Il primo ministro della Norvegia Jonas Gahr Store - foto Ansa

La "pace" di Oslo

Così la Norvegia diventa il paese più antisraeliano d'Europa

Giulio Meotti

C’è del marcio in Norvegia: prima il ministro degli Esteri dichiara che arresterebbe Netanyahu, poi il primo ministro che riconosce ufficialmente lo "stato di Palestina". Si accodano Spagna e Irlanda. Ecco l'Europa che fa la felicità di Hamas

Due annunci in poche ore dal “paese più pacifico del mondo” che faranno la felicità di Hamas, che oggi infatti ha esultato al riconoscimento dello stato palestinese da parte di Oslo. Prima il ministro degli Esteri norvegese, Espen Barth Eide, ha dichiarato che la Norvegia arresterà Benjamin Netanyahu se la Corte dell’Aia emetterà il mandato e il premier israeliano entrasse nel paese. Poi il primo ministro Jonas Gahr Store ha riconosciuto lo “stato di Palestina”.
 

“Si sarebbe potuto pensare che una campagna di uccisioni, torture, stupri e prese di ostaggi sarebbe stata squalificante per un movimento di indipendenza nazionale” scrive su Tablet il giurista americano Eugene Kontorovich. “Dal 7 ottobre, quattro paesi hanno riconosciuto lo ‘stato di Palestina’ e tre stati europei lo faranno entro maggio. Si tratta di più riconoscimenti di quelli che l’Autorità palestinese ha ottenuto nell’intero ultimo decennio”. Dopo Oslo, anche Madrid e Dublino hanno riconosciuto lo stato palestinese, spingendo Gerusalemme a ritirare i propri ambasciatori. E non importa, come ha detto Salman Rushdie, che “oggi uno stato palestinese sarebbe come i talebani e un satellite iraniano”. Su quali confini sorgerebbe questo stato? Hamas ha già detto che non accetterà mai le linee del 1967 e infatti il 7 ottobre le ha varcate e ucciso 1.200 israeliani.
 

Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha risposto che i tre paesi sono “pedine nelle mani dell’Iran. Irlanda e Norvegia intendono inviare oggi un messaggio ai palestinesi e al mondo intero: il terrorismo paga”. Di crisi in crisi, fra Oslo e Gerusalemme. Al vertice internazionale sulla crisi tra Israele e palestinesi al Cairo, due settimane dopo lo scoppio della guerra a Gaza, il ministro norvegese Eide era stato l’unico diplomatico occidentale a condannare Israele e a non chiedere il rilascio degli ostaggi. Quando all’Aia sono iniziate le udienze del caso presentato dal Sudafrica contro Israele per “genocidio”, la Norvegia ha espresso sostegno a Pretoria. Il primo ministro norvegese Jonas Gahr Store ha poi affermato che “la Norvegia è pronta a dialogare con Hamas” per trovare una soluzione per porre fine alla guerra. Non sorprende, dato che la Norvegia è l’unico paese europeo che non aveva definito Hamas come un’organizzazione terroristica. Il ministero degli Esteri ha poi vietato al re di Norvegia, Harald V, di inviare le condoglianze a Israele per il 7 ottobre, “alla luce della natura politica del conflitto”.
 

Anche dopo che è stato rivelato che numerosi dipendenti dell’Unrwa hanno partecipato al massacro, la Norvegia ha continuato a finanziare l’agenzia. Il deputato laburista norvegese Asmund Aukrust, vicepresidente della commissione Affari esteri del Parlamento, ha poi nominato Unrwa per il Nobel per la Pace. Il Consiglio comunale di Trondheim, la terza città più grande della Norvegia, ha approvato una mozione per chiedere ai residenti di boicottare i beni israeliani: una città “deisraelizzata”. Il Dagbladet, il quotidiano dei laburisti, non solo ha scritto che è Israele ad aver iniziato la guerra il 7 ottobre, ma ha anche pubblicato una vignetta in cui i terroristi palestinesi lasciano una prigione con lo slogan nazista di Buchenwald: “Jedem Das Seine”. A ciascuno il suo.
 

E già durante la guerra di Israele contro Hezbollah, Jostein Gaarder, il più famoso romanziere del paese (“Il mondo di Sofia”, tradotto in 53 lingue e milioni di copie vendute), ha scritto: “Non riconosciamo Israele”. D’altronde, il ministro Eide è stato fotografato il primo maggio al fianco di Mona Osman, la figlia di un terrorista palestinese che ha ucciso sei ebrei in un attacco terroristico a Parigi. Nella foto, Osman ha in mano un cartello con la bandiera palestinese e le parole “Fanculo Israele” e “Fanculo la Nato”. Osman è la figlia del terrorista Walid Abdulrahman Abu Zayed, coinvolto in un attentato a Parigi nel 1982 in cui furono uccise sei persone  al ristorante ebraico Jo Goldenberg. Pacifisti, brutta razza. Aveva ragione George Orwell a definirli i migliori alleati dei totalitaristi.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.