Il balzo tattico dell'Ucraina e i segreti dell'accordo tra Trump e la Nato

Paola Peduzzi

"Volodymyr, puoi colpire Mosca?": la domanda del presidente americano a Zelensky rivela che oltre alle armi per la difesa aerea servono quelle per colpire le fabbriche militari russe

La frustrazione di Donald Trump nei confronti di Vladimir Putin ha portato a un aggiustamento: il presidente americano ha stabilito, contrariamente a quel che aveva deciso unilateralmente il Pentagono, che la necessità di difendere gli ucraini è prioritaria rispetto al ripristino delle riserve degli arsenali americani. Tutto il resto – quali armi saranno consegnate all’Ucraina, da chi, in che numero, a che prezzo, quando – non è chiaro, fa parte dell’accordo che i leader della Nato hanno discusso al vertice dell’Aia di giugno e non è pubblico. Si tratta comunque, scrive il Wall Street Journal, di “una pietra miliare”: è la prima volta che Trump decide di inviare altre armi rispetto a quelle che sono state decise dalla precedente Amministrazione di Joe Biden (quasi 4 miliardi dei fondi allocati l’anno scorso dal Congresso per armare l’Ucraina non sono ancora stati spesi). La Germania, che ha insistito con Trump per acquistare armi americane da trasferire all’Ucraina, dice che chiarirà a breve i tempi e i dettagli degli armamenti forniti, mentre il meccanismo della vendita da parte degli Stati Uniti e dell’acquisto da parte degli alleati europei delle armi resta segreto.

 

Secondo fonti citate dai media – né Trump né gli alleati lo hanno  specificato – il pacchetto di armi per l’Ucraina dovrebbe valere 10 miliardi di dollari, ma è difficile capire che criteri saranno applicati:  fonti istituzionali europee consultate dal Foglio dicono che i costi in discussione sono relativi al trasporto delle armi e non al loro acquisto, ma pubblicamente Trump insiste, anche per ragioni che hanno a che fare con la coalizione che lo sostiene (lo venera, bisognerebbe dire), nel ripetere  che saranno gli europei a pagare tutto, l’America produce, vende, guadagna, o almeno rientra dell’investimento fatto per la difesa ucraina. La capacità degli alleati di dotare Kyiv di una difesa aerea dipende non soltanto dal costo delle armi, in particolare degli indispensabili sistemi Patriot e  dei missili Mim-104, ma anche dalla limitata capacità di produzione dell’occidente. Per accelerare la fornitura, gli alleati europei devono iniziare a rifornire l’Ucraina delle armi che hanno già a disposizione, ma considerando la frequenza e l’intensità degli attacchi russi – è la strategia di Putin: costringere gli ucraini a esaurire tutto il materiale a sua disposizione – la difesa aerea non può essere l’unica risorsa della sopravvivenza ucraina. 

 

Non lo è, infatti. Il Financial Times ha riferito ieri un dettaglio inedito della conversazione tra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Volodymyr, puoi colpire Mosca? Puoi colpire anche San Pietroburgo?”, ha chiesto il presidente americano. Risposta: “Certo. Possiamo, se ci fornite le armi”.  Secondo il quotidiano britannico, Trump è a favore dell’idea, con l’intenzione di fare pressione sui russi e costringere il Cremlino al negoziato. La Casa Bianca ha dato una versione diversa, il presidente ha posto una domanda, “non incoraggiava ulteriori uccisioni”, e Trump ha detto di voler soltanto fermare la guerra. 

 

Zelensky non deve colpire Mosca, ha dichiarato il presidente, ribaltando quel che dice un funzionario occidentale citato dal Financial Times, cioè  che c’è la volontà tra gli alleati di rifornire l’Ucraina di armi a lungo raggio in modo da “portare la guerra” anche in Russia. Questa era la strategia di Kyiv già dall’estate scorsa: l’invasione della regione russa del Kursk ne era la dimostrazione. Ora l’Ucraina ha fatto un altro salto tattico – è una sua caratteristica salvifica: ha capito da tempo che non può dipendere soltanto dagli umori occidentali, la straordinaria e sofisticata produzione di droni lo testimonia, così come la produzione ora di missili. L’operazione Ragnatela del primo giugno scorso mostra questo salto: Kyiv vuole – deve – distruggere la catena di approvvigionamento militare della Russia. Lì aveva colpito cinque basi russe, ora, con sempre maggiore intensità, colpisce le fabbriche militari in Russia. Per farlo ha bisogno di armi a lungo raggio, di missili che possano trasportare più dei 40-50 chili di esplosivo trasportabili dai droni, della volontà occidentale di dare seguito alla domanda di Trump e alla risposta di Zelensky, e di farlo in tempo, perché i 50 giorni concessi dal presidente americano alla Russia sono tanti, troppi se, come dice il dissidente russo Vladimir Kara-Murza, “abbiamo avuto 25 anni per imparare le intenzioni di Putin”.  
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi