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La commissione dell'Ue

Meno Green deal, più Difesa e la porta aperta a Ecr. Il piano di von der Leyen

David Carretta

Il centro allargato della presidente della Commissione europea che si ricandida in Europa (ed esclude gli “amici” di Putin dalla sua coalizione). La porta aperta a Giorgia Meloni. Il patto con Emmanuel Macron 

Bruxelles. Annunciando ieri la sua candidatura a un secondo mandato alla presidenza della Commissione, Ursula von der Leyen ha usato la parola “centro” per definire i contorni della maggioranza con cui intende governare l’Ue nei prossimi cinque anni. Ma è un “centro” allargato ai sovranisti pragmatici, come Giorgia Meloni, quello a cui sta pensando von der Leyen. E dunque a una maggioranza più a destra di quella di questa legislatura tra Partito popolare europeo, Partito socialista europeo e liberali di Renew. Von der Leyen ha tracciato una linea rossa, oltre la quale ci sono i partiti con cui non intende collaborare e che vuole combattere. Sono gli “amici” di Putin, “che si tratti di AfD, di Marine Le Pen, di (Geert) Wilders, o di altre forze estremiste” che “vogliono distruggere l’Europa”, ha detto von der Leyen. Ma il cordone sanitario è più stretto di quello del 2019.

L’annuncio di von der Leyen di voler correre per un secondo mandato era atteso. Da settimane, la Cdu e il Ppe stavano preparando il terreno. La decisione definitiva è stata presa la scorsa settimana, dopo un incontro con Emmanuel Macron all’Eliseo. Il presidente francese ha concluso un patto informale con von der Leyen. La prossima Commissione deve essere franco-tedesca e avere una priorità su tutte le altre: non più il Green deal, ma la Difesa europea, intesa come l’industria europea della difesa e la preferenza comunitaria per gli acquisti di armamenti. “Dobbiamo espandere le capacità di difesa dell’Europa. E qui penso soprattutto alla base industriale”, ha detto ieri von der Leyen. La presidente della Commissione aveva già trascorso il fine settimana alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco a fare annunci nella stessa direzione, compreso l’impegno ad avere un commissario alla Difesa. Con il sostegno di Macron, von der Leyen è praticamente certa di ottenere la nomina dei capi di stato e di governo al Consiglio europeo dopo le elezioni. Tutto ciò che è previsto prima – la nomina ufficiale a Spitzenkandidat del Partito popolare europeo a marzo e la campagna elettorale – è pura formalità.

Nella sede della Cdu a Berlino, di fianco al leader del partito conservatore tedesco, Fredrich Merz, von der Leyen ha scelto di concentrarsi su altri due temi, principalmente legati alla politica interna tedesca. La Germania sta attraversando una fase di gravi difficoltà economiche. Il quadro politico è oscurato dai sondaggi, che danno il partito di estrema destra Alternativa per la Germania al secondo posto a livello nazionale. La sua Commissione, portando avanti a tappe forzate il Green deal, è stata accusata di aver pensato troppo poco alle imprese. “Dobbiamo coniugare gli obiettivi climatici con l’economia”, ha detto von der Leyen: “Dobbiamo fare progressi con la digitalizzazione” e “mantenere la burocrazia snella”. Le politiche climatiche e ambientali, di fatto, vengono rinnegate, anche se solo per la campagna elettorale. Quanto all’estrema destra, von der Leyen ha insistito su “democrazia” e “valori”, che hanno fatto “il successo dell’Europa. E dobbiamo continuare a difenderli dalle divisioni interne ed esterne. Dobbiamo rendere forte il nostro centro”, ha detto la presidente della Commissione. In modo inusuale, von der Leyen ha fatto l’elenco di quelli che considera i nemici dell’Europa e della democrazia. “Putin e i suoi amici, che si tratti di AfD, di Marine Le Pen, di Wilders, o di altre forze estremiste che ostacolano la democrazia in Europa”.

A prima vista, non è una novità. Il cordone sanitario si è sempre applicato all’estrema destra, riunita nel gruppo Identità e democrazia di cui fanno parte la Lega di Matteo Salvini, il Rassemblement national di Marine Le Pen e il Partito della libertà di Geert Wilders. Ma tradizionalmente, almeno al Parlamento europeo, il cordone sanitario era imposto anche alla destra sovranista, riunita nel gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), di cui fanno parte Fratelli d’Italia, il PiS polacco, gli spagnoli di Vox. Nelle ultime settimane l’Ecr ha acquisto anche un altro partito amico di Putin, quello francese di Reconquête, diretto dal duo Eric Zemmour-Marion Maréchal. Presto potrebbe arrivare il più fedele degli amici del presidente russo, il partito Fidesz del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Il Ppe e von der Leyen “lavoreranno con forze autoritarie e di estrema destra in futuro che vogliono smantellare la protezione del clima, la sicurezza sociale e la democrazia in Europa? Oppure lavoreranno con forze pro democratiche e progressiste per costruire un futuro sicuro, sostenibile e democratico?”, ha chiesto ieri Terry Reintke, una dei due Spitzenkandidaten dei Verdi.

Il 12 febbraio Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione e peso massimo dentro l’apparato del Ppe, ha lasciato intravedere le intenzioni di von der Leyen e dei popolari. “A Roma Giorgia Meloni, almeno per me, non è stata un catalizzatore per i populisti, è stata una diga contro i populisti”, ha detto Schinas all’incontro inaugurale della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Agli occhi del Ppe, per la prossima maggioranza europea il centro può essere allargato, almeno ai sovranisti pragmatici come Meloni. La tattica, tuttavia, non è prima di rischi. I Verdi non accetteranno di far parte della stessa maggioranza con tutti i sovranisti o anche solo una parte dell’Ecr. Se anche i Socialisti dovessero disertare, i voti al Parlamento europeo per confermare un secondo mandato von der Leyen non ci sarebbero.

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