
LaPresse
Lo scambio
La trattativa sui nomi e il via libera di Trump. Chi sono i palestinesi liberati da Israele
Nella lista dei liberati ci sono persone condannate a vari ergastoli come il poliziotto Raed Sheikh e i fratelli Shamasneh. Ma non ci sarà il comandante di al Fatah Barghouti perché molti temono che possa diventare un potenziale leader, capace di unificare le varie anime palestinesi
Con la kefiah al collo e con le dita alzate in segno di vittoria, i primi ex prigionieri palestinesi sono scesi dai pullman a Betunia, in Cisgiordania. In totale Israele ha rilasciato in poche ore circa 1.968 palestinesi, per onorare l’accordo dopo la liberazione dei venti ostaggi israeliani rapiti da Hamas due anni fa. Di questi 1.968 palestinesi, una buona parte, circa 1.700, sono stati arrestati negli ultimi due anni, dopo l’attacco terroristico del 2023. Tra loro ci sono due donne, alcuni teenager e qualche decina di anziani, e poi persone che in qualche modo hanno ostacolato negli ultimi due anni le operazioni militari israeliane. Altri 250 erano invece stati incarcerati per omicidio o per terrorismo prima del 7 ottobre.
Molti sono preoccupati che questi ultimi vengano festeggiati come partigiani della causa, con l’ansia che diventino futuri Sinwar. Il leader di Hamas ucciso un anno fa da un drone mentre era seduto in poltrona a Rafah, noto come il “macellaio di Khan Younis”, nel 1989 era stato arrestato per aver ucciso soldati israeliani e presunti collaborazionisti palestinesi. Rilasciato nel 2011 insieme a un altro migliaio di prigionieri in cambio del soldato dell’Idf Gilad Shalit, era diventato il leader dell’organizzazione terroristica che ha scatenato quest’ultima guerra. Di questi 250 che verranno rilasciati, molti sono stati incarcerati a inizio millennio, quando è scoppiata la seconda Intifada e tra loro ci sono vari membri di al Fatah, il movimento di liberazione palestinese di cui fu leader Yasser Arafat e che per un periodo si scontrò con Hamas.
Tra i nomi di rilievo appaiono nella lista dei liberati personaggi come Raed Sheikh, poliziotto palestinese con vari ergastoli che 25 anni fa ha ucciso due soldati dell’Idf, di cui uno lanciato dalla finestra di una stazione di polizia. Nella lista ci sono i fratelli Shamasneh, anche loro condannati a vari ergastoli negli anni ’90 per aver accoltellato degli autostoppisti israeliani. C’è il vecchio membro di al Fatah, Iyad Fatafta, che uccise la turista americana Kristine Luken che stava facendo un trekking sulle colline di Gerusalemme nel 2010. C’è Mahmoud Issa, vecchio comandante di Hamas condannato per l’omicidio di un poliziotto israeliano 29enne, costretto all’isolamento per quasi trent’anni, diventato un simbolo tra i difensori dei diritti dei prigionieri.
Non verranno invece liberati personaggi come Ahmed Saadat, segretario generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Abbas Al-Sayyed, la mente dietro all’attentato al centro commerciale Sharon (35 morti) e a quello al Park Hotel (30 morti). E soprattutto non è inserito nella lista Marwan Barghouti. Molti temono che il comandante di al Fatah, arrestato la prima volta a 15 anni, poi esiliato e poi riarrestato, possa diventare un potenziale leader capace di unificare le varie anime palestinesi. L’ultima volta è stato incarcerato durante la seconda Intifada per attacchi che hanno ucciso vari civili israeliani. “Rilasciare tutti gli assassini non è solo terribile, è ingiusto e doloroso”, ha detto il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Gideon Sa’ar, “Barghouti è il simbolo del terrorismo, non della pace”, perché anche dopo gli accordi Oslo l’uomo ha continuato a organizzare attacchi contro i civili. Nei muri di Betlemme si vedono murales con la faccia di Barghouti con scritto in arabo “ci vediamo presto”.
La lista dei palestinesi liberati era stata approvata mercoledì insieme al resto dell’accordo ed era stata richiesta la presenza dell’inviato speciale americano Steve Witkoff e di Jared Kushner, il cognato del presidente Donald Trump, considerato il grande facilitatore del deal per il cessate il fuoco. I leader di Hamas si sono voluti incontrare con Witkoff e Kushner (entrambi ebrei) per assicurarsi che il governo israeliano garantisse la liberazione dei 1.968 prigionieri dopo quella degli ostaggi israeliani. Dopo che Trump ha telefonato per dare l’ok, i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia hanno fatto incontrare in una villa del Four Season di Sharm el-Sheikh i due americani con i portavoce di Hamas. Dopo 45 minuti, riporta Axios, gli uomini di Hamas si sono ritirati e poco dopo sono tornati per stringere la mano agli americani. “Avete un messaggio da parte di Trump?”, avrebbero chiesto quelli di Hamas. “Il messaggio del presidente”, avrebbe risposto Witkoff, “è che verrete trattati correttamente e che lui difenderà i venti punti del piano di pace, e si accerterà che vengano tutti realizzati”.


L'editoriale dell'elefantino
Macronismo in crisi, ma anche il gollismo non si sente tanto bene

la tregua in medio oriente