Jordan Bardella - foto GettyImages

in Francia

La giornalista Ariane Chemin ci accompagna nei racconti familiari di Jordan Bardella

Mauro Zanon

La biografia del politico francese uscirà nelle prossime settimane. Non si sa troppo sui contenuti, se non che spingerà molto sulle origini italiani per respingere le accuse di xenofobia  

Nel 2021, Jordan Bardella, leader del Rassemblement national e capolista alle europee del principale partito sovranista francese, non aveva gradito che Éric Zemmour, opinionista incendiario di tele-Bolloré (Cnews) diventato suo concorrente alla destra della destra con Reconquête, avesse denunciato i nomi “Mohammed o Jordan”, ritenendoli un emblema della “defrancesizzazione e americanizzazione” della società francese. Bardella era d’accordo con Mohammed, ma non con “Steve, Kevin o Jordan”, che vedeva come semplici “segni di appartenenza alle classi popolari” tipici degli anni Novanta, il decennio delle serie televisive importate dagli Stati Uniti, quando sua madre lo cresceva da sola, “con un salario minimo, in un quartiere popolare del 93”, ossia il dipartimento più povero di Francia. “Ciò che è interessante in Bardella è che si chiama Bardella: non solo perché è un cognome di origini italiane, ma anche perché non è un Le Pen”, dice al Foglio Ariane Chemin, firma storica del Monde. “E’ la prima volta che un leader del partito frontista non proviene da questa dinastia e in più è figlio di un milieu completamente diverso da quello di Marine Le Pen: è nato a Drancy, nella Seine-Saint-Denis”.

Ossia il dipartimento delle banlieue difficili, delle rivolte del 2005, quel lembo di terra a nord di Parigi che finisce spesso sulle pagine di cronaca per storie di criminalità e terrorismo. La capolista dei deputati del Rassemblement national e futura candidata (per la quarta volta) alle elezioni presidenziali è nata invece a Neuilly-sur-Seine, sobborgo chic di Parigi dove è nato anche Nicolas Sarkozy, ed è cresciuta nella bambagia di Montretout, l’hôtel particulier di famiglia a Saint-Cloud. 
E’ da anni che Jordan Bardella mette in rilievo le sue origini italiane: un modo per respingere le accuse di xenofobia che vengono regolarmente mosse nei suoi confronti in quanto leader del Rassemblement national, il partito dei “français d’abord”, prima i francesi. “Nel 2007, Sarkozy si era presentato come il piccolo francese di sangue misto, in ragione delle sue origini ungheresi. Oggi Bardella usa le sue origini italiane come strumento di campagna, se ne serve perché risuona in mezzo alla gente, soprattutto nei quartieri popolari. Ha capito com’è fatta la società in Francia: un cittadino su tre ha un discendente di origini straniere. Il richiamo alle sue origini, a quanto pare, figurerà anche nel sottotitolo del suo libro”, dice Chemin. Sui contenuti della sua biografia, la cui uscita è prevista nelle prossime settimane, c’è una gran segretezza. Per ora si sa soltanto che i suoi genitori avranno uno spazio importante, che la storia della sua famiglia, un esempio di assimilazione riuscita come è solito sottolineare, sarà centrale. 
“Ha tre nonni italiani, di cui due piemontesi”, racconta Chemin, che ieri sul Monde, in un reportage congiunto con Repubblica, ha rivelato il nome della città d’origine dei suoi nonni materni e dove è nata la madre Luisa: Nichelino, ex sobborgo operaio della Fiat, famoso per la Palazzina di caccia di Stupinigi, dove soggiornò Napoleone nel 1805.

“Ha un lato bucolico, molto più dolce della periferia dove è nato”, sottolinea Chemin. In uno dei primi meeting in cui parlò fieramente delle sue origini italiane, a Draguignan, città del sud-est francese, pronunciò queste parole: “Bardella è di origine italiana. Ma i miei genitori provengono da una generazione che si è integrata, assimilata, ha lavorato duramente e ha amato la Francia. A casa, non mi lasciavano stare fuori tutta la notte. Non c’è nessuna ragione, nessuna, per cui le generazioni future non debbano fare lo stesso sforzo”. Bardella, sottolinea Ariane Chemin, “fa una distinzione tra l’immigrazione venuta dall’Italia, sorella latina e cattolica, ma anche dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Polonia, e quella più tardiva, che è l’immigrazione dei paesi del Maghreb. La prima, per lui, è una buona immigrazione, la seconda meno”.

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