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pressione minima
L'ora di una escalation difensiva in Ucraina
Putin colpisce sempre più forte Kyiv. La massima pressione di Trump ancora non c’è: manda un terzo degli intercettatori previsti. Le sanzioni da aggiornare
Settecentoventotto droni e tredici missili in un unico giorno: è questo l’ultimo, osceno record della violenza di Vladimir Putin contro l’Ucraina delle ultime ore, poco dopo che il presidente americano, Donald Trump, ha detto che i russi li riempiono di “stronzate” e non fanno nulla per fermare la guerra. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, arrivato ieri a Roma, ha detto che buona parte dei droni e missili russi è stata intercettata, “abbiamo usato i nostri droni intercettatori, la nostra tecnologia è in continuo miglioramento”, ma per fermare Putin ci vuole la massima pressione: la difesa aerea e le sanzioni. Trump, evidentemente scocciato dal presidente russo inconcludente, ha promesso un nuovo sistema Patriot all’Ucraina – che probabilmente sarà dato dalla Germania – e dieci missili intercettatori che però non costituiscono affatto una massima pressione: ne erano stati stanziati trenta.
Secondo le informazioni raccolte dai giornali americani, il Pentagono guidato da Pete Hegseth ha fermato l’invio delle armi americane all’Ucraina già previste dalla precedente Amministrazione Biden e approvate dal Congresso senza avvisare la Casa Bianca (né gli alleati della Nato). In seguito a una revisione dello stato degli arsenali americani avviata a marzo dal capo delle politiche del Pentagono, Elbridge “Cheese” Colby (il Colby è un formaggio, l’appellativo è canzonatorio), è stata segnalata una scarsità preoccupante, che ha portato alla decisione unilaterale da parte del Pentagono. Trump non era stato avvisato, lo ha detto allo stesso Zelensky nella conversazione del 4 luglio e lo ha detto ai giornalisti durante l’ultimo consiglio dei ministri lunedì: non ne sapeva niente. Colby, come molti altri nei ministeri e nelle agenzie federali, interpreta a suo modo il concetto fondativo del trumpismo, America first, è nella totale disfunzionalità dell’Amministrazione, la sua interpretazione diventa un ordine unilaterale del Pentagono. E poi, come si vede, pure se il presidente fa una scelta opposta, le cose non tornano come prima.
Secondo l’inventario pubblicato da molti media, in Polonia c’erano questi armamenti: 30 missili intercettatori Patriot, 92 missili Aim a corto raggio, 8.496 munizioni per i cannoni, 142 missili anticarro Agm-114, 252 lanciarazzi Gmlrs, 25 missili Stinger e 125 lanciarazzi anticarro At4. Si tratta di sistemi di difesa cruciali per l’Ucraina – cosa che ora sembra essere tra le priorità di Trump che ripete: Putin sta colpendo molto forte gli ucraini che devono difendersi – ma per il momento si sa soltanto che il presidente americano ha sbloccato 10 intercettatori Patriot, un terzo di quelli già previsti e i cui costi sono già coperti dalla legge che è stata approvata l’anno scorso dal Congresso, con un ritardo di quattro mesi rispetto alla tabella di marcia prevista dall’allora presidente Joe Biden a causa del temporeggiamento dei trumpiani. E’ vero, come ha stabilito la valutazione del Pentagono, che c’è una scarsità negli arsenali americani, che la produzione non riesce a compensare le richieste, ma bloccare le forniture a un paese in guerra – nel mezzo di un’evidente intensificazione degli attacchi russi: secondo fonti del New York Times, in autunno il numero di droni russi lanciati in un giorno può arrivare a mille – senza consultazioni e poi ripristinarne soltanto una parte è un danno che l’Ucraina misura in ulteriori vittime.
Lunedì, Trump ha anche detto di voler imporre nuove sanzioni alla Russia. Qualche settimana fa, in un altro momento di disillusione nei confronti di Putin, aveva dato un ultimatum alla Russia: o si va verso un negoziato o le sanzioni saranno pesanti. Ma poi il presidente americano ha detto ai suoi consiglieri, secondo alcune ricostruzioni, che le misure sanzionatorie avrebbero potuto deragliare i colloqui con i russi, così la legge che ha il sostegno inusuale di un’ottantina di senatori è stata rallentata. Zelensky, che ieri a Roma ha incontrato l’inviato di Trump in Ucraina, Keith Kellogg, per definire i dettagli dell’aiuto militare che gli Stati Uniti hanno intenzione di fornire, ha detto che la massima pressione sulla Russia passa anche per le sanzioni, anche quelle secondarie, che sono contenute nella legge ferma al Senato. Le analisi dei frammenti dei missili e dei droni russi lanciati sull’Ucraina mostrano che la componentistica occidentale continua a essere utilizzata, il che vuol dire che la Russia ha imparato ad aggirare le sanzioni. Perché funzionino, infatti, le sanzioni devono essere sempre aggiornate, ma l’Amministrazione Trump finora non ha né introdotto nuove misure né ha rivisto quelle esistenti, che sono più di seimila: la tanto vituperata Amministrazione Biden aveva costruito un sistema sanzionatorio abbastanza solido, che però ora rischia di sgretolarsi (ieri la Slovacchia ha anche impedito l’approvazione del diciottesimo pacchetto di sanzioni europee: la discussione ricomincerà domani).
La massima pressione sulla Russia prevede più armi e più sanzioni da parte degli Stati Uniti: solo in questo modo si può dire che davvero Trump vuole reagire alle “stronzate” di Putin.