Alla Cpac

Il senatore Vance ambisce al ticket elettorale con Trump e si fa cantore dell'abbandono degli ucraini

Paola Peduzzi

Si è aperta la conferenza dei conservatori che è diventata la festa trumpiana. C'è un gran parlare del vicepresidente che potrebbe scegliere Trump e nel mondo della diplomazia internazionale circola quello del senatore dell'Ohio che è stato anche alla Conferenza di Monaco. La sua retorica antiucraina, il documento che ha fatto circolare al Congresso e il primo punto della "risoluzione" della Cpac

E’ iniziata la Conservative Political Action Conference (Cpac), la conferenza dei conservatori americani che nel 1974 aveva come relatore di spicco Ronald Reagan e che oggi è la festa del trumpismo, come è inevitabile non essendosi il Partito repubblicano dotato di alternative. E’ anno elettorale quindi l’attenzione è rivolta agli ospiti nazionali – il leader internazionale di punta è l’argentino Javier Milei – che si litigano le attenzioni di Donald Trump, che parlerà sabato, perché se vince, come sembra, le primarie in vista delle presidenziali di novembre, deve scegliere il suo vicepresidente e dalle parti del Cpac questo è un incarico ambito, pure se l’ultimo che l’ha rivestito, Mike Pence, i trumpiani lo avrebbero messo sulla forca e Trump non lo avrebbe difeso.

Circolano molti nomi, l’ex presidente ne ha fatti alcuni, ha insistito su quello di Tim Scott, senatore della Carolina del sud dove si vota sabato, che quindi ora si sente il favorito, come se fosse ignaro del fatto che si entra e si esce dal cuore di Trump con capricciosa velocità. Nel mondo della diplomazia e della politica estera – che come è noto non è vicino al cuore di Trump – c’è un nome che ricorre  spesso, che è quello del senatore dell’Ohio, lo scrittore J.D. Vance, forse perché ha partecipato alla Conferenza per la sicurezza di Monaco, dove ha evitato bene di andare agli incontri dei senatori americani con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, con il segretario della Nato Jens Stoltenberg o con la premier estone Kaja Kallas: “Penso che non avrei imparato nulla di nuovo”, ha detto.

Più che altro non aveva intenzione di sentire fatti e analisi che contraddicono la sua posizione sull’Ucraina e sull’invasione di Vladimir Putin, che ha ribadito in un suo intervento all’ultimo giorno della Conferenza. Vance ha detto che gli Stati Uniti non possono continuare a sostenere l’Ucraina perché la sua industria della  Difesa non produce abbastanza armi che comunque devono essere conservate per altre crisi e altre regioni: “Non si vincono le guerre con il pil, gli euro o i dollari. Si vincono  con le armi, e l’occidente non produce abbastanza armi”, ha detto Vance. Il pacchetto da 68 miliardi di dollari per gli aiuti militari a Kyiv che il Congresso a trazione trumpiana non vuole approvare (e che il senatore dell’Ohio non ha votato, ma al Senato si è ritrovato in minoranza) serve proprio per aumentare la produzione di armi in America – all’Ohio sono stati destinati 684 milioni di dollari per questo: sono posti di lavoro e investimenti – e rifornire gli arsenali americani, ma questo Vance non lo dice. Anzi, la settimana scorsa ha fatto circolare un documento tra i repubblicani in cui sostiene che questo pacchetto di aiuti è una trappola per Trump: “Questi fondi scadono il 30 settembre 2025, a circa un anno dal possibile secondo mandato del presidente Trump. Questi aiuti sono gli stessi per cui Trump fu messo sotto stato d’accusa dopo averli sospesi nel 2019”. Cioè Vance dice: i democratici vogliono far passare una legge che permetterà loro di fare un altro impeachment a Trump, state attenti! La seconda argomentazione, si fa per dire, del senatore dell’Ohio è che l’Ucraina non ha una strategia per la vittoria e  quindi l’America, invece di sacrificare vite ucraine, dovrebbe fare un accordo con Putin, “che ha un incentivo ora a negoziare”, come se vivere sotto l’occupazione dei russi non fosse un sacrificio esistenziale, come se gli ucraini non fossero disposti a morire piuttosto che vivere sotto il giogo di Putin. In ogni caso, conclude Vance con un’altra oscena distorsione della realtà, anche se gli aiuti venissero approvati, “la realtà del campo di battaglia non cambierebbe in modo sostanziale”.

E’ chiaro che i leader e gli esperti presenti a Monaco non fossero gli interlocutori che Vance sta cercando: il senatore vuole conquistare Trump e il suo mondo. Oggi parlerà alla Cpac, dove intende ripetere i princìpi del suo isolazionismo dicendo anche un’altra cosa lì popolare: l’Ucraina è un affare degli europei, spendessero loro per la sua difesa. Come recita il primo punto della “risoluzione” che tradizionalmente apre la Cpac, i guai e i nemici sono altri: “Condanniamo le tattiche da stato di polizia di Xi Jinping, Vladimir Putin, Lula da Silva e Joe Biden, e tutti i loro tentativi di silenziare, di attaccare nei tribunali e di mettere in prigione i loro principali oppositori politici. Questi sono reati di interferenza elettorale. In particolare, vogliamo prestare la nostra voce per protestare con forza contro le persecuzioni legali fatte contro Jair Bolsonaro, Jimmy Lai e il presidente Donald Trump”. Chissà se nella versione originaria c’era anche Alexei Navalny – forse no.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi