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Editoriali
Gli occhi sul nucleare iraniano
Il ministro degli Esteri iraniano Araghchi incontra l’inviato speciale americano Witkoff, che incontra gli israeliani. La pressione necessaria
Il quinto appuntamento tra Stati Uniti e la Repubblica islamica dell’Iran per delineare un nuovo accordo sul progetto nucleare di Teheran si è tenuto ieri a Roma. Come nei precedenti incontri, l’inviato speciale americano Steve Witkoff e il ministro degli Esteri Abbas Araghchi si sono parlati con la mediazione dell’Oman. Sia gli iraniani sia gli americani, alla fine dei colloqui, hanno detto di vedere un potenziale, manifestando ottimismo da tutte e due le parti. Prima di presentarsi all’incontro, Araghchi aveva scritto su X che la posizione di Teheran era chiara: “Scoprire come arrivare a un accordo non è un’impresa titanica. Zero armi nucleari = ABBIAMO un accordo. Arricchimento zero = NON abbiamo un accordo. E’ il momento di decidere…”. Giocando sull’ambiguità del nucleare a scopo civile, l’Iran è riuscito a portare avanti l’arricchimento dell’uranio fino ad arrivare a un passo dallo sviluppo di armi atomiche, agevolato negli ultimi anni dall’allontanamento trumpiano dal piano Jcpoa.
Ieri Roma è stata un crocevia, perché Witkoff ha incontrato anche il capo del Mossad David Barnea e il ministro per gli Affari strategici di Israele Ron Dermer, arrivati in Italia perché lo stato ebraico è molto preoccupato per l’andamento dei negoziati e teme che gli Stati Uniti, pur di avere un accordo, accetteranno soluzioni semplici. Per questo Israele aumenta la pressione e l’incontro tra i suoi funzionari e Witkoff era un modo per avere rassicurazioni e ottenere immediatamente un riscontro su quello che era accaduto con gli iraniani. Per il regime di Teheran un nuovo accordo è importante per avere sollievo economico, ottenere la cancellazione delle sanzioni, quindi allontanare il tracollo del sistema. Per gli Stati Uniti l’accordo sarebbe la prima vittoria delle mediazioni della Casa Bianca, in cerca di vittorie. Se i negoziati saranno fallimentari o si concluderanno in modo sbilanciato a favore di Teheran, per Israele rimarrà soltanto l’opzione militare, difficile da compiere senza il sostegno americano.