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Le trame di Londra
S'è sopita la fronda contro Starmer, che si getta nella lotta contro l'estremo Farage
Alla conferenza del Labour, il primo ministro inglese si ricompatta come leader nonostante le tensioni interne e l’ombra di Andy Burnham. Intanto, Nigel Farage avanza nei sondaggi e si impone come vero avversario politico
Nigel Farage non ama il Regno Unito, non crede nel paese e non fa che lamentarsi di come vanno le cose, dice Keir Starmer, che alla conferenza del Labour ha tentato di presentarsi come paladino dell’ottimismo dopo quindici mesi in cui è riuscito a immalinconire anche i più fiduciosi degli elettori. Keir Starmer è “unfit”, “inadeguato” a guidare il Regno Unito, soprattutto dopo che ha definito le politiche di Reform Uk “razziste”, trasformando i suoi elettori in bersagli potenziali di odio, secondo Nigel Farage, che ha i sondaggi dalla sua e ormai si gode la posizione da leader dell’opposizione de facto, mentre i Tory si riprendono dai dodici anni di governo e cercano qualcosa di rilevante da dire. Fatto sta che qualche ragione di ottimismo Starmer ce l’ha, nonostante tutto: Liverpool doveva essere il teatro di una sanguinosa fronda da parte di Andy Burnham, sindaco di Manchester ed eterna promessa della sinistra britannica, ancorché privo di un seggio a Westminster, e invece la fronda è implosa prima di nascere, vuoi per la poca astuzia con cui è stata portata avanti, vuoi per i motivi brillantemente riassunti in una fenomenale battuta del columnist del Times, Matthew Parris, molto ripresa e citata in questi giorni. “Un blairiano, un browniano, un corbyniano e uno starmeriano entrano in un pub. ‘Cosa bevi, Andy?’, gli chiede il barista”, e questo racconta bene la parabola politica di un sindaco che ha portato molti investimenti immobiliari a Manchester e si è autoincoronato “re del nord”, ma che non ha una linea politica definita e che appare molto legato ai giochi di un partito alla cui leadership ha puntato, senza successo, già nel 2010 e nel 2015.
Farebbe la differenza contro Farage? Gli elettori sono tutt’altro che convinti, secondo YouGov, nonostante i tentativi di proporsi come un radicale, vicino alla gente. Nelle ultime settimane ha rilasciato due interviste importanti, una al New Statesman e una al Telegraph, facendosi avanti nell’arena nazionale per cercare di salvare una situazione in cui il premier Keir Starmer rimane eterno Clarke Kent bloccato in una cabina telefonica in cui non riesce mai a uscire come Superman. Le proposte economiche di Burnham, tra cui la nazionalizzazione delle società di energia e acqua per abbassare il costo della vita e l’aliquota al 50 per cento per i redditi più alti, hanno suscitato molta perplessità, ma mai quanto l’affermazione che “bisogna andare al di là di questa cosa di essere alla mercé dei mercati obbligazionari”, che invece ha risvegliato proprio il temutissimo fantasma di Liz Truss e dei suoi 49 catastrofici giorni a Downing Street.
Perché i mercati nonostante tutto si fidano di Starmer e della sua rigorosissima cancelliera Rachel Reeves, e pazienza che gli elettori hanno smesso di credere alle promesse elettorali di non mettere mano al portafoglio: è successo e succederà di nuovo, probabilmente, con la manovra d’autunno. Ma al fisco pensa anche il cinquantacinquenne Burnham, che vorrebbe aumentare le tasse sulle proprietà più care di Londra e del ricco sudest, come se la fuga dei grandi capitali determinata dalle misure di Starmer non fosse abbastanza. Inoltre vuole abolire il sistema first past the post e introdurre il proporzionale per fare dei governi di coalizione con i LibDem e i Verdi. Insomma, una rivoluzione a tutto tondo di cui Starmer, con cui ha un rapporto pessimo da lungo tempo, ha avuto gioco facile a sottolineare la pericolosità. Il sindaco di Manchester ha rating leggermente migliori del premier ma, se proprio volesse scalzarlo, dovrebbe vincere delle elezioni suppletive – battendo Reform – e trovare 80 deputati disposti a sostenere la sua candidatura. Per ora il suo tentativo è apparso goffo e poco astuto, si è fatto odiare dai vertici starmeriani – “non dimenticheremo”, ha detto un membro del governo – e ha ricompattato il partito intorno al premier e alla sua leadership incolore nella “battaglia per l’anima del paese” contro Nigel Farage. “Ascoltate i politici che dicono che c’è una soluzione facile, una cura miracolosa, tagli delle tasse che si autofinanziano magicamente, una tassa sulla ricchezza che in qualche modo risolve ogni problema”, ha messo in guardia Starmer: “E’ quello il lato da cui è venuta la Brexit”.