Per una Palestina democratica e libera da Hamas

Giulio Meotti

Regno Unito, Canada e Australia riconoscono lo stato palestinese. Netanyahu risponde: "Non accadrà. State premiando enormemente il terrorismo”. Perché è una decisione prematura, che rischia di essere pericolosa 

Gran Bretagna, Australia e Canada hanno riconosciuto ieri uno stato palestinese “indipendente e sovrano”, in cui Hamas non dovrà avere alcun ruolo di governo. Per il Regno Unito ha parlato con un videomessaggio il premier Keir Starmer. La decisione è stata accolta con soddisfazione dall’Anp. “Ho un messaggio chiaro per quei leader che hanno riconosciuto uno stato palestinese dopo il terribile massacro del 7 ottobre: state premiando enormemente il terrorismo”, ha detto invece il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “E ho un altro messaggio per voi – ha aggiunto –: questo non accadrà. Non sorgerà uno stato palestinese a ovest del Giordano”.

Il fatto è che un pezzo di stato palestinese senza Hamas era già nato a Gaza nel 2005, quando Israele riconsegnò la Striscia, che aveva occupato dal 1967, all’Autorità nazionale palestinese. Ariel Sharon si presentò alla Knesset: “Il disimpegno ci farà avanzare sulla via della pace coi palestinesi”. Sharon sradicò 8.600 coloni, ventuno insediamenti, 42 asili nido, dieci scuole, 38 sinagoghe e un cimitero, al costo di due miliardi di dollari. Era la prima volta che un territorio veniva consegnato ai palestinesi per autodeterminarsi senza condizioni. Ma anziché la via della pace, i palestinesi presero quella della guerra civile con i cadaveri degli uomini dell’Anp trascinati per Gaza City da Hamas.

Ora con le migliori intenzioni centinaia di paesi riconoscono lo stato palestinese. Se dovesse oggi nascere a Gaza, ci sarebbe Hamas al potere. Se in Cisgiordania, tutti i sondaggi (le ultime elezioni furono nel 2006, ciao democrazia) dicono che Hamas vincerebbe. Quindi la domanda  è chi governerebbe lo stato palestinese. Riconoscerlo in queste condizioni non è prematuro, è pericoloso. I leader europei e arabi hanno chiesto a Hamas di liberare gli ostaggi israeliani e deporre le armi e sollecitato riforme nell’Autorità palestinese.

Nel caso della Lega Araba, è un cambiamento  apprezzabile (dal 1948 al 1967 Gaza era dell’Egitto e la Cisgiordania della Giordania e a nessuno venne l’idea di uno stato palestinese). Partendo dalla dichiarazione unilaterale e non dalla trattativa con Israele, il rischio è di garantire a Hamas, semi sconfitto sul terreno a Gaza ma vincitore nell’opinione pubblica tendenza Jüdenrein, un inaspettato successo politico dopo il pogrom del 7 ottobre. Dal 1947 a oggi, i palestinesi non hanno perso uno stato perché Israele gliel’ha portato via, ma perché lo hanno sempre rifiutato. E Israele ogni volta che si è ritirato da un territorio è stato ricambiato col terrorismo, altro che land for peace: Seconda Intifada dopo Oslo, guerra di Hezbollah in Libano, Hamas a Gaza. E da quando è al potere, Hamas ha scatenato cinque guerre: 2008-09, 2012, 2014, 2021 e 2023.

In queste dichiarazioni c’è  un peccato originale, ovvero iniziare dalla fine: il riconoscimento di uno stato con Hamas  al potere a Gaza e in potenza in Cisgiordania, che per Israele sarebbe un suicidio.   E si finisce anche per dare forza a ministri come Ben Gvir che in risposta annunciano l’annessione. Lo stato palestinese non sarà portato dalla Flotilla di Greta e dalle colombe dell’Onu, ma dalla sconfitta sul terreno del terrorismo e del rifiuto di riconoscere il diritto di Israele a esistere e a non essere sbranato.  E mentre in Europa si scrive “vietato l’ingresso agli ebrei” sui negozi e nei Territori palestinesi c’è scritto “vietato l’ingresso agli israeliani”, le cancellerie che dichiarano la Palestina libera affiggano almeno un cartello ai nostri confini che proclami che le democrazie sono interdette agli antisemiti. 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.