era tradotto in un rapporto pubblicato poco prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia. Il documento iniziava con un incidente che oggi è considerato un caso di scuola: nel 2017, alcuni veicoli corazzati da combattimento Bradley, delle Forze armate americane, ognuno dei quali equipaggiato con il sensore panoramico superiore, erano stati trasportati in treno attraverso il territorio polacco e “il percorso era stato controllato per assicurare il passaggio in sicurezza. Ogni singolo ponte, tunnel e cavalcavia era stato accuratamente misurato, tranne uno”. Quello contro cui si schiantarono i sensori di tutti i Bradley: le immagini dei corazzati danneggiati in poco tempo fecero il giro dei media di propaganda russi. Ma non è solo una questione di incidenti: a oggi in Europa ci sono moltissimi ponti, per esempio, che potrebbero non reggere il peso del passaggio di un corazzato, tunnel troppo stretti, ferrovie malmesse. “In seguito all’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, la Francia non è stata in grado di inviare carri armati in Romania attraverso la via terrestre più breve che passa per la Germania, e ha dovuto invece spedirli via Mediterraneo”, ha scritto ieri il Financial Times in un lungo articolo sul tema. Oltre ai limiti strutturali, spiegano da tempo gli esperti a Bruxelles, ci sono quelli burocratici: a una decisione rapida deve corrispondere anche un’azione rapida, e certi movimenti sono necessari prima che intervenga un conflitto su larga scala – quando le regole e le limitazioni fra stati sarebbero comunque sospese. “Una delle stranezze del trasferimento di truppe verso est”, ha scritto sempre il Financial Times, “è che attraverserebbero paesi non in guerra, il che significa che i vertici militari dovrebbero rispettare le norme doganali e le leggi sul lavoro che regolano la durata del viaggio degli autotrasportatori”. E’ un ulteriore tassello della prontezza alla difesa dell’Europa, che non riguarda più soltanto la produzione o l’acquisto di armamenti, perché se un carro armato o un sistema d’arma non può attraversare un ponte o deve aspettare 45 giorni per un’autorizzazione, perde efficacia prima ancora di arrivare in zona.

 


Il nuovo pacchetto di Mobilità militare della Commissione di Ursula von der Leyen prevede che in caso di crisi, uno stato dell’Ue oppure la Commissione stessa potrà chiedere l’attivazione del meccanismo che il Consiglio dovrà approvare entro due giorni. Per un anno, alle Forze armate non serviranno più permessi nazionali per attraversare le frontiere interne, e i convogli avranno accesso prioritario a strade, ferrovie e infrastrutture e pure alle riserve di carburante. Per snellire la burocrazia, ogni stato dovrà designare un solo ufficio incaricato di rilasciare permessi e gestire i transiti – oggi si dividono in Esteri, Interno, Difesa, autorità locali. E la Commissione propone anche un “pool di solidarietà” per condividere mezzi di trasporto militari, camion, piattaforme ferroviarie e capacità logistiche, perché a oggi diversi paesi non hanno materiale rotabile o mezzi pesanti adeguati a trasportare carri armati moderni. Il problema dell’attuale proposta, secondo le fonti consultate dal Foglio, riguarda il budget: per il 2028-34 l’Ue ha stanziato circa 17,6 miliardi destinati alla mobilità militare, ma nell’attuale ciclo, quello 2021-27, i fondi sono soltanto 1,7 miliardi, un quarto di quanto proposto inizialmente. Troppo pochi per rinnovare strade e ponti, per creare nuove infrastrutture e iniziare nuove esercitazioni militari congiunte.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.