Dialoghi tra conservatori

I Tory inglesi fanno pressioni sui repubblicani americani: non si abbandona l'Ucraina

Paola Peduzzi

Gli incontri e gli appelli: è nell'interesse dell'occidente sostenere Kyiv. Come due partiti amici e allineati si sono trovati così lontani su una questione essenziale come la difesa dell'ordine internazionale

I conservatori inglesi fanno pressioni sui repubblicani americani per il sostegno all’Ucraina. L’ex premier Boris Johnson è da sempre esplicito, è  stato arruolato lo scorso anno per girare gli stati americani e parlare agli elettori, agli imprenditori e ai politici del Partito repubblicano sulla necessità (e la convenienza) di portare l’Ucraina alla vittoria. Nella rubrica che tiene sul Daily Mail, Johnson ha scritto che l’eventuale ritorno di Donald Trump potrebbe non essere la catastrofe di cui tutti parlano, a patto che stia dalla parte di Kyiv e, tra la speranza e l’appello, scrive: “Non posso credere che Trump voglia scaricare gli ucraini”.

Considerando che il Partito repubblicano continua a tenere in ostaggio i circa 60 miliardi di dollari in aiuti a Kyiv per ottenere concessioni dai democratici su un piano anti immigrazione, e considerando che deputati e senatori ripetono che la posizione di Trump – nessun accordo se la politica sull’immigrazione non è quella che voglio io – va tenuta in considerazione, perché è di fatto il leader del partito, parte dello scaricamento è già avvenuta. Ma i conservatori inglesi insistono: il ministro degli Esteri, David Cameron, è in costante contatto con i repubblicani, quando è stato negli Stati Uniti ha cercato persino di convincere Marjorie Taylor Greene, la deputata della Georgia che rilascia comunicati fieri ogni volta che riesce a bloccare qualsivoglia aiuto all’Ucraina.

Il confronto tra i Tory e il Partito repubblicano mostra quanto si sia trasformato il secondo a causa di Trump. Il Regno Unito non è certo un paese rimasto immune dal sovranismo e dall’isolazionismo, si trascina dietro la Brexit come il fardello di quella stagione, ma sulla difesa dei valori occidentali contro l’assalto russo non ha avuto mai un tentennamento: non lo hanno avuto né i Tory né il Labour, che litigano tra loro su tutto tranne che sull’urgenza di questa difesa.

I Tory, che sono al governo e in svantaggio nella campagna elettorale (si vota quest’anno anche nel Regno Unito), non hanno al loro interno nessuna corrente putiniana e anzi in questi due anni hanno fatto da motore per l’America rompendo prima di tutti i vari tabù militari in Ucraina, dai carri armati agli F-16. Mark Landler, che si è occupato del tema sul New York Times, ha ripercorso la special relationship anglo-americana degli ultimi decenni, ricordando che la lotta alle dittature ha travalicato i confini dei partiti e che anche quando i repubblicani americani erano realisti, come con Bush padre, il consiglio britannico non variava: “Questo non è il momento di vacillare”, gli disse Margaret Thatcher quando Saddam Hussein aveva invaso il Kuwait.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi