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L'eccezione spagnola

La Spagna ottiene un po' di flessibilità sull'aumento della spesa per la difesa voluto dalla Nato

Guido De Franceschi

Sánchez incassa un’esenzione salvifica e oscura temporaneamente gli scandali legati alla corruzione che hanno colpito il Psoe, annunciando di aver strappato una rilevante deroga per il suo paese. Qualche ora di respiro, in attesa della decisione di venerdì sulla Ley de amnistia

In attesa che arrivi un colpo di vento capace di spettinarlo, il premier socialista spagnolo Pedro Sánchez è sempre lì. “Questo morto è ancora vivo”, sintetizzava ieri la newsletter del direttore della Vanguardia, Jordi Juan. Anzi, è tornato all’attacco: poche ore prima del vertice della Nato oggi all’Aia, Sánchez è riuscito a far modificare un paio di parole nella bozza di accordo fra i trentadue paesi che fanno parte dell’Alleanza: “Gli alleati si impegnano” al posto di “Noi ci impegniamo”. Infilandosi in questo pertugio linguistico e corroborato da una lettera firmata dal segretario generale della Nato, Mark Rutte (in cui si legge: “Posso confermare che l’accordo che sarà raggiunto al prossimo vertice concederà alla Spagna la flessibilità necessaria per scegliere il proprio percorso sovrano attraverso cui raggiungere ‘l’obiettivo di capacità’ e determinare le risorse annuali necessarie in percentuale sul pil”), Sánchez ha oscurato per qualche ora gli scandali legati alla corruzione che hanno colpito il Psoe annunciando di aver strappato una rilevante deroga per il suo paese.

La Nato voleva il 5 per cento del nostro pil (in realtà, il 3,5 per cento in spese militari più un 1,5 per cento in infrastrutture, fisiche e digitali, di rilievo strategico), ma noi le daremo solo il 2,1 per cento, ha spiegato Sánchez. Il che è un po’ vero (nel senso che la richiesta spagnola è stata “registrata” da Rutte), ma non è un granché vero, visto che, come ha poi chiarito lo stesso segretario della Nato, sono previsti controlli annuali sul raggiungimento dei cosiddetti “obiettivi di capacità” che i singoli paesi si sono impegnati a garantire e la soglia da raggiungere entro dieci anni rimane quella: il 5 per cento del pil. La Spagna si è aggiudicata solo un po’ di flessibilità nel modo di arrivarci. Non è comunque poco: l’apparente rifiuto di obbedire, in nome della difesa del welfare, alla richiesta di aumentare la spesa militare che arriva da Washington – simulando anche solo per un paio d’ore uno scontro ideologico planetario Sánchez vs. Trump – può sempre servire, specie a uso dell’elettorato più di sinistra. D’altra parte, sono due anni che Sánchez non riesce a far approvare una legge di bilancio e convincere i suoi alleati di sinistra ad aumentare le spese militari è fuori discussione. Peraltro, la bozza di accordo confezionata da Rutte va ancora approvata al summit della Nato che è iniziato oggi. Il che, con Donald Trump che si è scoperto d’improvviso un commander-in-chief superinterventista, è ancora tutto da vedere. A gennaio, infatti, era stato proprio Trump a criticare l’esiguità dei contributi spagnoli alla Nato (“C’è uno dei Brics, la Spagna. Sapete che cosa sono i Brics?”, disse ai giornalisti, scambiando la Spagna per il Sudafrica o i Brics per i Pigs).

In ogni caso, Sánchez ha ottenuto qualche ora di respiro, in attesa che (venerdì?) il Tribunale costituzionale avalli la Ley de amnistia che il governo ha confezionato su misura per l’ex presidente catalano Carles Puigdemont e per gli altri indipendentisti catalani finiti nei guai con la giustizia. Ci si aspetta che il Tribunale decida 6 a 4 per la costituzionalità della legge togliendo un bel fardello dalle spalle del premier. Ironia della sorte: l’uomo che ha negoziato per conto del Psoe la Ley de amnistia è proprio Santos Cerdán, il più illustre dei tre dirigenti socialisti indagati per corruzione. Galvanizzato da questi diversivi, Sánchez ha ritrovato anche il suo sarcasmo. Quando ieri il leader popolare Alberto Núñez Feijóo ha affermato su X che la presunta deroga ottenuta dalla Nato è di fatto una truffa e che “la politica estera è una cosa seria, non una cortina fumogena per distogliere l’attenzione dalla corruzione”, Sánchez, sempre su X, ha reso pubblica la lettera (in inglese) di Rutte con la didascalia: “Toh, Alberto. Fattela tradurre. Chissà che non ti si chiariscano i dubbi”. Pare che il segretario della Nato non abbia gradito, ma nello scontro politico minuto che si gioca sulle piattaforme social, il colpo è andato a segno: perché, se Sánchez se la cava bene con l’inglese, Feijóo mica troppo. E intanto altre ventiquattr’ore sono passate.
 

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