Gettyimages

A Bruxelles

Sul Patto di stabilità il Pd ora vuole astenersi (nonostante Gentiloni)

Pietro Guastamacchia

I dem sembrano aver deciso di non votare la riforma sulle regole della governance economica europea. Ma la giravolta dem, che tanto piace al M5S, non è il primo strappo di Schlein rispetto alla linea economica dei suoi predecessori, e potrebbe non essere l'ultimo

Bruxelles. Dopo anni di trattative la riforma del Patto di stabilità, che stabilisce le nuove regole della governance economica europea, è ora a due passi dall’approvazione finale. Eppure, nonostante porti la firma del Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, il Pd sembra aver deciso di non volerla votare. Probabilmente i dem, alla fine, si asterranno. La giravolta è l’ultima di una serie di cambi di rotta del Pd, verso posizioni sempre più radicali, voluti direttamente dalla segretaria Elly Schlein. Il no al Patto infatti era finito al centro della riunione della delegazione del partito a Strasburgo durante la visita della segretaria il mese scorso al Parlamento europeo. Nonostante siano passate diverse settimane, però, non tutto il Pd a Bruxelles sembra aver pienamente compreso la scelta e qualcuno frena chiedendo ulteriori riflessioni. 


Il dietrofront non l’hanno capito neanche i colleghi del Partito Socialista Europeo. “Conosciamo la posizione del Pd sul Patto di stabilità, ma la maggioranza del nostro gruppo sostiene l’accordo trovato sulla riforma”, spiega infatti la presidente del Gruppo dei Socialisti e Democratici, la spagnola Iratxe Garcia Perez, che difende l’accordo portato a casa proprio durante la presidenza di turno dell’Ue guidata dal socialistissimo premier spagnolo Pedro Sanchez. “Certo non è perfetto, volevamo più flessibilità e investimenti, ma siamo giunti alla fine e il risultato deve ora essere adottato. L’alternativa è il ritorno alle vecchie regole ed all’austerity”, continua la Garcia Perez, generalmente sempre in sintonia con le decisioni di Schlein.


Chi invece ha capito bene la decisione è la delegazione del M5s a Bruxelles, in trincea contro il Patto sin da inizio negoziato. Dal M5s prendono atto invece che “il vento sta cambiando verso di noi”, scherzano, sottolineando che “sembrerebbe che ci sia un’egemonia politica delle nostre posizioni nelle scelte dell’opposizione”. L’accordo certamente è molto diverso dalla proposta iniziale ideata da Paolo Gentiloni, c’è meno spazio alla flessibilità e meno investimenti grazie a un colpo di coda dei falchi guidati dal ministro tedesco Christian Lindner. Modifiche che sono diventate il dito dietro cui nascondere la scelta della segretaria Pd, che evita però di ricordare anche che l’accordo che andrà al voto a Strasburgo ad aprile è stato negoziato non solo da Gentiloni dal lato della Commissione, ma anche dalla dem Irene Tinagli, presidente della commissione Economia dell’Eurocamera, che dopo mesi di trattative ha preferito non partecipare al voto finale. “Non è ancora detto che il Pd voti no, ma è legittimo che si esprima un giudizio su un accordo che è molto distante da ciò che volevamo”, spiegano dallo staff della delegazione democratica a Bruxelles. Più preoccupati invece gli eurodeputati Pd dell’area moderata: “Qui si fa una pessima figura, e si fa fare una pessima figura a Gentiloni, speriamo che dalla segreteria si convincano perlomeno all’astensione”, spiegano al Foglio.

Ma la giravolta Pd sulla riforma del Patto di Stabilità non è il primo strappo di Schlein rispetto alla linea economica tenuta dai suoi predecessori, e potrebbe anche non essere l’ultimo. Già nel voto sulla liberalizzazione del mercato elettrico, a novembre,  Schlein era riuscita a portare su posizioni più populiste la delegazione Pd a Bruxelles. I dem si sono divisi anche sulle nuove regole Ue sui pesticidi. In quell’occasione la linea “più agricola” dell’eurodeputato Paolo De Castro venne soppiantata da un’intransigenza ambientalista voluta dalla segretaria. Schlein, dunque, sembra aver impresso un cambio di linea sempre più pronunciato a Bruxelles, proprio mentre scorrono i titoli di coda delle legislatura europea. Alle forche caudine del voto in aula devono però passare ancora due dei dossier più importanti di tutto il quinquennio europeo, il Patto di stabilità ed il Patto migrazione e asilo, due accordi negoziati da commissari socialisti e da relatori socialisti. Dal comportamento del Pd su questi testi si valuterà se davvero la nuova leadership di Schlein è così barricadera. Così come il fascino delle sirene del campo largo italiano.
 

Di più su questi argomenti: