
Ansa
La nave dei folli
Da chi balla per i missili iraniani a chi piange Nasrallah, se Greta è “ostaggio d'Israele”
Mentre ignorano le vittime dei terroristi, gli attivisti inscenano provocazioni contro Israele e solidarizzano con figure radicali. L’azione mediatica sembra complicità ideologica più che impegno umanitario
Gli attivisti e Greta Thunberg non parlano mai della sorte degli ostaggi israeliani trattenuti nei tunnel di Hamas a Gaza da oltre seicento giorni. Dopotutto, alcuni di loro sostengono i terroristi. E ora sono Greta e gli altri a definirsi “ostaggi” con la fabbrica dei social in alto mare in piena attività. Greta e i suoi colleghi della barca “Madleen” hanno caricato video preregistrati, tutti con lo stesso messaggio: “Se vedete questo video, significa che siamo stati rapiti…”. Da chi? Da Israele, ovvio. “Equipaggio rapito”, titola la Repubblica nel mostrare il video in cui Greta spiega che lei e gli altri della nave sono presi dalle “forze di occupazione israeliane”. Israele ha portato al porto di Ashdod “lo yacht dei selfie delle celebrità”, come lo ha definito ieri Gerusalemme. “Die Show ist vorbei!”, titola la Bild, lo spettacolo è finito, che racconta chi c’era davvero a bordo della nave dei folli.
Se fosse vivo anche Vittorio Arrigoni, attivista dell’International Solidarity Movement, sarebbe a bordo con Greta. Peccato che Arrigoni sia stato rapito, seviziato, strangolato e ucciso: a Gaza ma non dagli israeliani, sono stati i fanatici di Gaza. La morte del pacifista italiano fu la prima di uno straniero a Gaza da quando il movimento islamico prese il potere nel 2007 con la violenza ai danni dell’Autorità palestinese. A bordo della nave di Greta per Gaza c’è anche Huwaida Arraf, fondatore dell’International Solidarity Movement. Per evitare che Hamas prendesse altri ostaggi o uccidesse altri Arrigoni, Israele ha fermato la nave di Greta di fronte alle acque di Gaza. Finisce così, con gli attivisti che devono vedere il famoso video del 7 ottobre di 46 minuti, la galleria degli orrori di Hamas, la crociata marittima di chi voleva rompere l’assedio di Gaza. Omar Faiad, giornalista dell’emittente qatariota al Jazeera, pochi giorni dopo il massacro del 7 ottobre ha equiparato i soldati israeliani ai nazisti. La parlamentare europea Rima Hassan ha incolpato Israele della morte di Shiri Bibas e dei suoi due figli piccoli, Kfir e Ariel, sostenendo falsamente che fossero stati uccisi in attacchi aerei israeliani.
Il Corriere della sera riportava ieri una frase di Yasemin Acar come se fosse un’autorità: “Non possiamo salvare due milioni di persone stremate, ma non possiamo nemmeno accettare quell’inferno”. La tedesca Bild riporta che Acar, veterana attivista berlinese, ha espresso il suo odio per Israele e per le autorità tedesche. Durante l’attacco missilistico iraniano contro Israele, Acar ha pubblicato un video che la mostrava mentre ballava allegramente nella sua cucina. Durante una protesta, è stata filmata mentre modificava un cartello da “Distruggiamo Hamas” a “Distruggiamo il sionismo”. Thiago Avila, anche lui a bordo con Greta, è l’esempio più estremo del programma di fondo della flottiglia. A febbraio, Avila ha partecipato al funerale del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah in Libano, definendo la sua presenza “un grande onore”. Ha chiamato Nasrallah un “santo martirizzato e un leader amato che ha ispirato persone in tutto il mondo e una figura storica nella lotta anticoloniale”.
Ieri il Telegraph ha rivelato che fra le organizzazioni della flottilla per Gaza ci sarebbe anche quella di Zaher Birawi, di cui il giornale inglese ha pubblicato una foto accanto al leader di Hamas, Ismail Haniyeh.
Il giorno prima che Greta e gli altri venissero fermati davanti a Gaza, Hamas prendeva un palestinese accusato di rubare il cibo che i terroristi sequestrano per poi gridare alla “carestia” e lo ha ucciso davanti a centinaia di persone. Perché alla realtà non importa degli hashtag. E nemmeno a Hamas. Così si scopre che anchee Mahmoud Zabar Tafesh Bassal, il citatissimo “portavoce della protezione civile nella Striscia di Gaza” che sin dall’inizio della guerra ha rilasciato centinaia di dichiarazioni ai media internazionali, è un alto ufficiale del gruppo terroristico. Gli europei della nave “Madleen” ora possono tornare a casa a sostenere l’Intifada e cantare “Sinwar non lasceremo che tu muoia” nelle nostre strade. Yahya o Mohammed non importa, né importa che il secondo si nascondesse sotto l’Ospedale europeo di Gaza.


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