L'editoriale dell'elefantino

La presidenza tiktok di Trump e noi, chiamati al riscatto dalle illusioni

Giuliano Ferrara

Continuare a credere nel presidente americano è demenziale. E’ ora di fargli sentire il pungolo di 500 milioni di europei infuriati per le sue prese in giro. Le pressioni su Putin  oggi, non tra due settimane. Che cosa  può fare Meloni
 

Illusioni trumpesche. Vi ricordate la fotografia nella basilica di San Pietro, nel segno di Papa Francesco? Doveva cancellare il ricordo da incubo della tentata umiliazione di Zelensky e della resistenza ucraina nello studio ovale della Casa Bianca. A parte noi, ci cascarono tutti. Zero conseguenze. Più fresco il ricordo del vertice a Washington, con gli ucraini e gli altri europei e tutto, e un cialtrone di presidente che presiedeva e dava la parola, godendosi le ovvie attestazioni di rispetto e stima delle sue vittime designate, di nuovo Zelensky e accanto a lui Starmer Macron Meloni Merz il finlandese golfista. A parte noi, ci cascarono tutti. E che dire del vertice ignobile di Anchorage, ulteriore spintarella, umiliante per la leadership americana ma utile a Trump e ai Maga, per la continuazione della guerra d’aggressione, con la fine anche solo della richiesta di un cessate il fuoco. A parte noi, ci cascarono tutti. Sì, perché tutti ci cascano, osservatori, geopolitici della mutua, leader sperimentati, liberali, socialisti, popolari, conservatori. 

 

Trump è considerato, e in parte è, un interlocutore indispensabile, malgrado il suo passaggio armi e bagagli, apertamente collusivo, dalla parte dell’autocrate aggressore, al quale adesso vengono date altre due settimane di bombardamenti e stragi, in attesa di non-si-sa-che. Finché le cose stanno così, non si caverà un ragno dal buco e l’Europa con l’Ucraina resterà sotto il giogo di una guerra ai suoi confini e dentro i suoi confini, con il balletto russo-cino-americano intorno al suo cadavere politico. Che fare? Non è facile. Mario Draghi, che non è un geopolitico della mutua ma una persona estremamente seria e uno statista europeo, ha detto con chiarezza che occorre il riscatto dalle illusioni. Rompere con Trump, fargli sentire il pungolo di cinquecento milioni di europei seriamente infuriati con le sue prese in giro, spingere il sistema americano o quel che ne resta dopo la cura Maga a condizionarlo, a impedirgli il gioco delle tre carte. Impresa difficile, tutti hanno bisogno degli Stati Uniti, a partire, con le dovute differenze, dagli ucraini ai vignaioli agli industriali, ai mitomani della stampa internazionale, non tutta beninteso. Trump questo lo sa e fa bisboccia con la potenza del paese che sta cercando di soggiogare, usandola come una clava per dominare la sua parte di mondo in condominio con i peggio bestioni a lui simili, per svuotare la democrazia americana e umiliare quella europea, dividendo e imperando con una presidenza tiktok. Continuare a credere nell’illusione Trump è ormai demenziale. Roba acconcia per un Salvini, che ha cominciato con Putin e finisce con il suo emulo. Meloni, che è pragmatica e governa con equilibrio, con successi non effimeri in politica economica e in politica estera e di sicurezza, dovrebbe esercitare quel poco di influenza che le lascia una vaga sintonia ideologica con la destra americana, non più conservatrice ma isolazionista e neoimperialista insieme, per rovesciare il tavolo diplomatico e far capire al Gran Cialtrone che oltre un certo limite non si può andare, che non può contare sul solito doppio gioco all’italiana, che l’esercizio della pressione politica, economica e militare su Putin è doveroso oggi, non tra due settimane che poi diventeranno tre quattro cinque settimane e mezzo. 

 

L’America del vecchio establishment ha perso con la rielezione di Trump una battaglia decisiva, ma non necessariamente la guerra per la difesa della democrazia americana e della leadership americana nel mondo. Morto Kissinger, se ne farà un altro, a un certo punto. Evaporato il flebile e colpevole Obama, se ne farà un altro, a un certo punto. La condizione tassativa è che Europa, Nato, apparati, industrie belliche, bilanci nazionali e bilancio europeo, siano mobilitati per la messa in allerta delle opinioni pubbliche e il richiamo alla mobilitazione contro le collusioni che passano sulle loro teste.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.