
Gad Lerner (Ansa)
L'editoriale dell'elefantino
Replica al discorso di Lerner in piazza, con tutto ciò che Gad ha dimenticato su Israele
Sionismo e Gaza. Tutto quello che il giornalista avrebbe dovuto ricordare ai mercanti di emozioni issati sabato scorso a Roma sul palco della menzogna, nel corso della manifestazione organizzata dalle opposizioni
Gad è notoriamente uno stronzo dignitoso, un infame simpatico, almeno a me, che gli voglio bene personalmente, a lui e alla sua tribù di lernerini e lerneriani, ebrei di sinistra. Ignaro delle dure repliche della politica e della storia, mostri crudeli che tutto dominano, a ogni bene morale esibito e affettato fuori della propria coscienza, Gad si è fidato di issarsi sul palco di una piazza romana, accanto a amici e compagni come Rula e Giuseppi che gracchiavano contro il genocidio dei palestinesi, accanto a gente fatua come il Bonelli, una camomilla, il Fratoianni, una Tesla, e una futura regista di cinema, per fare una ramanzina a noi che non vogliamo vedere la carneficina in atto a Gaza, come i tedeschi di Primo Levi, e se è per questo molta parte del resto del mondo, non volevano vedere la Shoah. Nazisti, ci disse. Paragone ellittico e moralmente disastroso, oltre che storicamente improponibile, perché lo sterminio degli ebrei d’Europa, in quanto ebrei, unicum della storia umana, è diverso da molte migliaia di morti in una guerra esistenziale di autodifesa provocata da un pogrom che della logica della Shoah è figlio legittimo. E la Nakba, la catastrofe della diaspora palestinese, che Gad ha indebitamente paragonato alla liquidazione razziale degli ebrei nei millenni per ogni dove e infine nell’Europa più colta e illuminata, è il prodotto di un rifiuto, quello arabo, poi terrorista, poi islamista e nichilista, alla decisione internazionale (Onu) di spartire la Palestina in due stati per due popoli. Israele non ha fatto la guerra, nemmeno quella per la sua indipendenza originaria, l’ha subita mentre cercava di costruire dentro ai suoi confini democrazia e pace, questi sconosciuti del medio oriente mediterraneo. Israele è un condannato a morte che è sfuggito al suo destino dalla fondazione del paese difendendosi come poteva, con coraggio e decisione, senza mai farsi travolgere dalla barbarie che oggi gli è imputata, pur vivendo in mezzo alla barbarie dei rifiuti antisionisti e antisemiti su molti fronti di guerra e di potenziale nuovo sterminio dal fiume al mare (vedi Una storia di amore e di tenebra di Amos Oz e tutta la storia delle contraddizioni e delle tragedie di un paese assediato scritta dai vecchi e nuovi storici israeliani).
Dire queste cose nella piazza di Gad, cose incontrovertibili, sarebbe stato imbarazzante per lui, non ne sarebbe uscito vivo, moralmente e forse anche fisicamente. Poiché la stragrande maggioranza della gente che ascoltava i mercanti di emozioni anche loro issati su quel palco della menzogna è convinta che Israele stermina etnicamente un popolo di colore, povero e affamato dalla sua cattiveria, e i bambini in primo luogo, perché è uno stato ricco, bianco, tecnologico, potente, occidentale, di qua dalla linea del colore, l’ideale confine morale e geografico che divide i colonizzati dai colonizzatori e dai coloni della Cisgiordania. Balle degne del premio Oscar.
In Israele ci sono molti Gad, rispettabili oppositori del governo di destra, che con il contributo del centrista Ganz ha avviato e condotto la guerra di Gaza dopo il 7 ottobre 2023, dopo anni di bombardamenti al confine, dopo l’orrenda strage che doveva piegare sicurezza e patriottismo israeliani, dopo l’apertura di sette fronti tra i quali uno di uno stato prenucleare di invasati oppressori del loro popolo, gli ayatollah iraniani.
Ha fatto come era inevitabile molte decine di migliaia di morti: alcuni se l’erano cercata, sono gli assassini giustiziati da Tsahal o Idf, gli altri sono stati sacrificati da quelli che se l’erano cercata che si sono rifugiati sotto di loro, l’ultimo Mohammed Sinwar, il fratello del regista del 7 ottobre e nuovo capo di Hamas, eliminato sotto un ospedale di Khan Younis. Per quindici anni questi che per Gad sono nemici, altrimenti non pubblicheremmo il suo discorso con replica, e per i suoi correligionari di San Giovanni sono fratelli palestinesi in lotta contro gli oppressori sionisti, hanno alimentato la santabarbara dell’odio antisemita costruendo una fortezza protetta da scudi umani, in particolare donne vecchi e bambini, e vantandosene apertamente in nome del bene della causa. Nessun governo di sinistra si è mai ritirato dalla Cisgiordania, che è occupata da quasi oltre mezzo secolo per ragioni di sicurezza e di scambio, terra contro pace, ragioni che sono state rinnegate, non da Israele, non da Rabin, non da Barak, non da Begin, non da Sharon, non da Netanyahu, ma dai loro nemici mortali. Poi uno può auspicare legittimamente che sia qualcun altro a dirigere Israele, basta trovare una maggioranza e sarà cosa fatta. Ma non pensi che con questo la faccenda sarà chiusa a tarallucci e vino, perché semplicemente non è possibile finché in terra palestinese non sarà estirpato il progetto annientatore che si insegna ancora oggi in tutte le scuole antisioniste. Se avesse detto queste cose, alcune delle quali in un recesso della sua coscienza politica e storica certamente pensa, in quella piazza di moralisti emozionali indementiti lo avrebbero linciato. E vorremmo ancora più bene alla sua dignitosa, decente e onorata memoria. Lunga vita a un’anima bella e perduta.


Indagine su una parola sbagliata
Gaza, tragedia sì, genocidio no

sangue sulle urne 2026