Ansa 

l'analisi

Il vero motivo per cui Wilders ha fatto cadere il governo olandese

Francesco Gottardi

Dopo mesi di paralisi, il leader sovranista ha provocato la caduta del governo olandese per l'impasse sulle politiche migratorie. Ma ora, con elezioni anticipate il 29 ottobre, il Pvv rischia isolamento nonostante il consenso. Mentre liberali e socialdemocratici guadagnano terreno

L’Aia. Una fine improvvisa, ma tutt’altro che imprevista. “Da mesi, all’Aia, lo sapevano tutti: il governo cadrà. La vera domanda era quando”. E a rispondere ci ha pensato Geert Wilders all’inizio di questa settimana, con un colpo di teatro: via il Pvv dalla coalizione di maggioranza, via i suoi ministri dall’esecutivo. “Troppa esitazione altrui” sulle politiche migratorie, accusa il leader dell’ultradestra. Quando invece, verosimilmente, aspettava soltanto il pretesto per sfilarsi da un’esperienza politica che tutti considerano un fiasco – 11 mesi di potere e altrettanti di paralisi amministrativa. “Da oggi si va a passo spedito verso nuove elezioni”, previste per il prossimo 29 ottobre. “Con una consapevolezza in più: di fronte agli ostacoli, Wilders stacca la spina e lascia il paese in balia degli eventi. Era già successo nel 2012”, quando fu responsabile della caduta del primo governo Rutte.

 “Ora nessuno potrà più ignorarlo. Nemmeno gli altri partiti conservatori, si è confermato un interlocutore inaffidabile”. L’analisi arriva dai pressi della Tweede Kamer, dove Donatello Piras, commentatore politico italo-olandese per Bnr Nieuwsradio, ha osservato da vicino la nuova crisi. “Da quasi un anno siamo sulla graticola”, spiega al Foglio. “Tutto di questo esecutivo è stato faticoso: dalla sua formazione alla sua breve vita”. 223 giorni di trattative e 336 al potere, la legislatura più effimera degli ultimi due decenni. “Perfino i ministri si accusano a vicenda di immobilismo. L’unico elemento di consenso bipartisan è proprio questo: il governo che avrebbe dovuto stravolgere i Paesi Bassi, più che altro li ha messi in standby. Senza lasciare segno del suo passaggio. E tra l’altro, sull’immigrazione la storia si ripete”.


Anche due anni fa il Rutte IV capitolava così: il frontman di allora a invocare la stretta in materia di accoglienza e il resto della coalizione a non aderire all’appello. Solo che stavolta tutto si giocava su uno scenario molto più estremo, con implicazioni problematiche anche in relazione alla normativa comunitaria. “Dal suo punto di vista, Wilders finora aveva ceduto su tanti punti programmatici”, continua Piras. “Ma sulla gestione dei profughi non ha voluto transigere: è sempre stato il suo cavallo di battaglia, la fonte del suo consenso elettorale. Dunque al governo, da partito più votato, il Pvv aveva l’occasione storica di tradurre le parole in fatti”. Il nodo più difficile sembrava sciolto, con la recente approvazione della legge finanziaria. “E soltanto due settimane fa, Wilders ribadiva in conferenza stampa i suoi propositi, formulando i dieci punti da approvare sulle politiche di asilo.

Erano già nel programma di governo, ma lui ha preteso la rinnovata firma degli alleati e la loro disponibilità a chiudere le frontiere e i centri di accoglienza”. Un’ulteriore prova di lealtà che ha lasciato scettico più di qualcuno. “Non fa parte del protocollo istituzionale. Inoltre, bloccare i flussi in arrivo avrebbe richiesto il dispiegamento dell’esercito alla dogana, con inevitabili considerazioni di costo. Il Vvd e gli altri l’hanno fatto notare e  Wilders ha rotto”.  Così facendo  il leader dei sovranisti sarà ricordato come chi, il governo dell’inazione, l’ha fatto cadere. Tramutando il fallimento in merito agli occhi dei suoi sostenitori. “Wilders ha cercato il pretesto per affossare l’esecutivo Schoof proprio perché non è riuscito a incidere al suo interno. Oggi si proietta già in campagna elettorale e i sondaggi continuano a premiarlo. Ma è stata una comoda scappatoia: la modifica delle leggi migratorie non era nemmeno arrivata alla base del lavoro parlamentare. E questo è un flop politico che il Pvv si guarderà bene dal far notare”. C’è dell’altro: presto i membri della Tweede Kamer avrebbero discusso la normativa sugli alloggi popolari, per cui l’ultradestra propugna da sempre una forte regolamentazione. Tutti però sapevano che non avrebbe ottenuto la maggioranza. E piuttosto che scivolare sugli affitti, Wilders ha preferito immolarsi da paladino anti-migranti.

E adesso? “Ci prepariamo ad andare alle urne”, con Dick Schoof intanto primo ministro facente funzioni. “Ma per Wilders si profila una vittoria di Pirro: gli altri partiti antisistema verranno spazzati via, mentre liberali e socialdemocratici sono di nuovo in crescita. In questo contesto, anche in caso di exploit, il Pvv si ritroverà isolato. Perché nessuno si fida più. E a quel punto lascerà spazio a una coalizione argine agli estremismi”. Tutto sommato, per l’Olanda non sarebbe affatto una brutta notizia.
 

Di più su questi argomenti: