La fortezza di Hamas: fino a 720 chilometri di tunnel sotto Gaza (quasi il doppio della metro di Londra)

Giulio Meotti

Secondo il New York Times, la rete sotterranea costruita dai terroristi si estenderebbe per circa 700 chilometri. Una serie di cunicoli per la cui costruzione sono state distratte centinaia di milioni dalla popolazione civile palestinese

La rete di tunnel a Gaza sarebbe molto più estesa di quanto si pensasse, tra i 560 e i 720 chilometri, un terzo più della metropolitana di Londra (402). Lo riferisce il New York Times citando fonti militari israeliane. A dicembre scorso si parlava di un’estensione di 400 chilometri. Gli imbocchi che permettono l’accesso ai tunnel sono 5.700. Solo a Khan Yunis - roccaforte di Hamas nel sud  dove sono in corso forti combattimenti e si nasconderebbe Yahiya Sinwar - ci sono 160 chilometri di tunnel. 

Ci sono due tipi di tunnel: uno per i comandanti, più agevoli e profondi e piastrellati; l’altro per gli operativi, più spartani e meno profondi. Ci sono elenchi di famiglie che ospitavano imbocchi di tunnel nelle loro case private. Per costruire i tunnel a Gaza, Hamas ha utilizzato oltre seimila tonnellate di cemento e 1.800 tonnellate di metallo. Uno dei funzionari intervistati dal New York Times ha spiegato che potrebbero “volerci anni” per neutralizzare l’immensa rete di tunnel sotto Gaza.

 

Un tunnel era sufficientemente largo perché un alto funzionario di Hamas potesse entrarci con un’auto. Un altro si estendeva per tre campi da calcio ed era sotto un ospedale. Sotto la casa di un alto comandante di Hamas, l’esercito ha trovato una scala a chiocciola che conduceva ad un tunnel profondo sette piani. I funzionari israeliani affermano che la portata, la profondità e la qualità dei tunnel costruiti da Hamas li hanno stupiti. 

 

Sono cifre straordinarie per un territorio lungo 41 chilometri. Un documento mostra che Hamas ha stanziato un milione di dollari per le porte dei tunnel a Khan Younis, dove ci sono 160 chilometri di tunnel. Si calcola che un chilometro di tunnel costi un milione di dollari. Hamas ha tolto mezzo miliardo dalle casse dei palestinesi per costruire la sua metro del terrore, con cui infiltrare terroristi in Israele, esfiltrare ostaggi israeliani e muovere truppe e missili.  Prima della guerra, Israele impiegava circa un anno per localizzare un tunnel. Da quando è entrato nella Striscia, l’esercito ogni giorno acquisisce nuove informazioni. Ma a oggi soltanto meno della metà dei tunnel sarebbero stati trovati e distrutti. Ci è voluta più di una settimana per trovare il solo tunnel di Shujaiya e per demolirla sono servite diverse esplosioni.

 

E le stime dopo il 7 ottobre sono scritte sulla sabbia. Prima della guerra, l’esercito israeliano stimava che Hamas disponesse di un arsenale di oltre diecimila razzi, ma ben più di dodicimila sono stati lanciati contro Israele durante la guerra. Non è chiaro quanti restino nelle mani di Hamas e dei suoi alleati. Israel Ziv, un generale in pensione che comandava le forze israeliane a Gaza, ha detto alla Reuters che si ritiene che dal 10 al 15 per cento dell’arsenale missilistico prebellico di Hamas sia ancora a disposizione dei terroristi. 

 

La campagna a Khan Younis è iniziata il 1 dicembre e non ha ancora prodotto risultati tangibili. Ma se oggi Israele si fermasse, con i suoi 130 ostaggi Hamas avrebbe i mezzi per ricattare Israele per anni (cinque, nel caso di un solo soldato, Gilad Shalit). E Hamas continuerebbe a controllare la Striscia di Gaza. Il potere deterrente dello stato ebraico verrebbe ridotto a zero. La rete di tunnel di Shujaiya è una priorità militare, perché il quartiere è a solo un chilometro dal confine con Israele. Si affaccia sui kibbutz di Nahal Oz e Kfar Aza, dove decine di civili sono stati assassinati. E dopo la distruzione dei moshav e kibbutz adiacenti alla Striscia e attaccati il 7 ottobre e con Sderot praticamente ancora vuota, la nuova linea del fronte si sposterebbe ad Ashkelon.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.