(Ansa)

L'intervista

“Chi odia gli ebrei potrebbe vincere”. Parla Rachele Cicogna

Giulio Meotti

“Con in famiglia reduci ad Auschwitz e cugini di Ben Gurion, per i pro Pal non dovrei parlare a scuola”. La storia di chi da anni porta la testimonianza della nonna e della propria famiglia tra i più giovani e nelle aule scolastiche

“Sono la nipote di Lala Lubelska e di Giancarlo Cicogna e indosso una Magen David che non riesco a togliere, non riesco ad accettare di essere nel 1939”. Rachele Cicogna è una portavoce dell’orrore dell’Olocausto che da anni porta la testimonianza della nonna e della propria famiglia tra i più giovani e nelle aule scolastiche. Ma ora il “Tavolo Palestina per la pace” invita “docenti e dirigenti scolastici a rifiutare la presenza” di Rachele nelle scuole e nelle commemorazioni del 27 gennaio, contestando la sua difesa di Israele.

 

Sua nonna Lala era polacca di Lodz, “il primo ghetto a essere costruito e l’ultimo a essere smantellato”. Nel 1943, le SS hanno portato via sua madre, la bisnonna Rachel, per finire nel campo di sterminio di Chelmno. “In famiglia erano rimaste Lala, Sarah e Rifka (gemelle), Dora con il marito e la piccola Henrisha e  il mio bisnonno Ariel”. Una famiglia osservante e colta scappata in Polonia da un pogrom russo. “La storia è quella di tutti i perseguitati: esclusione da scuole, confisca della casa, trasferimento nel ghetto ed esclusione dai luoghi pubblici. Nell’agosto del 1944 ciò che rimane della mia famiglia è  ad Auschwitz: il bisnonno Ariel è il primo a essere ucciso. Henrisha ha otto anni e quando la portano via i genitori chiedono di seguirla perché sanno di non poter sopravvivere alla sua morte”. Restano Lala e le gemelle. “Le gemelle sono stupende, bionde, occhi azzurri, carnagione lattea e nasino alla francese; vengono portate davanti a Mengele che si infuria, perché sono troppo ariane. Sono giovani, hanno 18 anni e possono lavorare, perciò dopo un mese di inferno ad Auschwitz vengono mandate  in un campo di lavoro a Flossenburg”. 

 

Arrivano dei soldati italiani. Uno di loro, Giancarlo Cicogna, sarebbe diventato il nonno di Rachele Cic. “Quando mia nonna viene picchiata a sangue con l’accusa di aver rubato del cibo, le sue condizioni sono disperate, Giancarlo trova un cavallo morto, ne fa bollire le carni per due giorni e riesce a nutrirle tutte tre, permettendo loro di tornare al lavoro”. Lala e le gemelle vengono portate a Mauthausen. “Il 5 agosto del 1945 sono  liberate dagli americani e il destino ha voluto che fossero trasportate in un campo di raccolta in Veneto. Sarah aveva enormi problemi di salute, Rifka e Lala gravi patologie. Una volta guarite sono andate a Venezia al consolato polacco per capire cosa potesse essere di loro; lì hanno appreso che a Lodz tutto era andato distrutto”. Sarah e Rifka si sono imbarcate per Tel Aviv, dove le aspettavano due sorelle più grandi che all’inizio degli anni Trenta se ne erano andate per contribuire al sogno sionista. Lala ritrova Giancarlo. “Se l’è andata a prendere in lambretta. Si sono sposati nel 1947 e nel 1948, assieme allo stato di Israele, è nato mio padre. Allo Yad Vashem, nel 1966, vengono piantati tre alberi dedicati a mio nonno”. Questo Rachele racconta negli istituti in cui va a parlare, dalle elementari alle università. “Lo faccio perché Lala ha iniziato solo nel 1994 a parlare  di quanto accaduto e non ha più smesso, è diventata una testimone chiave negli archivi di Steven Spielberg, che nel 1999 mandò una troupe per tre giorni a casa nostra. Per lei fu meraviglioso ricevere una lettera di ringraziamento di Spielberg. In Israele, terra miracolosa, vive la mia famiglia, quel lembo straordinario di zii e cugini”.

 

Lala è morta nel 2007 di un tumore che non ha voluto curare perché ha detto “calva ci sono già stata una volta, sono stanca”. Qualche giorno fa, Rachele Cicogna ha scritto un post contro “gli utili idioti glamour di Hamas” sull’esclusione degli artisti israeliani al Festival del cinema di Venezia. Un gruppo filopalestinese ha chiesto alle scuole di mettere Rachele alla porta. “Credevo fosse una associazione di scappati di casa, poi indagando ho visto che sono una allegra compagnia molto attiva, con sede a Este, che organizza iniziative con Anpi e Cgil. Anche dei consiglieri comunali dei paesi limitrofi hanno fatto appello agli istituti di non invitarmi più. Le risparmio commenti graziosi di emeriti sconosciuti che mi chiedono se facciamo ancora il sapone buono. Non faccio la vittima, sono una Lubelska, ho solo paura che questi odiatori seriali, pieni di ideologia fino al midollo e intossicati di ogni cattiveria possibile, possano vincere”. 

 

Nonna Lala andò a litigare con Moni Ovadia. “Non si poteva sentire di un ebreo antisionista, voleva dire odiare se stessi. Per altro, la bisnonna Rachel si chiamava Rachel Grun ed era prima cugina di David Grun, ovvero David Ben Gurion. Posso non essere orgogliosa della mia eredità?”.  

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.